Immersione e psicologia. Trovo interessante approfondire alcuni aspetti che riguardano la psicologia dell’immersione subacquea, e lo faccio ispirandomi agli articoli di Salvatore Capodieci, che ci danno spunti molto interessanti di riflessione.
Alcune premesse.
- La subacquea è uno dei pochi sport in cui il principiante può raggiungere gli obiettivi necessari in pochissimo tempo.
- Gli obiettivi sono raggiunti vincendo uno stress iniziale di solito importante.
- Età, sesso e forza fisica sono meno importanti che in altri sport.
- Importante per salire di livello è l’acquaticità, la naturale confidenza con l’ambiente acquatico che in un certo senso dobbiamo recuperare, è la condizione tipica del bambino.
- Non ha elementi tipici di altri sport, come la competizione, la tolleranza della fatica, che al contrario va tenuta sotto controllo e limitata.
La motivazione principale per darsi alla subacquea, secondo le testimonianze di molti sub, sarebbe nel bisogno di coniugare l’amore per l’avventura con un rapporto più stretto con la natura.
Immersione e psicologia: quali motivi ti spingono a fare subacquea
Non esiste un unico profilo psicologico per i subacquei, ovviamente, ma è possibile vedere quali aspetti si ripropongono con maggiore frequenza.
Tra questi emerge il desiderio di isolarsi. L’isolarsi è una delle caratteristiche dell’attività subacquea ed è forse quella più affascinante: il subacqueo è infatti tagliato fuori completamente dal mondo esterno. La comunicazione come la intendiamo normalmente sott’acqua è molto limitata, e parallelamente aumenta la consapevolezza del subacqueo che il proprio benessere fisico è completamente nelle sue mani.
Sono numerosi i subacquei che riportano vissuti determinati dall’isolamento provato sott’acqua. Sott’acqua non si chiacchiera, non si dicono fanfaronate, non suona il telefono, è tutto silenzio e pace.
Il desiderio di appartenenza a un gruppo è un altro aspetto importantissimo. La subacquea è un’attività sociale, soprattutto se pensiamo che:
- Durante l’immersione ciascun subacqueo ha un compagno che ne controlla i movimenti ed è pronto ad offrire il suo aiuto se è necessario.
- L’attività subacquea sia sportiva che professionale è quasi sempre strutturata come un’attività di gruppo, nel quale ciascuno ha un suo ruolo.
Potremmo vedere qui una parziale contraddizione con quanto abbiamo appena detto, in realtà le due cose, desiderio di isolarsi e di appartenenza, non si escludono. Pochi sport sono così organizzati in gruppi e club come la subacquea. Si chiacchiera quando si è all’asciutto, e ci si isola in acqua.
La psicologia dell’immersione: tra spirito agonistico e ribellione
Lo spirito agonistico. La maggior parte dei subacquei dimostra in immersione uno scarso spirito competitivo, ma se il desiderio di emergere e di gareggiare non è un elemento che caratterizza l’immersione, questo non vuol dire che chi pratica la subacquea non abbia il senso dell’agonismo, tipico di ogni essere umano e caratteristico della struttura psichica dello sportivo. Nell’immersione non si vince nulla, è vero, e se un’immersione tecnica può porsi un traguardo questo si raggiunge di solito col lavoro di squadra. L’agonismo in questo caso è rivolto verso un ambiente naturale (l’acqua) che ci è ostile e che potrebbe essere pericoloso se non affrontato nel modo giusto.
C’è chi fa subacquea per assecondare il proprio spirito ribelle: la subacquea è anche ribellione. È il ribellarsi alle leggi della natura che hanno assegnato il mare ai pesci e agli uomini la terra. Tramite una forma di isolamento autoimposto il subacqueo riesce ad estraniarsi dalla società, e forse anche questo può essere un modo per esprimere un desiderio di ribellione.
Da questo può nascere un conflitto interno tra il desiderio di avere tutto sotto controllo e quello di ribellione. Pensiamo all’istruttore, che può avere atteggiamenti molto diversi verso la sicurezza in immersione quando è con un allievo rispetto a quando è solo.
Come l’immersione influisce sulla personalità: sensazioni di rilassamento e libertà dalle preoccupazioni
Personalità e immersione. Alcuni subacquei raccontano di sé quando si trovano sott’acqua: “Mi sento più rilassato”, “Divento più tranquillo”, “Mi sembra che i miei problemi siano più piccoli”, “Sono più consapevole del mio corpo”. A volte queste affermazioni danno l’idea che ci sia una regressione verso stadi più precoci dello sviluppo, relativamente agli aspetti che riguardano la sensazione di assenza di peso, l’essere isolato e la libertà dalle preoccupazioni. Possiamo pensare che la personalità cambi sott’acqua, come cambia la percezione sensoriale? Non è stata fatta sufficiente ricerca in questo campo, ma è uno spunto molto interessante.
Un’esperienza di vita parallela. Affermazioni come “…Da quando vado sott’acqua ho raggiunto un nuovo equilibrio interiore nei confronti della vita di superficie. Ho imparato ad avere un buon rapporto nei confronti del genere umano”, ci dicono che il subacqueo talvolta cerca e trova nel mondo sommerso qualcosa che non riesce a vivere o a soddisfare nella vita quotidiana. L’immersione corrisponderebbe all’affiorare di un mondo interiore, che noi proiettiamo attraverso la fantasia inconscia nel mondo sottomarino, una specie di sogno (in termini psicoanalitici).
La ricerca del piacere anestetico del cullamento, del fluttuare in assenza di gravità, il senso piacevole di perdita del controllo, la ricerca del contatto con l’acqua, spingono il subacqueo a sopportare fortissimi disagi e pericoli reali per ripetere l’esperienza.
Immersione e psicologia: conclusioni
In conclusione, momenti come la preparazione dell’equipaggiamento, il briefing, il controllo dell’attrezzatura, l’assenza di gravità, lo scendere nel ‘blu’, la modificazioni dei colori, l’affidarsi al compagno e al gruppo, la continua verifica di se stessi, il sentire il proprio respiro, gli incontri con i pesci e le altre creature marine, la contemplazione dei fondali e delle pareti, la suggestione alla vista di un relitto, di un anfora o di una grotta, l’euforia per l’impresa compiuta, il parlare dopo il silenzio, sono tutti momenti con un grande significato simbolico.
L’immersione può essere vista come “il ritorno nell’utero materno”, un momento simbiotico nel quale il subacqueo si riunisce con il mare che per l’arte e la psicoanalisi ha sempre rappresentato la “grande madre”. In certi casi, e un po’ estremizzando, si può vedere la subacquea anche come un comportamento che si richiama alla morte, una sfida alla morte, l’espressione incompleta di un desiderio di suicidio.
E tu, quale pensi che sia la tua motivazione per immergerti? Qual è il profilo psicologico del lettore di scubaportal? Lascia il tuo commento di seguito.
Vado sott’acqua perché lì ho piena coscienza del dialogo tra mente e corpo. La deprivazione sensoriale aiuta a “sentirmi”, aiuta a ritornare nell’ambiente acquatico da cui nasciamo. Nessun agonismo, l’unica sfida è essere parte del mondo sommerso in simbiosi, in punta di pinna, una sfida tutta con me stessa “avere il controllo lasciandomi andare”. Diventare per quell’ora un rispettoso abitante del mare. Poi fuori la condivisione delle esperienze con i compagni, la collaborazione delle guide e delle persone in barca, la concentrazione, la tranquillità ricercata prima dell’immersione e quel briciolo di euforia mista a soddisfazione, dopo. Nessun pensiero di morte anzi di vita, la vita là sotto è magnifica, peccato non avere le branchie
Concordo su tutto a parte sul pensiero di morte e suicidio . Quando mi immergo mi sento a casa in armonia con me stessa e con il mondo sottomarino cisa che non mi sento quando sono in superficie è esatto peccato non avere le branchie
L’assenza di gravità, l’osservazione della vita vegetale e animale, l’attrazione verso l’acqua, il blu, come momento introspettivo
La subacquea è esplorazione ed avventura soprattutto quando si ricercano nuovi siti, è introspezione soprattutto se si scende da soli, è benessere indotto sia dal piacere di essere immersi ed in assenza di gravità che dall’effetto narcotico indotto dell’azoto quando la profondità aumenta… quando iniziai questo sport 20 anni or sono per immergermi dovevo stare bene. Ora per stare bene devo immergermi!
Il mare mi conquista e quando sono giù mi sento come in un abbraccio affettuoso ed avvolgente. Lasciarmi trasportare dalle correnti leggere mi dà pace e serenità il silenzio del blu mette ordine tra i miei pensieri è una emozione così forte che non riesco a controllare e quando risalgo ho sempre gli occhi umidi non dalla maschera ma dalle lacrime per il senso di liberazione emotivo che provo.
Concordo con l’immagine dell’utero senza per questo sentire una attrazione alla morte. Nell’articolo non si cita mai la cosa più importante, andare sott’acqua non è uno sport ma una disciplina. Richiede un addestramento come l’utilizzo delle armi e l’uso degli esplosivi. Andare sott’acqua senza disciplina vuol dire mettere tutte le volte la propria vita nelle mani del caso. Quando si rispetta una disciplina difficilmente ci si mette in pericolo e si desidera la morte
Nessuna sfida con la morte, piuttosto la consapevolezza di una continua scoperta in un ambiente affascinante , dove dobbiamo entrare senpre con tanto rispetto.
Sono cresciuto con l’enciclopedia di Custeau tra le mie letture, facile rimanere quindi contagiati .
In un mondo così frenetico , ė sicuramente un modo per trovare maggiore equilibrio e tranquillità .
Bruno
All’età di 70 anni faccio ancora immersioni in un ambiente ritenuto ostile (lago di Iseo) ebbene ora quando sono al mare mi manca l’ambiente completamente buio lo sguardo sgomento dei rari pesci in profondità, la coscienza del compagno amico vicino anche se capita di non vedersi ma con coscienza che lui c’è, in acqua ritrovò la mia gioventù niente peso niente dolori nessun pensiero negativo, in completa sintonia con la mia mente e con il mio corpo, peccato finita l’immersione il mio compagno si trasforma in badante per sollevarsi dal peso dell’attrezzatura