Autore testo: Pierpaolo Montali
Autori spedizione: Styled Team Explorer
E’ una domenica afosissima di luglio, da caldo record estivo, quella in cui io e Gherardo decidiamo di metterci in macchina come si sarebbe potuto fare vent’anni fa, a bordo cioè di un 800 cc che raddoppierà quindi la nostra fatica, rendendo il viaggio lungo e torrido, ma tant’è: abbiamo a disposizione solo quello al momento.
Partenza ore 06:00 da Torino ed arrivo previsto in Valdastico, località Pontetto (Vi), alla base dell’altopiano di Luserna verso le ore 10:00 circa, con una sola sosta concessa in autogrill per il ristoro e la necessaria colazione. Il tempo stringe.
I chilometri però son tanti e la macchina non può correre, oltre ad incontrare la coda gardesana incolonnata all’uscita di Peschiera e quella domenicale sulla statale dopo l’uscita Valdastico dalla Milano Venezia e pertanto accumuliamo un’ora di ritardo sulla tabella di marcia: arriviamo alle undici ed un quarto anzichè verso le dieci, come da nostra pianificazione.
Dopo aver incontrato la figura classica di questo tipo di esperienze (il vecchietto locale a spasso tra i boschi che ci guarda stupito e ci racconta poi di quel veneto – Beppe Minciotti (n.d.a.) – che venne qui per primo vent’anni fa), scendiamo accaldati e ci rechiamo subito alla base dell’alta parete rocciosa per un primo sopralluogo dell’amplissimo ingresso alla risorgenza, che si può effettuare, in estate, dopo aver camminato nel greto del torrente tra i sassi ricoperti di muschio verde marrone.
Il corso d’acqua è in secca e non c’è nessun altro speleo-sub. “Bene! – pensiamo, senza comunicarcelo – è proprio quel che volevamo in questo caso…!”.
Cominciamo così scherzando e fantasticando immagini ipogee a sistemare le nostre attrezzature, volutamente leggere per l’occasione: non vogliamo e non possiamo fare una lunga esplorazione in questo caso, il nostro obiettivo è quello di arrivare, dopo aver percorso i due sifoni iniziali ed il tratto asciutto, alla fuoriuscita del terzo, ove ci fermeremo per fare qualche altro scatto se saremo riusciti a portar sin là l’ingombrante attrezzatura fotografica.
L’immersione speleo subacquea ha infatti, oltre che con sé tutte le sue proprie caratteristiche di peculiare attenzione ai dettagli della sicurezza e dell’avanzamento, anche il problema aggiunto, per il fotografo, del trasporto nei cunicoli allagati dell’attrezzatura, che spesso è fatta di luci con lunghi bracci laterali e pesanti pacchi batterie.
Il nostro supporto tecnico della Styled Illuminazioni a Led ha però studiato, con la nostra collaborazione, un sistema pratico ed il più possibile leggero, dato dall’alta potenza, con ridotto assorbimento, della tecnologia a led: procedere all’interno dei luoghi scomodi e chiusi sarà pertanto più facilitato ora.
Rito Torretta è una risorgenza classica, che normalmente fuoriesce dalla montagna sulla sinistra della Val d’Astico (una delle più ampie prealpi in provincia di Vicenza) per mezzo di una bocca di troppo pieno, quando il livello delle acque è pertanto sufficientemente alto. Essa è geologicamente collocabile all’estremo occidentale dell’altopiano di Asiago in un’area formata da depositi di origine carbonatica favorente il drenaggio e l’accumulo delle acque pluviali in profondità, con conseguente sviluppo di quel fenomeno carsico che dà luogo alle cosiddette grotte sommerse e non.
E’ una grottina non profonda, ma molto ben articolata ed impegnativa, dal punto di vista dell’avanzamento, sia in acqua che in asciutto, come da quello del trasporto delle attrezzature e dalle necessarie conseguenti permanenze in acqua.
La risorgenza si è sviluppata nei calcari dolomitici, alla base della propaggine meridionale dell’altopiano di Lucerna e fuoriesce dando origine ad una cascatella confluendo, dopo un breve tratto torrentizio, nel fiume Astico.
Per raggiungere l’ingresso della grotta occorre passare da una strada vicinale, che dal paese si snoda per qualche centinaio di metri nel bosco, poi, all’altezza di un ponticello sul torrente, si può lasciare a sinistra l’auto, sperando di non incontrar altri speloesub.
Le esplorazioni in grotta sono il frutto della passione e dedizione di Giuseppe Minciotti, speleo subacqueo veronese, Referente per la Scuola di Formazione del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, che sin dal 1993 volle portar la conoscenza del sito al di là della “relativamente comoda” galleria orientata a nord, che dopo circa 70 metri, per 12 di profondità, presenta un basso passaggio, o laminatoio, da cui si accede ad un ambiente molto ampio con consistenti depositi di fango, che formano sì della figure surreali e piacevoli alla vista, al costo però di un notevole sollevamento di sedimento, che oscura completamente la visuale del sommozzatore arrivato sino a lì.
Noi siamo intenzionati a rubare qualche scatto alla sacra montagna, che speriamo ci permetta il gesto.
Ecco che quindi, una volta in acqua, lasciamo l’ingresso basso e a vista sole alle nostre spalle per orientarci decisi verso la galleria est, che è poi quella più lunga e che si divide nei tre sifoni citati.
Il percorso subacqueo è ragionevolmente agevole e mentre nuoto cerco con la mente di superare quell’istintivo timore che permea chi, come me, è definibile un turista della speleo subacquea, seppur amante innamorato della sua acqua, in qualsiasi forma e luogo essa si manifesti. Già, ho detto “forma”: perchè qui sotto pare che l’acqua riempia e descriva la sinuosità di un corpo perfetto, quello della montagna, che ci svela per qualche istante la sua intima bellezza e ci consente di vedere con i nostri occhi le magie di colori, forme e di creazione eseguite da ciò che abitualmente beviamo microfiltrato da codesti passaggi.
Ora mi par persino di comprendere, per sensazioni istintive, cosa provino gli speleo ad andar sempre qui dentro ed i luoghi come questo.
Arriviamo al fondo del primo sifone, dove io avrei dovuto, se stanco ed impacciato, lasciare l’attrezzatura fotografica.
Ghery si gira e mi guarda: gli faccio cenno di sì con il capo e gli dico: “ora che siamo arrivati sino a qui, vado avanti: voglio vedere se son capace di portar fuori le foto del terzo!”.
Con la consueta prudenza e con la fatica di chi non è proprio del tutto pratico del mestiere, mi sollevo dalla specie di imbuto in cui mi trovo; senza l’aiuto di Ghery però lascerei perdere e tornerei indietro.
Tra una imprecazione è l’altra arrivo anch’io, carico come sono di tutta l’attrezzatura subacquea, all’ingresso del secondo sifone: la passeggiata tra i massi in asciutto è stata faticosissima, ma stupenda. La bombola relè l’abbiamo lasciata alla fine del sifone precedente.
Il buco in cui infilarsi per l’ingresso al secondo sifone mi fa ridere. Già perché penso senza dirlo: “ma come cavolo ci entro io lì dentro? Con la macchina fotografica poi!”
Non ho ancora finito di elucubrare i miei pensieri che Ghery ci infila chiamandomi e porgendomi l’aiuto per l’attrezzatura fotografica: un passamano speloesub al volo et voilà! Siamo dentro il secondo sifone, che si allarga decisamente dopo qualche metro, sino a consentirci il classico “sorvolo subacqueo” che però è tipico del mare e delle acque aperte.
Il fondo è ciottolato ed è una bellezza per il fotografo e per chi non abbia dimestichezza ad impantanarsi nella “cioccolata” ed ecco perchè ho accettato la missione, Ghery me lo aveva detto pianificandola: “dove andremo noi non solleveremo mai polveroni, toccherà tener la testa bassa, ma ci divertiremo”. Dopo aver fatto con lui in asciutto tutta la grotta di Rio Martino (nel ventre del monumentale Monviso, dove nasce il Po in Piemonte, n.d.a.) e conoscendo la sua dimestichezza con corde, discensori ed attrezzature alpinistiche varie, per il suo mestiere attuale e per il suo passato di alpinista,oltre che la sua volontaria adesione ai Soccorsi Alpino e Speleo Subacqueo, ho deciso di lasciarmi convincere a compiere anche questa esperienza.
Aveva ragione.
Al termine del secondo sifone, a mio avviso decisamente più lungo del primo, in questo periodo di siccità, c’è l’uscita quasi verticale che porta alla sala aerea da cui diparte il terzo.
Riprendo così una foto surreale a Ghery, bagnato, coperto di sedimento, ma con disegnata sul viso la sembianza della soddisfazione autentica e del godimento e poi decido, dopo varie altri scatti, che per me è arrivata l’ora di rientrare: ho realizzato più di quel che mi ero proposto, riuscendo a portar a casa un lavoro dignitoso e divertendomi in sicurezza.
Il bibo da 7 litri in questi casi fa i miracoli, poiché consente una elasticità ed una facilità (relativa s’intende) di movimento che altrimenti non si avrebbe con altra configurazione più pesante.
La relativa scarsa profondità non fa valer la pena di un rischioso utilizzo del mio sacro CCR, specie per la tipologia di avanzamento incontrata, fatta di strettoie e di passaggi rasenti la roccia viva.
Dopo il terzo sifone c’è chi si è spinto decisamente più avanti, sino a raggiungere la profondità di circa sessanta metri, ma in quel caso si tratta di professionisti che hanno ben altra abitudine (sopratutto!) e preparazione. A noi tocca il compito di portar fuori una testimonianza d’immagine che qui si offre a tutti, non certo tentare o batter primati, che comunque recano la conseguente quantità di rischio che sempre comporta il superare i limiti.
Ciononostante va comunque detto che le prospettive di esplorazione sono ancora interessanti, pur in considerazione del fatto che le immersioni per raggiungere il punto estremo son tutt’altro che banali per il profilo, tempi di permanenze sul fondo ed i trasporti delle necessarie attrezzature.
Il ritorno verso l’uscita ci ha visti divertici ancora a giocare con la sinuosità dei cunicoli allagati e con l’umana consapevolezza che ormai si andasse “in discesa”, quasi seguendo istintivamente il correre delle acque verso l’Astico all’esterno.
Tra alcune fotografie suggestive di Ghery, girato al contrario di proposito, per uscire dallo stretto foro che divide l’ingresso del secondo sifone dalla parte all’asciutto tra il primo ed il secondo appunto ed una sequenza di scatti al buio completo, contrappuntati solo dai potenti fasci dei nostri caschi Styled a otto ed undici leds, ci siamo così guadagnati il riflesso finale e rassicurante del sole proveniente dall’enorme foro d’entrata alla grotta.
Un grazie sentito va quindi a G. Minciotti, per l’esplorazione e la messa in sicurezza del sito, oltre che per le informazioni offerteci ed al nostro partner tecnico Styled Illuminazione a Led.
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