Autore: Gigi Casati
Foto: Roger Cossemijns
Quest’anno 2005, la spedizione inizia in sordina, poiché inizialmente a Valstagna, siamo solo Simone ed io che arriviamo il mercoledì 5 alla sera. Giovedì siamo gia in compagnia di altri …. amici con i quali andiamo all’Elefante Bianco a fare una piccola immersione e dove troviamo una visibilità favolosa fino a -50m, situazione che capita raramente in questi ultimi anni. Non è questo il campo prefissato questa volta per operare, bensì sono le grotte di Oliero, il Cogol dei Siori, nel quale venerdì, Simone si immergerà per posizionare un paio di bombole di soccorso a 6m e a -21m.
Campo base
Il sabato è impiegato per montare il campo: trasportare i materiali dalla macchina al piazzale nei pressi della sorgente, montare la tenda, sistemare i carica batteria, ecc. Il nostro numero è fortunatamente aumentato, siamo in undici, ed il lavoro procede velocemente tale da non sembrare molto gravoso; Simone, Michele, Cimabue, Cichita, Francesco, Maceria, Davide, Mauro, Matteo si danno un sacco da fare e Caramella per coronare l’opera, si esibisce involontariamente in un tuffo dalla instabile barchetta, rovesciandosi nelle gelide acque del lago.
Attraversamento del lago
La domenica, tutta la linea decompressiva viene messa in acqua, comprese due bombole da 20l e una da 15l, più uno svolgisagola con 500m di filo, che vengono posizionati al di là del laminatoio, pronti per essere presi da me e portati in punti prestabiliti.
Il circuito aperto mi servirà per emergenza, in caso di malfunzionamento del circuito chiuso Voyager; è infatti questo apparato che utilizzerò durante la progressione.
Camera di decompressione e maialini
Lunedì di nuovo, il gruppo diventa esiguo: rimane Cichita, Cimabue e Modesto ed io naturalmente.
Prima di entrare in acqua, mi accordo con Cimabue per ricevere una sua gradita visita alla mia sosta di decompressione dopo circa 75′; non sarà servito il caffè. Parto con il maialino raggiungendo, senza faticare per la corrente, il laminatoio; lo oltrepasso e trovo le attrezzature che prenderò ben posizionate dai miei amici aiutanti che ormai non hanno più segreti nel campo. Il filo vecchio è rimasto in posizione ed il maialino mi permette di scorrere rapidamente sui metri che mi separano dall’obbiettivo. Percorsi circa 550m dall’ingresso, posiziono, dietro un masso, la bombola da 15l e proseguo osservando il poco che vedo della galleria: a differenza dell’Elefante Bianco, qui la visibilità non è così splendida, solo 3-4 metri. Raggiunti gli 850m, il filo si interrompe su un ancoraggio oltre il quale il nulla continua davanti a me. Parcheggio il maialino e fisso il filo dello svolgisagola, poi inizio a pinneggiare ritrovando, dopo una trentina di metri, il mio caro precedente vecchio filo. Decido di metterne uno nuovo continuando sul vecchio ancora in ottime condizioni di salute: fatti i nodi necessari vado avanti. Dopo una decina di metri, con grande disappunto vedo il vecchio filo rotto. Mi rassegno, ricollego lo svolgisagola e proseguo per tutta la galleria a -62/64m; stavolta, anche se vedo in alcuni punti il vecchio filo ancora ben posizionato, non mi lascio tentare: troppo tempo, per fare nodi di collegamento: stenderò un filo tutto nuovo di zecca. Avendo indosso la muta leggera, il freddo comincia a farmi rabbrividire un pò, per cui, amando la vita comoda, mi sta bene rientrare: sono a 1100m dall’ingresso. Depongo con delicatezza lo svolgisagola ed una bombola da 20l. La corrente mi trasporta dolcemente verso l’uscita e mi lascia il tempo di tagliare in piccoli pezzi, un centinaio di metri del filo vecchio pericolosamente parallelo e vicino a quello da me steso pochi minuti prima. Rientrato in zona decompressione dopo 70′, a -40m incontro due piccoli protei, risalgo piano piano e raggiungo il laminatoio, lo supero e incontro Cimabue, mi passa la batteria e le cavigliere e proseguo fino al lago iniziale. Nel lago osservo una gigantesca e immobile trota prima di riemergere dopo 145′. Sono quasi in superficie quando incrocio Cichita e Modesto che entrano e vanno a sostituire la corda dal laminatoio all’uscita che le piene del 2004 hanno usurato in diversi punti.
Sistemazione delle attrezzature oltre il laminatoio
Il martedì parto con l’intenzione di ritornare in acqua ma dopo aver realizzato la mole di lavoro che mi aspetta per preparare il materiale da lasciare in acqua decido di rinunciare. Prepariamo tutto il necessario per l’immersione di domani, due maialini, una bombola da 20l e uno svolgisagola. Ripariamo l’argano che montato sul cavalletto ci permetterà di mettere in acqua il pesante maialino che utilizzerò nei prossimi giorni. Cichita e Modesto continuano il lavoro di sostituzione della corda, mentre Francesco va a portare il materiale che prenderò domani al di là del laminatoio.
Il mercoledì, mentre sostituisco la batteria all’analizzatore di ossigeno, forse perchè ho la mente proiettata troppo avanti, rompo involontariamente il suo tubo in plexiglas e sono costretto ad annullare l’immersione. Ho la possibilità di contattare Nicola Donda il titolare di Aquatek che fortunatamente ne ha ancora uno in casa, e per non sprecare giorni preziosi vado da lui a Trieste per recuperarne un altro mentre Cichita e Cimabue si organizzano per terminare il lavoro di sostituzione delle corde nel tratto iniziale.
La mia spada di Damocle è come sempre, la situazione metereologica che, imprevedibile come la forma ed il numero dei pezzi di un vaso lasciato cadere a terra, può determinare in bene od in male le condizioni della sorgente.
Alla fine del laminatoio
Giovedì recupero l’immersione saltata il giorno precedente modificando però il programma: decido di puntare diritto al ramo fossile portando il più lontano possibile, una bombola di soccorso ed uno svolgisagola con 300m di filo. Prevedo di partire con due maialini che mi garantiscano la sicurezza
per il ritorno. Comincio in tarda mattinata utilizzando da subito un maialino e le due bombole da 20l, mentre il secondo maialino è già pronto oltre il laminatoio. Mentre percorro i primi 160m di galleria, mi rendo conto di quanto sia vantaggioso avere poca attrezzatura sulla schiena, poichè sono agile e libero nei movimenti senza le complicazioni legate ad un carico ingombrante. Raggiunto il laminatoio, mi ci infilo, e con estrema facilità lo oltrepasso: ecco di fronte a me un proteo di medie dimensioni che tranquillamente, è a casa sua, attraversa il masso sul quale ci sono posate le due bombole e il maialino. Ho il tempo di guardarlo mentre preparo il rimorchio e mi carico le bombole; infastidito dalla mia presenza, decide di andare a rintanarsi tra i massi mentre io, a cavallo del maialino riparto.
Riesco a percorrere la galleria alla massima velocità, raggiungendo rapidamente il punto dove lunedì avevo lasciato la bombola e lo svolgisagola. In questa galleria non ci sono fili che proseguono: la situazione richiede che lasci il maialino che ho utilizzato per la progressione in compagnia della bombola di soccorso; riprendo invece a stendere filo nuovo utilizzando il secondo maialino. Avanzo con un po’ di fatica: lo svolgisagola di grosse dimensioni è pesante da maneggiare e svolgere il filo, procedendo sul maialino con due bombole da 20l una da 7l, non è il massimo della comodità. In alcuni punti il vecchio filo, spezzandosi, ha creato "zone con 4-5 fili che proseguono paralleli,"?
Ultimi dettagli oltre il laminatoio
Il pericolo che rappresentano me li fa aggirare con cautela. Arrivo a 1250m utilizzando tutti i 500m di filo da 2,5mm dello svolgisagola. Da qui non mi resta che seguire i due vecchi fili che vanno nel ramo fossile e che sembrano ancora ben messi; così riesco a procedere più velocemente su un percorso che mantiene la profondità media di -43m e pongo la meta a 1600m; Qui abbandonerò la bombola da 20l con lo svolgisagola contenente 300m di filo da 2,5mm: mentre colloco per benino il tutto dietro un masso, scorgo ancora un proteo di grosse dimensioni scappare via sul fondo fangoso della galleria. Mamma natura è stata davvero generosa con me e mi ha regalato, in due immersioni, l’incontro con ben 4 protei. Il rientro è tranquillo: mi fermo in alcuni punti a sistemare il filo poi, poco prima di un punto dove il soffitto si avvicina pericolosamente al fondo, metto degli elastici per ricordarmi di fare attenzione al prossimo passaggio, e piano piano arrivo al maiale che avevo lasciato. Lo riprendo ed inizio il rientro verso le tappe di deco. Sono in zona decompressione dopo100′; Francesco ? viene puntuale all’incontro e mi porta una batteria per il giubbetto elettrico e le cavigliere. Anche Cimabue passa, dopo un tempo prestabilito, a controllare che durante la decompressione proceda tutto bene; gli consegno le ultime cose che mi ero tenuto per rientrare fino al laghetto iniziale, gli scrivo che mi piacerebbe bere del thè caldo all’uscita e a questo punto non mi resta altro che rimanere ad attendere i diversi minuti che mi rimangono per finire la decompressione. Dopo 210′ riemergo affamato ed assetato: finalmente andrò a mangiare ed a bere.
Venerdì Cichita e Cimabue si danno da fare per allestire i maialini e metrare il filo che servirà per l’immersione di domenica. Tra una chiacchierata e l’altra riusciamo a terminare quasi tutti i lavori.
Sul far della sera ecco una bella sorpresa: appare Jean Jacques, rientrato da pochi giorni da un viaggio in Africa, desideroso di passare un paio di settimane al salutare freddo umido dell’Oliero.
Scarichiamo le sue attrezzature, riusciamo a metterle in ordine prima che faccia buio, poi andiamo a rilassarci prima dell’abbuffata serale. Alle 22.00 ricevo la telefonata di Christos, un amico greco che mi conferma si aggiungerà al gruppo.
Campana
Sabato il gruppo è ridiventato numeroso ed ognuno fa la sua parte; Cichita, Cimabue, Ennio e Christos posizionano la campana e tutti gli accessori in acqua, io mi dedico a sistemare gli ultimi aggeggi che mi serviranno domani e Jean Jacques prepara il suo circuito semichiuso. Nel pomeriggio siamo raggiunti da Marc… e Roger…i due amici Belgi che stanno facendo la topografia all’Elefante Bianco fino alla profondità di -105m. Marc si immerge per portare oltre il laminatoio un maialino e una bombola da 20l.
Marc ricarica le sue bombole
Domenica
Dopo qualche inconveniente iniziale, il mio sottomuta bagnato dal solito Cimabue risalito grondante sulla barca comune, quando sono circa le 12.30 mi avvio per provare la continuazione nella parte fossile della grotta. Splash! giù in acqua, supero rapidamente il laminatoio al di là del quale oziano il maiale grosso, un aquazepp, il maiale rosa piccolo, due bombole da 20l e uno svolgisagola. Riesco a tenere attaccati dietro a rimorchio, due maialini e una bombola da 20l. La progressione è rapida come sempre; il faro nuovo che ho montato sul maiale non si rivela di appropriata utilità perché illumina di fronte a me e non il filo che sta sotto di me; lo modificherò inclinandolo verso il basso. Raggiungo i 1250m, lascio l’aquazepp di soccorso e proseguo il mio viaggio. Dopo 65′ raggiungo e supero senza troppi problemi la bombola che avevo posizionato due giorni prima ed a circa 1850m dall’ingresso, ritrovo il filo rotto che mi costringe a fermarmi. Parcheggio i maiali e tranquillamente, pinneggiando, stendo 30m di filo nuovo fino a raggiungere il filo vecchio. Ritorno ai maiali e dopo aver riordinato tutto, continuo la progressione. Il vecchio filo non ha un bell’aspetto: si presenta con disgustoso colorino marrone, mostra, in alcuni punti, evidenti segni di usura e non è sempre rimasto ben teso. Le macchine come la mia, i circuiti chiusi, sono la fine del mondo per quanto riguarda l’autonomia, ma non devo cadere nell’errore di essere troppo fiducioso per quanto riguarda i termini di sicurezza, perciò, con cautela passo, a distanza dal filo evitando di strattonarlo inavvertitamente.
Il computer mi impone un deep stop di un paio di minuti a -21m, poi finalmente, raggiungo i 2000m; qui la zona è complessa anche se, la galleria che parte rispetto alla mia posizione a 90°sulla sinistra, appare come la più significativa: mi meraviglio di osservarla più grande di quanto mi ricordassi. Continuo con tutto il rimorchio ancora per un po’ e, dopo un centinaio di metri,mi fermo per lasciare il maiale grosso.
Da qui in poi continuerò solo con il maialino piccolo. La scarsa visibilità non mi permette davvero di vedere molto bene la galleria che riconosco a mala pena; verso i 2350m, a -15m circa, una piccola sosta per riparare il filo rotto, e via, di nuovo a cavallo del mio propulsore: a 2500m, termine in cui avevo pensato di lasciare il maiale, trovando il filo ancora intatto, proseguo senza esitare.
A 2550m dall’ingresso il filo, troppo lasco per i miei gusti, mi insospettisce: tirandolo mi accorgo che è di nuovo rotto, anche se il punto di rottura è lontano. Do l’addio al maiale e proseguo con le pinne. In questa zona molto fangosa la sospensione è all’ordine del giorno per cui sto
alto dal fondo ed avanzo tranquillo seguendo l’ansa del filo. Ecco che mi trovo di fronte ad un’enorme galleria, nella quale al momento, non oso entrare perchè il mio filo prende un’altra direzione. Quando arrivo alla sua fine, lo collego a quello dello svolgisagola.
Eseguendo i nodi di rito, mi accorgo che alcuni protei, 4 o 5, mi stanno facendo compagnia: le mie intenzioni sono amichevoli ma turbo il loro tran-tran quotidiano cosicchè seccati, pur stando a mollo in acqua, nascondono la testolina tra i massi e i buchi del fondo: anche per oggi nessun invito al tea-party. Finalmente riconosco il punto dove avevo fissato il filo l’ultima volta: rifletto su come è si è modificata la mia progressione in questo tratto rispetto all’anno scorso; con il circuito aperto ero arrivato qui e come un fulmine avevo fatto dietro-front saltando il minimo di deco che mi toccava. Adesso, con il circuito chiuso, ho tutto il tempo di guardarmi in giro, vedere altre gallerie, volteggiare da un lato all’altro. Mi aggiro con circospezione tra un masso e l’altro, perché per un momento mi è sembrato, osservando la sospensione, di avere la corrente dietro la schiena: dopo 32m, di fronte a me, incrociando un’altra galleria, vedo un filo di piccole dimensioni ancora bianco: accidenti! lo riconosco! E’ lo stesso filo che ho visto sulle bobine di Rick Stanton questa estate in Francia. Non credo ai miei occhi, perchè non avrei mai immaginato di poter arrivare a congiungere le due gallerie di Oliero. Da ora in poi non saranno solo i Protei ad entrare dai Siori e uscire dai Veci o viceversa! Dopo aver fissato il filo nei pressi dell’altro, ritengo che sia ora di rientrare: sono a conoscenza del percorso della galleria esplorata da Rick. Ho tutto il tempo di osservare sul computer che sono passati 115′. Pinneggiando, pinneggiando verso il ritorno, raggiungo il maialino che grazie alla sua spinta mi fa avanzare con più velocità e senza fatica fino a dove giace il maiale grosso. Riallestisco il sistema di traino poi, sorridendo nella maschera, accarezzo l’immagine delle future esplorazioni, dei percorsi sorprendenti e senza quasi accorgermi raggiungo la bombola da 20l che recupero e trasporto fino al bivio a 1250m; lì mi servirà come soccorso per le prossime escursioni. Trascorsi 190′ la prima quota deco è a -42m in compagnia di tre piccoli protei; dopo decina di minuti appare la scura sagoma di Jean Jacques che passa e va dopo un segnale di ok. Via via sono visitato da Marc, Roger, Christos, che tra una foto e una borraccia di thè allietano la mia sosta, mentre Simone in ottima forma e Ennio K.O. per l’influenza, fanno le balie asciutte occupandosi della parte logistica. Esco nel mondo dell’aria alle 17h20’ dopo 290′ e tante facce e curiose mi stanno intorno, compreso l’occhio vitreo della telecamera di una TV locale.
"Archiviata" la prima fase delle esplorazioni, ora è opportuno trovare un momento di pausa per tirare le somme. Questa congiunzione è tanto inaspettata quanto fantastica. La supposizione che le due sorgenti fossero collegate ora è diventata una certezza che ci chiarisce anche dove e come. Mi illumino di un’allegra gioia quando ripenso al momento in cui ho intravisto e poi riconosciuto il filo di Rick. Questo collegamento mi distoglie per il momento, dal mirare a raggiungere le gallerie aeree perchè vale la pena condividere Rick i programmi per le future esplorazioni. Gli ambienti labirintici trovati, fanno ben sperare strade infinite tutte da esplorare e diventano, da questo momento, più facili da raggiungere dal nuovo accesso dei Cogol dei Veci: le esplorazioni si organizzeranno da quel lato. Questo collegamento merita un po di spazio dedicato al riposo ed alla meditazione e mi prenderò la giusta pausa impiegando i prossimi due giorni, nella cattura di immagini: è giusto per noi e per gli altri, documentare queste attività che forse in un futuro ci potranno apparire seppur gloriose, già superate, ed aver la possibilità di rispolverare una tantum la nostra memoria polverosa, con immagini reali e nitide.
Lunedì 17 mi dedico alla sistemazione dei materiali da me utilizzati, ricarico le batterie, nel bombolino dell’argon e dell’ossigeno il diluente non lo guardo nemmeno (consumo talmente poco che non ne vale la pena di ripristinarlo), ripristino il circuito chiuso,(c’è il sofnolime da cambiare, le parti meccaniche da asciugare ecc.).
Si inizia a fare anche qualche ripresa esterna con gli amici dello Studio Blu di Roma, mentre Jean Jacques prepara le sue bombole con le miscele e Christos si dilegua verso Modena per recuperare del materiale che gli è necessario.
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