Autore: Claudio Corti
Caratteristiche del "La Foce"
Località: Sestri Levante
tipo relitto: Nave mercantile
nazionalità: Italiana
stazza: 2.497 ton a vuoto
anno di costruzione: 1921
armatore: Società Anonima ILVA di Genova
data di affondamento: 18/12/1943
causa affondamento: siluro di sommergibile
vittime naufragio: nessuna
località relitto: al largo di Punta Manara
localizzazione punto: difficile
distanza da riva: più di 1 miglio
profondità massima: 82 m
profondità minima: 70 m
Il relitto oggi
La nave oggi si presenta spezzata in tre distinti tronconi;
la prua si erge alta e quasi integra dal fango del fondo, mancano le ancore. Uno scheletro di poche lamiere la collegano alla parte centrale,che conserva ancora due grossi fumaioli rettangolari staccata vi è poi ciò che rimane della poppa, inclinata sulla destra e senza più eliche.
Su questo relitto lavorarono parecchio i palombari con scafandro della SORIMAR, recuperarono parecchie lamiere che trasportava e tutto il materiale pregiato per quell’epoca che vi era sulla nave e che riuscirono a strappare dal fondo del mare.
L’immersione
L’immersione sul relitto del "LA FOCE" e assolutamente al di fuori delle immersioni permesse al sommozzatore sportivo, per la elevata profondità.
Per la realizzazione di questo servizio devo ringraziare la T.S.A. che io rappresento in Italia, e per merito dei loro metodi di immersione e solo grazie all’uso ed all’apprendimento delle sofisticate tecnologie per effettuare le immersioni respirando le miscele trimix, abbiamo potuto immergerci ripetutamente su questo affascinante relitto operando nella massima sicurezza, realizzando alcune immagini fotografiche importanti non per la bellezza estetica, ma per il valore documentaristico che rappresentano, essendo state scattate a mano a quella ragguardevole quota, in cui sicuramente la luce giunge in piccola quantità ed i colori perdono la loro essenza.
Ringraziando Claudio Corti per l’articolo vi invitiamo a visitare il sito della TSA
E’ assolutamente vietata la riproduzione, anche parziale, del testo e delle foto presenti in questo articolo, senza il consenso dell’autore.
Autore: Claudio Corti
Il Relitto del "La Foce"
In una bella giornata di luglio, con un compagno di molte avventure subacquee, Stefano Casartelli, sto scendendo lungo il pedagno che dalla superficie ci guida sino ad oltre settanta metri, ove giace il relitto di un piroscafo mercantile affondato nel corso dell’ultima guerra.
Il desiderio di ritrovare e di vedere coi mie occhi il relitto del "LA FOCE" era scaturito dal racconto che mi aveva fatto Salvatore, un anziano pescatore di Sestri Levante.
Nato a Messina nel 1898, Salvatore si era trasferito a Sestri nel 1925 e da allora abitava al primo piano di una casa affacciata sulla Baia del silenzio.
“Quella nave affondò una domenica mattina verso mezzogiorno” mi aveva raccontato. “Quel giorno non ero in casa ero andato a lavorare al cantiere di Riva Trigoso, nonostante fosse domenica,ma era tempo di guerra. Mia moglie al rumore dello scoppio del siluro che colpi il "LA FOCE" , si affacciò alla finestra in tempo per vedere la grande nave centrata verso prua che si inabissava rapidamente uscendo dal mare con tutta la poppa e con le eliche.”
Mario Trentin, un altro anziano pescatore di Chiavari mi diceva: "se vi immergerete su quel relitto dovete stare molto attenti perché vi saranno sicuramente delle reti impigliate.
E quella zona di mare ove giace quella nave, essendo molto al largo, é frequentata dalle verdesche".
Ripensando ai discorsi avuti con gli anziani pescatori locali, scendevo velocemente lungo la bianca sagola del pedagno. Attorno ai cinquanta metri ebbi un attimo di esitazione, l’acqua che sino a quel momento era stata molto limpida , di colpo divenne torbidissima.
Con un colpo d’occhio consultai Stefano: che fare?
Proseguire e raggiungere il relitto senza poterlo poi fotografare o risalire e ritentare un altro giorno. Rapidamente, esprimendoci con lo sguardo decidemmo di scendere, poi avremmo deciso il da farsi.
A sessantacinque metri di profondità la luce solare era ormai quasi completamente scomparsa ed alla luce della torcia, che nel frattempo Stefano aveva provveduto ad accendere l’acqua sembrava tornata abbastanza limpida.
Poco dopo, non molto distante dal piombo del nostro pedagno scorgevamo la sagoma scura ed imponente del relitto.
Ciò che resta del “La Foce” è appoggiato su di un fondale fangoso all’impegnativa quota di 82 metri di profondità, in una zona spesso percorsa da correnti che intorbidiscono l’acqua e rendono l’immersione piuttosto pericolosa.
Eravamo scesi vicino alla prua, questa era praticamente staccata dal resto della nave, unita alla parte centrale soltanto dai longheroni più bassi della chiglia, però sepolti nel fango.
Tra la prua ed il cassero centrale le murate non esistevano più, probabilmente mandate in briciole dall’esplosione che aveva causato l’affondamento della nave e da quelle successive, provocate dai palombari della “Sorimar”, che vi lavorarono subito dopo il conflitto per recuperare il carico di lastre d’acciaio che il "La Foce" trasportava.
Facemmo più di un’immersione sulla sfortunata nave.
E in una di queste giungemmo sul relitto direttamente nella parte centrale della nave, vicino a due grandi fumaioli di forma rettangolare, lateralmente ai fumaioli due gruette per le scialuppe di salvataggio. Più in basso un corridoio con porte e finestre da cui si potrebbe accedere negli interni del relitto ma, dato il consumo di gas elevato a causa della profondità a cui stavamo operando, e delle numerose reti impigliate un po’ dappertutto, non me la sono sentita di entrare in questa zona del relitto.
Alla luce delle torce scorgemmo però numerosissime aragoste che facevano capolino dalle numerose fessure dello scafo martoriato.
Esplorammo anche la zona di poppa, pure questa nettamente distaccata dal corpo centrale della nave, ed evidentemente per l’opera dei palombari che vi hanno lavorato.
Delle eliche non vi è più alcuna traccia.
Nel mezzo della poppa un grande cassero con ringhiera ed una porta sul lato destro per accedervi. Appena entrati un corrimano di una scaletta per scendere nel ponte sottostante, ma anche qui, seppure in minor quantità, vi sono delle reti impigliate, per cui non abbiamo proseguito oltre l’esplorazione degli interni. Particolare da notare anche in questa zona del relitto vi é una notevole abbondanza di aragoste. Un’altra caratteristica di questo relitto sono le ostriche che ricoprono totalmente le lamiere, senza risparmiare neppure il più piccolo spazio.
Ringraziando Claudio Corti per l’articolo vi invitiamo a visitare il sito della TSA
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