Autore testo: Mosè Boldrini
Autori foto: Maurizio Cucchiara, Marco Gallucci, Mosè Boldrini
Dal gennaio 2003 la riviera del Conero vanta
una preziosa area di ripopolamento ittico ed un punto di immersione in più per
coloro che praticano la subacquea e l’apnea.
Si tratta del relitto della motonave da carico Nicole, affondata per le
condizioni avverse del mare e per l’imprudenza di chi pretendeva di far solcare
il mare ad una nave concepita per il trasporto fluviale, le basse paratie e
l’assenza di chiglia non hanno consentito di far fronte all’impetuosità di vento
ed onde che hanno finito per causare il naufragio, fortunatamente senza vittime
fra i membri dell’equipaggio.
Ora, a ricordare quel burrascoso giorno, rimane un gigante di acciaio adagiato
su un fondale sabbioso in perfetta posizione di navigazione. Dal maggio del 2004
il relitto è stato aperto alle visite subacquee per la gioia degli appassionati
del genere.
La Nicole consente tempi di permanenza molto
lunghi, essendo infatti adagiata su un fondale di appena quattordici metri,
consente immersioni senza dover ricorrere all’uso di miscele che altrimenti si
rendono indispensabili quando le batimetrie che bisogna raggiungere superano i
30/40 metri.
Se il relitto della Nicole sarà certamente
apprezzato da coloro che non amano le grandi profondità non si può certo dire la
stessa cosa per gli appassionati di fotografia e videoripresa; La notevole
presenza di sospensione e la natura del fondale, composto da sabbia finissima
simile a fango, riducono molto la visibilità che varia dal metro ad un massimo
di 7/8 metri.
Inutile dire che è praticamente impossibile avere una vista di insieme del
relitto, ci dovremo accontentare di ritrarre il colosso solo a settori,
rinunciando ad avere in archivio suggestive immagini che rendano l’idea delle
maestose dimensioni, sarà pertanto inutile dire di lasciare il grandangolo a
casa ed optare per un obiettivo più a corto raggio.
Da tempo si sa che i relitti attirano una grande quantità di vita marina e la
nicole non fa eccezione. Chi ha avuto occasione di fare immersioni a distanza di
tempo l’una dall’altra ha potuto constatare di persona quanto massiccia e veloce
possa essere stata la colonizzazione. Lo scafo, almeno esternamente, risulta
completamente ricoperto di una numerosa colonia di mitili, spugne e serpulidi.
Tutt’intorno ed all’interno dei locali della nave un carosello di fitti banchi
di pesce azzurro, muggini, triglie di scoglio, occhiate e mormore. Quando la
visibilità lo consente è possibile avvistare solitari dentici in caccia che, con
i loro repentini attacchi, interrompono l’armonioso danzare delle colonie
stanziali.
Negli anfratti avremo modo di scorgere scorfani, gamberetti e blennidi, nelle
immersioni notturne sono frequenti incontri con aragoste, astici, seppie e
grossi gronghi.
La riviera del Conero offre anche la
possibilità di effettuare immersioni in costa, è incredibile quanto possano
differenziarsi dal punto di vista biologico se paragoniamo le specie animali e
vegetali che popolano invece il relitto. Immergendoci fra le lamiere della
Nicole potremo trovarci in presenza di vita acquatica che in costa non ha
proliferato lasciando spazio ad altre forme di vita a causa delle diverse
condizioni ambientali presenti.
Abbiamo già detto che l’immersione alla Nicole non presenta particolari
difficoltà tuttavia, data la scarsa visibilità soprattutto in presenza di
sedimento negli ambienti interni, se ne consiglia la visita con una guida
esperta del posto che risulterà particolarmente utile se si vorranno effettuare
penetrazioni con la sicurezza di evitare spiacevoli situazioni di emergenza. Non
credo occorra ricordare che la visita a relitti ed in particolare per effettuare
penetrazioni è richiesto, oltre che caldamente raccomandabile, un addestramento
specifico che posi l’attenzione sulle attrezzature da utilizzare e sulla
individuazione e gestione dei problemi che potrebbero verificarsi in questi
particolari ambienti.
L’immersione
Dopo il briefing a terra carichiamo le nostre
attrezzature sul gommone, dobbiamo fare appena dieci minuti di navigazione, la
Nicole si trova ad appena due miglia a largo del porto turistico di Numana, dal
promontorio del monte Conero giunge inconfondibile l’odore dei pini marittimi e
di macchia mediterranea.
Dai dive center locali sono state piazzate alcune boe di ormeggio sia a poppa
che a prua.
Si formano i gruppi ed iniziamo a scendere, la Nicole dovrebbe essere proprio
sotto di noi ad appena 8/9 metri più sotto ma le uniche cose che si riescono a
vedere sono le pinne della guida avanti a me.
All’improvviso una enorme sagoma nera si para di fronte a noi, è lei la Nicole.
Siamo letteralmente avvolti da una nuvola di pesce che volteggia sinuoso, quasi
per nulla spaventato dalla nostra presenza. Guardando in ogni dove scorgiamo
l’incessante brulicare della vita marina che popola le lamiere, il silenzio fa
da padrone.
Il tempo di darci un’occhiata e rispondere
all’ok della nostra guida e iniziamo l’esplorazione del piano inferiore del
castello di poppa, il piano superiore dove risiedeva il ponte di comando è
crollato e pertanto non esiste più. Gli ambienti interni sono molto spogli dato
che il mare ha spazzato via quasi tutto, dove non è arrivato il mare sono
arrivati i subacquei in cerca di facili souvenir.
A catturare la nostra attenzione sono le fitte colonie di pesce che si muovono
avanti a noi, come per cedere il passo agli inaspettati visitatori si spostano
da un ambiente all’altro al nostro passaggio. Scatto foto qua e la, ma la
sospensione che vedo mi preannuncia già che non verranno come vorrei. Fino a 2
anni dopo l’affondamento erano presenti tracce della vita di bordo ed era facile
riconoscere locali come la cucina, la stireria, i bagni, la sala tv e gli
alloggi dell’equipaggio. Quasi tutti gli oggetti che testimoniavano la vita di
bordo sono stati depredati ed ora saranno bella mostra nei salotti di qualche
subacqueo poco rispettoso di coloro che visita la nave dopo di lui. Alcuni
probabilmente ignari del fatto che asportare una parte di un relitto o del suo
arredamento è un crimine sanzionato dalla legge.
Sotto di noi si trova la sala macchine, ma la scarsa presenza di vie di fuga e
la composizione del fondo fangoso ne sconsigliano la penetrazione. Lasciamo
questi compiti a chi ha più nozioni in merito ad immersioni in questo tipo di
luoghi.
Finita l’esplorazione del piano rimasto
iniziamo a percorrere la fiancata della motonave, effettuiamo delle discese
nelle tre grandi stive ancora con il loro carico intatto che ci appare come
sabbia. Nella stiva scorgiamo le antenne di una piccola aragosta che fanno
capolino fra le lamiere, la sua posizione è talmente riparata che il mio
obiettivo e gli ingombranti supporti dei flash non mi consentono di ritrarla.
All’altezza della seconda stiva è ben visibile lo squarcio causato dall’impatto
con il fondale, a ricordarci che siamo su una nave sono i corrimani esterni, le
bitte ed i boccaporti che incontriamo lungo il nostro percorso. Data infatti la
scarsa visibilità lungo le stive non sembra quasi di essere su di una nave
affondata.
La terza stiva riserva una sorpresa inaspettata, una colonia di gorgonie. Le
gorgonie non sono presenti in questa parte di Adriatico, sono state impiantate
per uno studio dell’università di biologia marina e sono riuscite ad attecchire
grazie alla presenza di molti nutrienti presenti nell’acqua. A riprova che
questa parte di Adriatico è ricchissima di vita ed è ancora in buona salute.
Il nostro incedere ci porta a scorgere finalmente il castello di prua avvolto
anche esso un un vorticoso pullulare di vita marina.
Qui gli ambienti interni da esplorare non sono molti, solo tre stanze ancora
praticamente conservate come al momento dell’affondamento ma, dati gli ambienti
molto ristretti consentono l’entrata di due soli subacquei che, per quanto
padroni dell’assetto, al loro passaggio non possono non far alzare il fastidioso
sedimento che rende pericolosa e praticamente inutile la visita di altri
escursionisti.
Ci portiamo sul ponte di coperta del castello di poppa, due potenti argani
avvolgono ancora le enormi catene delle ancore.
Effettuiamo una suggestiva discesa lungo la chiglia della nave, qui è possibile
stimare la grandezza del relitto, sembra impossibile che una volta quella stessa
chiglia solcava il mare ed ora è lì, immobile di fronte a noi.
L’ancora di babordo è calata sul fondo sepolta dalla sabbia, quella di tribordo
invece è ancora nel suo alloggiamento, comodo rifugio per scorfani e bavose.
Seguiamo a ritroso la fiancata opposta a quella
dell’andata per fare ritorno alla cima per la risalita. Durante tutto il
tragitto di rientro siamo accompagnati da un banco di boga che sembrano aver
deciso di farci da guida. Lungo il fianco esterno si scorgono numerosi pezzi
della nave disseminati tutt’intorno che soprattutto in notturna potrebbero
costituire una immersione a parte.
Un ultimo sguardo attraverso gli oblò ai locali
interni ed iniziamo la nostra risalita, la visibilità oggi non consente di
visitare le enormi eliche pertanto rinunciamo. Anche da questa immersione sto
riemergendo portando impresse nella mia mente parte delle cose ho visto. Ogni
volta che un subacqueo si trova di fronte ad un relitto non può non pensare,
almeno per un momento, alla grandezza e la potenza del delle acque che lo hanno
inghiottito, difficile non abbandonarsi a sensazioni epiche che legano da sempre
uomo e mare. Grazie alla Nicole anche oggi sto riemergendo portando con me in
superficie nuovi ricordi…antiche emozioni…
Un poco di storia
Il 27 gennaio 2003, navigando al largo della
costa della Riviera del Conero, la “Nicole”, una motonave da trasporto fluviale
a fondo piatto proveniente dalla Turchia con destinazione Porto Marghera, si
trovava in difficoltà a causa del mare mosso e del vento da nord-est;
l’equipaggio rifiutava l’aiuto della Guardia Costiera e, nella speranza di
trovare un ridosso, si avvicinava a riva a sud del Monte Conero dove, al
contrario, una serie di onde superavano le murate inondando le stive e la nave
iniziava ad affondare per il troppo peso; Dato il fondo piatto la Nicole è
affondata restando perfettamente diritta ed adagiandosi su un fondale sabbioso
di 13/14 metri.
La Nicole trasportava un carico di 2.800 tonnellate di Feldspato, un materiale
inerte lapideo di cava utilizzato per la lavorazione del vetro e della ceramica.
L’allarme scattava immediato e la Guardia Costiera e l’ARPAM (Agenzia Regionale
per l’Ambiente delle Marche) intervenivano tempestivamente mettendo sotto
controllo il relitto e le acque circostanti, il giorno successivo, mentre la
nave per interventi di disinquinamento “Città di Ravenna”, recuperava 60
tonnelate di gasolio dai serbatoi e olio dai motori del relitto, la motonave
“Sibilla” dell’ARPAM procedeva ad effettuare prelievi dell’acqua per rilevare
presenze di inquinanti chimici, olii ed idrocarburi. Per una più completa
visione venivano effettuati anche dei sondaggi sul fondale circostante il
relitto e venivano prelevati dei reperti del carico per controllare che il
feldspato non contenesse additivi ed inquinanti.
L’ARPAM ha dichiarato, già pochi giorni dopo l’evento, che quello che poteva
essere un disastro ecologico, per una riviera che ha nel turismo la sua
principale risorsa, per fortuna era stato evitato.
I dati dei prelievi, messi a confronto con quelli effettuati nella stessa zona
il 20 agosto ed il 15 ottobre 2002 erano tutti nella norma.
Con chi andare
Sea Wolf Diving –
www.seawolfdiving.it
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