Tra le immersioni di Capo Mortola nell’estremo ponente ligure una è unica in assoluto nel suo genere: una grande sorgente d’acqua dolce sgorga da una caverna sottomarina creando tutt’intorno un’habitat straordinario.
“Polla grandiosa, ignota alla scienza, nemmeno segnalata sulle carte … un ribollimento di acque, con ampie ondate circolari”. Così nel 1928 Gaetano Rovereto descrisse la sorgente d’acqua dolce di Capo Mortola che fu battezzata col suo nome: “Polla Rovereto” in quanto fu il primo a studiarla scientificamente. Siamo nell’ultimo lembo costiero del Ponente Ligure che si affaccia sulla Costa Azzurra, nei giorni di mare calmo dai paesini di Mortola e Grimaldi si può osservare sulla superficie del mare una grande chiazza chiara: è “A funtana” come la chiamano i pescatori liguri della zona. La sorgente d’acqua dolce si trova in mezzo al mare vicino alle maestose falesie calcaree dei Balzi Rossi uno dei più noti siti preistorici italiani e di fronte all’Area Protetta Regionale dei Giardini Hanbury. La sua portata è notevole: tra i 60 e gli 80 litri al secondo nei mesi estivi e oltre i 100 litri nelle stagioni più piovose. Si pensa che in altre ere geologiche la fonte sgorgasse sulla terraferma e venisse utilizzata dagli abitanti delle caverne preistoriche. Undici anni dopo la curiosa scoperta inizarono i primi studi per la captazione dell’acqua dolce e nel 1960 i professori Calvino e Stefanon dell’Istituto di Geologia dell’Università di Genova condussero la prima campagna scientifica con mezzi improvvisati: una barca a remi, un motoscafo di un subacqueo locale e un autorespiratore concesso dalla ditta Cressi.
L’anno successivo, con la collaborazione dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri e la Marina Militare, furono fatte altre ricerche con mezzi e stumentazioni all’avanguardia: gli studiosi questa volta disponevano di una nave con compressori a bordo, campana di decompressione, ecoscandaglio, un’equipe di dodici subacquei esperti, fotografi, un’ufficiale medico e barche appoggio. Gli studi e i tentativi d’imbrago continuarono negli anni fino all’ultimo, avvenuto nell’estate del 2003, quando la società francese Nymphea Water dopo tre anni anni di lavori ha installato un impianto di captazione a forma di clessidra chiamato “tulipe” (tulipano) che coinvoglia l’acqua dolce senza l’uso di alcuna energia. Il 24 luglio di quell’estate la scena che si presentava agli occhi dei naviganti era assai curiosa: un alto zampillo di acqua si innalzava dalla supefice del mare circondato da sei enormi boe rosse. La gente incredula raggiungeva il sito dalle spiagge con canoe e pattìni pur di osservare da vicino questo strano fenomeno. L’evento ha attirato giornalisti, televisioni e delegazioni governative da tutto il pianeta tra cui la Siria, dove esiste la sorgente sottomarina conosciuta dall’uomo più grande in assoluto. La polla Rovereto non è un fenomeno unico in quanto ne esistono molte altre, ma è stata la prima ad essere captata creando un prototipo unico al mondo per lo sfruttamento di una sorgente sottomarina. Scopo di questi lavori era quello di sperimentare un progetto da esportare successivamente in quei paesi, come Africa e Medio Oriente, dove le risorse idriche sono carenti e dove sono presenti sorgenti simili a quella della Mortola. La ditta sperava anche di poter alimentare con questa nuova tecnologia gli acquedotti delle vicine cittadine di Ventimiglia e Mentone ma non ha mai ottenuto la concessione per lo sfruttamento delle acque. Nonostante lo scenario ambientale sia totalmente cambiato da come si presentava prima della sperimentazione, la vita intorno alla “fontana sommersa” si sta riappropriando dei suoi spazi e continua ad essere rigogliosa offrendo ai subacquei un’immersione assolutamente unica nel suo genere.
L’immersione alla fontana sommersa.
Dopo 80 anni dalla scoperta della Polla Rovereto ci immergiamo in questo singolare punto d’immersione che si trova nel comprensorio delle secche di Capo Mortola, futura Area Marina Protetta Regionale. In questo tratto di mare al confine italo-francese i fondali hanno caratteristiche morfologiche differenti, ci si può immergere su pareti, grandi secche, scogli isolati e dalla forma bassa e allungata, piccole grotte e relitti. Non solo sulla Fontana, ma in altri vicini punti d’immersione, numerose e piccole sorgenti d’acqua dolce sgorgano da fessure nella roccia o dalla sabbia. La giornata è splendida e in lontananza notiamo la chiazza chiara sulla superficie del mare, la prua della barca punta lentamente verso la costa e l’ancora viene calata su un fondale di 28 mt.
L’immersione è adatta solo a subacquei in possesso di brevetto avanzato e può essere fatta utilizzando il nitrox in quanto la profondità massima non supera i 36 mt. Scendiamo seguendo la cima e man mano che ci avviciniamo al fondo scorgiamo verso sud la sagoma imponente del “tulipano” che in realtà sembra avere più la forma di un’enorme clessidra. Il cappello è roccioso con brevi tratti sabbiosi ed è qui che in primavera si possono osservare le rane pescatrici immobili ad attendere che qualche preda si avvicini. Esploriamo la secca che degrada formando un piccolo scalino che raggiunge i 36 mt su un fondale sabbioso dove spiccano splendide spugne candelabro Axinella cannabina. Alla nostra destra troviamo una grande rientranza nella roccia dove l’habitat si accende di colori sgargianti: Parazoanthus gialli invadono la parete incorniciata ai suoi margini da grandi rami di Paramuricea clavata. Poco distante distinguiamo la grande sagoma della fontana sfuocata dall’effetto creato dall’acqua dolce che fuoriesce dalle rocce e dal basamento della struttura rendendo lo scenario astratto ed irreale.
L’apporto di acqua dolce abbassa la salinità circostante creando un habitat marino particolare con spugne multicolore che variano dall’ arancio al giallo, dal viola al rosa e al bianco. Tra gli anfratti scorgiamo alcune aragoste che muovono timidamente le antenne e tra i rami di gorgonia si nascondono i mimetici granchi facchino (Dromia personata). Essendo in nitrox possiamo permetterci di continuare l’esplorazione della secca dirigendoci questa volta verso est dove tra bei rami di gorgonie rosse incontriamo alcune uova di gattuccio. La morfologia del fondale offre numerose tane ai polpi mentre scorfani rossi di ogni dimensione si mimetizzano sul plateau roccioso dove si possono incontrare i grandi nudibranchi Hypselodoris valenciennesi, nella stagione dell’accoppiamento è possibile osservarne diversi esemplari tutti insieme. Eccoci alla base della Fontana, la visibilità è buona e ci permette di ammirarne l’imponenza, piano piano risaliamo aggirando il tubo di captazione fino ad arrivare alla sua estremità a circa 25 mt dalla superficie.
Eccoci all’imboccatura dalla quale fuoriesce la sorgente, avvicinandoci abbiamo una strana sensazione di visione sfuocata dovuta alla diversa densità dell’acqua dolce che si miscela con quella salata. L’apertura è abitata da numerosissime Flabelline rosa e Cratena peregrina probabilmente poichè la struttura è colonizzata da idroidi, briozoi e spugne di cui si cibano questi minuscoli animali. Qui una volta era collegato il tubo flessibile che convogliava l’acqua fino in superficie. Sulla base alla quale sono collegati i tiranti che tengono ancorata la struttura al fondale, si incontano invece numerosi esemplari di un altra specie di nudibranco, l’elegante Dondice banyulensis. Una volta al posto della struttura c’era una grande spaccatura nella roccia dalla quale sgorgava un notevole flusso d’acqua dolce proveniente dalla caverna sottomarina. E’ il momento di risalire a dalla struttura ci dirigiamo verso la cima dell’ancora per terminare quest’immersione speciale. Una delle ragioni che hanno reso importante l’istituzione di un’Area Marina Protetta in questa zona è anche l’esistenza di queste sorgenti che rendono unico questo tratto di mare della Liguria di Ponente.
Una vita sotto il mare: testimonianza dei lavori sulla “Fontana”
Claude Vergé, classe 1934, ha dedicato tutta la vita al mare. La sua carriera subacquea è cominciata come palombaro professionista e per più di vent’anni ha lavorato per i grandi cantieri e porti della Costa Azzurra. Ha fondato il suo primo club subacqueo a soli vent’anni in Algeria e nel 1972 a Mentone ed è stato tra i primi ad immergersi nelle acque di Capo Mortola. Tra i ricordi più emozionanti il ritrovamento nel 1968 del bombardiere tedesco Heinkel 111 e i lavori effettuati alla fine degli anni sessanta sulla sorgente della Mortola per conto del Consiglio Nazionale delle Ricerche italiano. Fu contattato dal Prof. Stefanon che, alla ricerca di un’imbarcazione per effettuare gli studi sulla “Fontana”, noleggiò la barca di Claude ingaggiandolo come esperto sommozzatore. I lavori cominciarono ripulendo il fondale intorno alla sorgente dai sedimenti e tra i detriti gli studiosi trovarono fossili di conchiglie Spondylus. Nella prima versione dell’impianto di captazione il gruppo di lavoro aveva utilizzato dell’aria compressa che, spinta nella cavità della sorgente, spingeva lungo un tubo verso la superficie l’acqua dolce. Ricordando quegli anni e sfogliando l’album di fotografie, Claude ricorda anche quanto più ricchi di pesce e di vita fossero quarant’anni fa i nostri fondali e quanto sia importante proteggere il nostro Mediterraneo. Per chi come lui ha dedicato tutta la vita al mare, l’istituzione a Capo Mortola dell’Area Marina Protetta dei Giardini Hanbury è un grande sogno che sta per realizzarsi.
Autore testo: Manuela Capone
Autore foto: Massimo Arese
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