La profondità esercita un richiamo irresistibile sull’uomo. Pare che già l’uomo di Neanderthal si immergesse in apnea, a pochi metri, per raccogliere conchiglie che usava come cibo e per fabbricare utensili. Non ci siamo mai fermati! Ma cosa si prova ad essere soli, laggiù, con tanti metri di acqua sopra la testa e una quota abissale da raggiungere sotto? Abbiamo intervistato Pietro Antolini, recordman veronese, classe 1983, che recentemente ha stabilito al Lago di Garda due record mondiali nuovi, apnea in assetto costante con monopinna in lago a -81 metri e apnea in assetto costante con le due pinne in lago a -76 metri, Volevamo sentire direttamente le sue impressioni, le sue emozioni. Cosa c’è dietro al record? Come si diventa recordman di apnea?
Cosa si prova laggiù, da solo, durante una gara – un tentativo di record?
Ogni tuffo in profondità è diverso dall’altro. In pochi minuti si consuma un viaggio dentro sé stessi che ogni volta porta a galla cose nuove e a volte inaspettate.
La gara ha un carattere tutto particolare perché ci porta a voler raggiungere i nostri obiettivi a tutti i costi e, se questa smania prende il sopravvento, può diventare anche pericolosa.
Ho imparato ad affrontare le gare con umiltà e concentrazione.
Nei tuffi dei record sapevo di avere le capacità di riuscire ma allo stesso tempo sono stato molto cauto. Per tutta la discesa tenevo a freno la voglia di vincere per concentrarmi sul momento presente, lasciando andare i pensieri di vittoria e assaporando invece il buio, il silenzio e il rilassamento.
Una volta raggiunto il piattello e iniziata la risalita ha cominciato a crescere la mia gioia per il risultato, sempre più vicino. Quando ho incrociato l’assistenza ho capito che ce l’avevo fatta. L’uscita e la convalida sono stati un’esplosione di felicità.
Quali sono i problemi più grossi che Pietro Antolini, recordman, ha incontrato durante il suo percorso?
Negli ultimi anni, per vari motivi, non ho raggiunto i risultati sperati e ho dovuto accettarlo. Non ottenere ciò che si vuole è sempre un grande insegnamento ma non è sempre facile comprenderlo e superare i momenti di stasi.
L’ostacolo più grande per uno sport come il nostro è trovare compagni affiatati con cui condividere le sessioni in acqua e i pensieri. Ho avuto per alcuni anni dei compagni di avventura eccezionali con cui sono cresciuto tantissimo. Quando ci siamo persi di vista, ho avuto un po’ uno sbandamento ma da qualche anno ho ritrovato la giusta squadra che si sta anche allargando. A differenza di ciò che si tende a credere, l’apnea non è affatto uno sport solitario: affrontare le proprie paure da soli non porta lontano.
So che pratichi yoga: quanto reputi importante la concentrazione e la meditazione per raggiungere certi risultati, rispetto alla preparazione fisica?
Quando vedo persone che si allenano come matte per aumentare le loro capacità fisiche ripenso a Sara Campbell. Questa atleta in nove mesi è passata da principiante a ottenere tre record mondiali di apnea: ce l’ha fatta perché aveva alle spalle tanti anni di Yoga.
Più progredisco nell’apnea più sento che mi serve meno energia per fare le stesse profondità. Sono convinto che la conoscenza dei nostri stati di tensione fisica e mentale, di come si generano e di come si alimentano, abbia un impatto enorme nell’apnea. Ci concentriamo sul fisico perché è più facile: sappiamo tutti come far crescere i nostri bicipiti in palestra, ma in quanti siamo in grado di cambiare le nostre abitudini mentali? Alla fine lo yoga come l’apnea sono “solo” straordinari mezzi per aiutarci a vivere.
Come hai gestito la preparazione durante il passato inverno, con gli impianti sportivi chiusi causa Covid 19?
Sono ingegnere e quindi, come diceva un mio professore, mi sono ingegnato! Ho pensato a tutto ciò che potevo fare sia in casa che fuori e ho mixato tante cose per evitare di annoiarmi. Ho integrato piccoli momenti di allenamento nella mia vita familiare e nello smart working. Ad esempio, ho recuperato una vecchia cyclette da mettere in terrazzo, ho fatto apnea statica sul divano, sono arrivato a fare le scale in apnea ogni volta che risalivo dalla cantina (abito al terzo piano). Non sapevo a cosa mi avrebbe portato questo allenamento insolito ma evidentemente ha funzionato piuttosto bene!
Dai un consiglio a un giovane che, attratto dalla tua influenza, voglia avvicinarsi all’apnea.
Divertiti e vai con calma!
Ottenere risultati importanti troppo in fretta non permette di consolidare e costruire una base solida. Forzare i tempi ti danneggia dentro perché crea una falsa sicurezza e non si ha davvero consapevolezza delle paure e delle insicurezze che quindi torneranno a farsi vive.
L’apnea ha tanti aspetti meravigliosi, dai legami che crea fuori alle cose che ti fa scoprire dentro. Parafrasando un detto sullo yoga: “L’apnea non è arrivare a fare un record. È quello che scopri durante il viaggio per arrivarci”.
Programmi per il futuro di Pietro Antolini, recordman di apnea?
Voglio continuare ad andare fondo per far vedere che è possibile. E poi portare ancora più persone a scoprire questo sport sorprendente e affascinante. Mi piacerebbe arrivare a creare una comunità di apneisti sul lago. Per questo collaboro durante l’inverno con l’A.S.D Club Subacqueo Scaligero per creare una squadra di agonisti. Inoltre, ho fondato con un caro amico Freedive Garda: una base di allenamento aperta a tutti quelli che vogliono allenarsi in assetto costante. Ci stiamo lavorando. Virtualmente è già “attiva” sui social facebook e instagram, concretamente puntiamo ad inaugurarla la prossima primavera.
Due parole su Zero Pixel. Conoscevi i nostri prodotti? Che ne pensi?
Apprezzo molto una biblioteca come quella di Scubamarket, ricca di titoli legati alla subacquea e all’apnea. Personalmente leggo molto e credo sia un modo di imparare sottovalutato, specialmente adesso con video e blog imperanti.