Autore: Massimo Bicciato
La folata d’aria calda e umida che s’insinua all’interno dell’aereo è la prima certezza di avere raggiunto uno dei paesi più caldi e impenetrabili dell’universo. Siamo finalmente atterrati a Jeddah, una città sconosciuta a noi occidentali e capitale economica di un paese ancora misterioso. Le sue origini risalgono a 2.500 anni fa quando l’attuale città era solo un piccolo villaggio di pescatori abitato dalla tribù dei Quda’a che si affacciava sulle ricche e pescose acque del Mar Rosso crocevia tra il Mediterraneo e i paesi dell’Est.
Il mare d’Arabia è un sogno inseguito da troppi anni e la prospettiva di poterlo finalmente conoscere navigando a bordo del m/y Veena, mi eccita e provo una forte emozione.
Mentre viaggiamo a bordo del pullman che ci conduce al porto di Al Lith situato 200 chilometri a sud, vago con i pensieri e provo ad immaginare cosa mai si nasconderà in questi misteriosi fondali; le poche informazioni descrivono i Farasan Banks come uno fra i pochi luoghi ancora inesplorati del nostro pianeta; un esteso banco corallino che si sviluppa lungo la costa per diverse centinaia di chilometri e si estende all’interno per circa 30 miglia formando una piattaforma corallina dove splendide isole emergono dal blu cobalto del Mar Rosso.
Ormai anche le ultime luci del tramonto si sono lentamente spente disegnando all’orizzonte una striscia blu sempre più scura che si perde dietro le dune. Mentre il pullman procede spedito lungo la strada che costeggia il deserto, si affollano nella mente una moltitudine di pensieri che troveranno una risposta soltanto tra qualche giorno quando finalmente potremo scoprire cosa si cela in questi fondali marini così diversi da quelli presenti sull’altra sponda del Mar Rosso. A notte fonda quando la stanchezza ha preso il sopravvento e la monotonia del tragitto è diventata una culla anche per i più inossidabili, intravediamo finalmente sullo sfondo le luci del paese di Al Lith. Pochi chilometri ed eccoci nel piccolo porto dove si trova ormeggiato il Veena.
Sono trascorse solo poche ore dal nostro arrivo e le prime luci di un sole caldo cominciano a filtrare attraverso gli oblò delle cabine, il rumore dei motori appena accesi ci fa capire che da qui a poco molleremo gli ormeggi.
La prua del Veena punta diritta verso ovest su un mare liscio come l’olio mentre costeggiamo la bellissima isola di Abu Latt che lasciamo rapidamente alle nostre spalle. Stiamo navigando all’interno della piattaforma corallina dei Farasan Banks, improvvisamente all’orizzonte s’intravede la macchia di fine sabbia bianca contornata da una corona verde smeraldo adagiata sulla piattaforma blu cobalto: è l’isola di Mar Mar, poco più in là un’altra e poi un’altra ancora: Dohra, Jadir, Malathu e Danak, tutte isole di origine vulcanica sul cui cratere si è sviluppata la parete corallina e successivamente l’isola di sabbia candida. Man mano che ci avviciniamo udiamo un frastuono assordante fino a quando, ormai in prossimità dell’isola, si alza in volo uno stormo di rondini di mare e di sule che ricoprono per un attimo il cielo, prima di tornare sulla punta nord dell’isola laddove batte il vento. E’ uno spettacolo di ineguagliabile bellezza che ci introduce nella vera natura selvaggia di questi luoghi e come d’incanto veniamo catapultati dentro un sogno ad occhi aperti.
Dalla terra all’acqua e dopo pochi minuti siamo immersi lungo le impressionanti pareti dell’isola che cadono verticali nel blu a oltre trecento metri di profondità. L’acqua è particolarmente trasparente nonostante queste siano zone ricche di plancton; piccoli ventagli di gorgonie isolate creano macchie colorate sulla parete scura, man mano che ci si avvicina alla punta sommersa del reef, il corallo duro s’intensifica generando meravigliose sculture dalle forme più strabilianti. Da ogni più piccolo anfratto fuoriescono fiumane di piccoli pesci argentati che si ricompongono nel blu formando una enorme palla compatta che riflette i raggi del sole, branchi di pesci chirurgo si mischiano a moltitudini di pesci corallini dalle livree colorate; ci troviamo dentro un acquario dove il solo protagonista è il fondale marino con tutte le sue meraviglie.
Appoggiate sul fondo sabbioso scorgiamo due tartarughe, poco più in là un’altra e poi un’altra ancora. Sarà sufficiente una passeggiata sulla calda sabbia per osservare i profondi avvallamenti dentro i quali da qui a poco verranno deposte decine di uova che il caldo del sole farà schiudere. Le piccole tartarughe presto percorreranno a ritroso il cammino delle madri e la strada del ritorno sarà piena d’insidie per i giovani animali che dovranno raggiungere per la prima volta il loro elemento naturale mentre stormi di uccelli sono pronti a sollevarsi in volo per procurare cibo ai loro piccoli e saranno proprio le minuscole tartarughe le loro principali prede. Le isole sono testimoni silenziosi di questa catena alimentare mentre sulla sabbia rimangono i resti di chi non è riuscito a sfuggire al cruento duello per la sopravvivenza: teschi e carapaci si trovano essiccati sulla sabbia.
I giorni si susseguono all’insegna della scoperta di fondali sommersi e di isole disabitate che ogni giorno ci regalano affascinanti emozioni. Dopo avere esplorato la zona nord, puntiamo la prua verso sud per raggiungere l’isola di Jabbara che è un microscopico punto all’orizzonte quando, dritti a prua veniamo raggiunti da un branco di giocosi delfini del tipo stenelle che ci conducono fino all’ormeggio; sono loro gli incontrastati padroni del mare mentre da terra il frastuono delle centinaia di volatili ci accoglie come ormai di consuetudine alzandosi in volo e roteando sopra le nostre teste per poi tornare velocemente al loro posto.
L’acqua è di una trasparenza impressionante e mentre scendiamo lungo la punta rivolta a nord, veniamo circondati da un branco di barracuda che girano intorno fino a formare una palla compatta che si perde lentamente in lontananza lasciandosi trasportare dalla corrente; trascorrono pochi minuti e questa volta un branco di carangidi argentati si dispone in formazione verticale creando una lunga linea che si perde verso la superficie. Usciamo dall’acqua estasiati e senza parole; pensavamo in questi giorni di vivere esperienza straordinarie cercando di trascorrere ogni istante intensamente ma Jabbara ha superato ogni nostra aspettativa. Jabbara è la sintesi di quanto vissuto finora, regalandoci un angolo di mondo nel quale la natura è assolutamente predominante sull’uomo.
Quando il sole tramonta dietro all’orizzonte, lo specchio d’acqua si accende come una sciara di fuoco risvegliando in ognuno di noi l’essenza degli elementi vitali: acqua e fuoco, terra ed aria; l’isola racchiude dentro di sé tutti e quattro gli elementi e nessuno dei presenti a bordo questa notte ha sonno, trascorriamo il tempo in religioso silenzio seduti a prua contemplando uno strabiliante cielo stellato.
Siamo a malincuore arrivati all’ultimo giorno di crociera e l’obiettivo della giornata sarà quello di cercare una bella immersione poco profonda lungo la via del ritorno. Dopo avere scandagliato diversi reef, c’immergiamo a Canyon reef, un esteso pianoro a 18 metri di profondità ricco di colorate colonne madreporiche che si elevano verso la superficie, ognuna con caratteristiche diverse dall’altra ma tutte accomunate da una vita intensissima. Poco sotto l’ormeggio si trova una torre interamente colonizzata da palle di anemoni rossi e pesci pagliaccio, un branco di carangidi nuota a mezz’acqua tra altre due torri mentre fruste di gorgonie rosse si protendono verso la superficie.
Dopo quest’ultima immersione approdiamo alla scoperta della splendida isola di Abu Latt che accoglie il Veena dentro una laguna color smeraldo e un susseguirsi di piccole spiagge dalla sabbia bianca. A differenza delle isole incontrate finora, Abu Latt è molto estesa e alta, dalla sua cima si domina un paesaggio che racchiude in sé tutta la magia selvaggia di questi luoghi primordiali.
Rientrando a Jeddah percorriamo la strada che costeggia il deserto sotto un sole accecante con le sagome dei cammelli che si stagliano sullo sfondo di questo paesaggio apparentemente monotono e silenzioso dove il vento disegna enormi onde di sabbia che come quelle del mare mutano e si modificano.
Stanno ormai trascorrendo le ultime gocce di un viaggio straordinario che ci ha offerto il privilegio di navigare questo indimenticabile mare lasciandoci negli occhi la visione di un territorio che dovrà nel prossimo futuro essere salvaguardato come un prezioso e fragilissimo gioiello.
CON CHI ANDARE:
La Compagnia del Mar Rosso s.r.l.
Vai Baldo degli Ubaldi, 11 – 20156 Milano
Tel. e fax 02.38.00.04.67 / E mail info@mar-rosso.it
www.mar-rosso.it
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