Sta albeggiando e mentre sono intento a caricare l’attrezzatura sull’auto, passa di fianco a me Walter, amico e vicino di casa, che mi saluta e domanda dove sto andando così di buon’ora.
‘A fotografare il cavalluccio marino‘
rispondo io e lui sogghigna e, probabilmente un po’ incredulo, mi augura buona giornata. Avrei sogghignato anch’io al posto suo perché trovare un cavalluccio in Italia é ormai talmente raro che le speranze sono quasi nulle. I cavallucci sono in via di estinzione e probabilmente tra una decina di anni non se ne vedranno più molti nel Mediterraneo.
Eppure c’è ancora un posto in Liguria dove non é improbabile incontrare questi ‘destrieri del mare‘ come li chiama Francesco Turano nei suoi articoli. Questo posto é una tipica cittadina ligure a circa un’ora e mezza di auto da Milano, sempre che non ci sia traffico altrimenti le ore di viaggio raddoppiano o triplicano.
Bisogna saperli cercare e avere un minimo di idea di dove poterli trovare, un po’ come i porcini nelle loro fungaie, una volta scoperte stanno sempre lì ma non sempre regalano i frutti sperati.
Sono moltissime le leggende che ritraggono il cavalluccio marino (hippocampus) in diverse forme e il simbolo mitologico con corpo metà cavallo e metà pesce veniva utilizzato dalle ninfe marine che lo cavalcavano negli abissi del mare, simbolo dell’inconscio. In chiave meno fantasy il cavalluccio viene considerato simbolo di fedeltà coniugale.
L’attrezzatura é già pronta e verso le nove mi tuffo in acqua per una bella immersione in solitaria, con l’unico scopo di fotografare i cavallucci e con un ottimismo che sicuramente aiuta in queste ricerche difficili. Giro tra la sabbia e le rocce, in pochi metri di profondità in un’acqua autunnale ancora calda in superficie che la mia stagna tiene lontana dal corpo. Pinneggio tranquillamente
e con lo sguardo di un fungarolo controllo tutti i cespugli sommersi, gli spirografi, le pietre e qualsiasi cosa sia attaccata al fondale perché loro dovrebbero star lì. Incontro polpi, seppioline, sogliole, preti, caponi ubriachi, nudibranchi, paguri e centinaia di altri pesciolini ma dei cavallucci nessuna traccia.
Continuo a pinneggiare e dopo circa mezz’ora noto una piccola ombra che si lascia dondolare dalla risacca: é lui, uno splendido esemplare di cavalluccio, proprio quello che stavo cercando. Con la gioia di un bambino mi avvicino senza disturbarlo, so che non scapperà o, per lo meno, non troppo velocemente. Mi sdraio nella sabbia davanti a lui. Lo osservo per un paio di minuti e poi
comincio a scattare qualche foto. É tranquillo ma timidissimo e lentamente si gira dall’altra parte, voltandomi le spalle. Mi sposto delicatamente per non sollevare troppa sospensione cercando di riportarmi di fronte a lui ma questa nostra danza va avanti ancora così mi fermo ad aspettare che sia lui a girarsi verso di me. Scatto qualche foto e sono sicuro che i flash non gli facciano
particolare piacere ma sono qui solo per lui, dovrà sopportare ancora qualche scatto. Sembra gioco facile ma in realtà lui continua a muoversi e il mio 105 mm non gli dà tregua.
Non vedevo un cavalluccio nel Mediterraneo da quasi dieci anni e spero che non ne dovranno passare altrettanti prima del prossimo incontro. Non sarà così perché dopo averlo salutato continuo la mia immersione e ne incontro altri due esemplari, uno simile ed uno più piccolo.
Stanno sul fondo aggrappati alle alghe che tengono strette con la loro codina.
Devo star piatto come una sogliola per evitare di fotografarli dall’alto, una posizione scomodissima che devo tenere per molto tempo. Comincio ad avere il solito mal di schiena e quando anche i crampi cominciano a farsi sentire penso che é ormai giunta l’ora di uscire dall’acqua: sono trascorsi 111 minuti e questa é solo la prima di tre immersioni che farò con loro nella stessa giornata.
Attrezzatura fotografica utilizzata: Nikon D7000, Nikon 105 mm macro, custodia Nimar, n.2 flash Sea&Sea D1, braccetti Styled, illuminatore Styled Photoleds
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