Autore testo: Valeria Nava
Autori foto: Fabio Bollini e Davide Corengia
Sette speleologi, quattro giorni, più di mille metri sotto terra. Questi, in sintesi, i numeri del campo speleologico organizzato dal gruppo di ricerca INGRIGNA!, svoltosi dall’ 8 all’11 dicembre all’interno della grotta W Le Donne, il cui ingresso è posto a quota 2170 m sulla cresta di Piancaformia della Grigna Settentrionale (LC).
La grotta, con i suoi 1183 metri di profondità, è tra le quattro più profonde d’Italia; l’obiettivo del campo era quello di trovare la sua prosecuzione, che fosse attraverso gli stretti passaggi sul fondo intravisti nelle precedenti esplorazioni oppure cercando di superare un sifone che aveva fermato le ricerche avvenute negli anni ‘90. Da allora nessuno era più sceso in quelle zone.
Verso l’ingresso
L’avvicinamento all’ingresso della grotta dura tre ore e mezzo; la poca neve, se mette di cattivo umore gli sciatori, per gli speleologi invece è una vera fortuna, poiché evita di dover continuamente battere faticosamente la neve per scavare una traccia. Il materiale da portare sulle spalle è tanto, soprattutto perché questa volta da trasportare c’è anche tutta l’attrezzatura necessaria all’immersione.
Il campo base degli speleologi è posto alla profondità di circa – 900 m: qui li attendono una tenda, alcuni materassini, fornelletti e cibo liofilizzato indispensabili a trascorrere i quattro lunghi giorni lontani dalla superficie. Nei sacchi degli esploratori non mancano le luci di scorta, i sacchi a pelo, acqua in abbondanza e le immancabili corde che potrebbero segnare la via verso la nuova prosecuzione della grotta. L’ambizioso obiettivo è quello di trovare la strada verso la sorgente di Fiumelatte: un test di colorazione delle acque al fondo di W le Donne, effettuato da speleologi nel 1989, ha infatti dimostrato che le acque che si infiltrano sulla Grigna settentrionale vanno ad alimentare questa importante sorgente. Conoscere il percorso dell’acqua all’interno della montagna è importante, perché una buona conoscenza di come si comportano le acque sotterranee permette di proteggere questo bene che, con il crescente inquinamento delle falde di pianura e dei corsi d’acqua superficiali, diventa sempre più importante. Delimitare quali settori della montagna alimentano le sorgenti, scoprire i percorsi dei corsi d’acqua sotterranei, a volte dei veri e propri torrenti, osservare laghi e sifoni, conoscere la velocità e i tempi di percorrenza delle acque sono anche questi compiti degli speleologi, e sono tutte osservazioni indispensabili a valutare la vulnerabilità all’inquinamento di queste acque, tanto preziose quanto delicate.
Questo è quello che gli speleologi impegnati nelle esplorazioni faranno in W le Donne, anche questa volta.
Passata la prima notte al campo base, giunge ora di iniziare l’esplorazione.
Passaggi allagati ad una temperatura di 4 gradi, gelide cascate da attraversare con la muta stagna, strettoie fangose e una serie innumerevoli di pozzi conducono al fondo. Lo spirito di gruppo è fondamentale in questo tipo di esplorazioni, in quanto il materiale da trasportare per un’immersione in grotta è pesante e ingombrante (basta pensare solo alle bombole) e viene suddiviso nei sacchi trascinati con fatica dagli speleologi.
Al fondo avviene l’immersione dello speleosub: per diciotto minuti scompare dalla superficie dell’acqua, mentre i compagni lo aspettano impazienti e infreddoliti. La notizia che porta è quella che tutti speravano: la grotta continua al di là del sifone, W Le Donne è un abisso che sembra non avere fine! Il sifone è profondo 4 metri e lungo 20 e al di là dell’acqua una serie di saliscendi attendono di essere superati ed esplorati.
Dopo aver rivisto altre possibili prosecuzioni, per gli speleologi è tempo di ritornare alla luce del sole. Con 24 ore di buio, illuminati solo dalla luce a led del caschetto, in grotta la percezione del tempo è straniante: solo quando sei stanco è giunta ora di andare a dormire…
La risalita alla superficie durerà circa 12 ore, le corde da risalire sembrano infinite ma l’entusiasmo per l’ottimo risultato raggiunto domina in tutto il gruppo. Il sole che li attende all’uscita, il manto bianco della neve e lo splendido paesaggio che si gode da lassù faranno il resto.
“La punta al fondo, seppure con pochi metri di esplorazione, ci ha ormai convinto di quanto sapevamo già: un giorno, prima o poi, e tempo permettendo, qualcuno potrà scendere ancora più in basso nella Grigna! Per ora ci dobbiamo accontentare dei 20 km del sistema e di sapere che siamo ad una grande svolta nelle esplorazioni…”
I partecipanti al campo: Fabio Bollini (G.S. Jesi), Maurizio Calise – Maukal (G.G. Milano), Davide Corengia/speleosub (G.G. Milano), Andrea Maconi (G.G. Milano), Giorgio Pannuzzo (G.S. Bergamasco Le Nottole), Alessandro Rinaldi – Alex (S.C. Romano di Lombardia) e Romeo Uries (G.S. Jesi).
Un doveroso ringraziamento a chi ha accompagnato i ragazzi nell’avvicinamento, ha aiutato a portare il materiale e al Rifugio Bogani per il prezioso supporto prima e dopo il campo.
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