Che il “Relitto della Timpa” non fosse il Piroscafo Terni, lo staff tecnico – oggi organico dell’O.V.D. “Futuro Mare”, lo aveva già ampiamente dimostrato nell’incontro divulgativo del settembre 2020.
Infatti, la corretta lettura dei rilevamenti estratti dal log book del sommergibile HMS Unison che, al tempo, ebbe a silurare il Terni, già dalle prime indagini faceva collocare il piroscafo a circa 700 metri di profondità nello specchio acqueo antistante il faro “Biscari” della paia di Catania.
Le successive ricerche effettuate dal Capitano di L.C. Andrea Di Mauro, collaborato per le ricerche dagli istruttori subacquei Carmelo la Rocca e Mario Gangi, hanno finalmente consentito di determinare sia la vera identità del “Relitto della Timpa” sia di ricostruire le dinamiche che ne provocarono l’affondamento, escludendo definitivamente le innumerevoli versioni romanzate della grande rete.
L’accesso alla documentazione storica del Lloyd’s Register of Shipping di Londra ed il successivo reperimento di preziosi documenti presso il “Japan Center For Asian Historical Records National Archivies Of Japan di Tokyo, ha finalmente consentito di determinare che il “Relitto della Timpa” altro non è che il “Taikosan Maru”, piroscafo battente bandiera giapponese affondato nello specchio acqueo la Timpa di Acireale, in provincia di Catania, nel corso della Grande Guerra.
In buona sostanza, il 14 dicembre del 1917, il Taikosan Maru, diretto a Siracusa, al fine di sfuggire agli attacchi dei sommergibili nemici di pattuglia nello Ionio – in base alle direttive del Comando Supremo Italiano e Comando Supremo Marina- navigava a distanza ravvicinata dalla costa e con le luci spente. Frattanto, identiche disposizioni venivano osservate anche dal piroscafo “Ancona” che, nelle stesse circostanze di tempo e luogo, navigava invece in senso opposto e cioè in direzione Messina.
L’inevitabile collisione provocava un grave squarcio allo scafo del Taikosan Maru che alle successive ore 05:30, nonostante gli sforzi dell’equipaggio, affondava nello specchio acqueo antistante la Timpa di Acireale in provincia di Catania.
L’incontro divulgativo conclusosi lo scorso 10 dicembre presso lo Sheraton Hotel di Catania – che ha catturato l’attenzione della dottoressa Minako Sasako, cronista del The Yomiuri Shimbun, alla quale peraltro è stato inviato l’intero incartamento investigativo – ha finalmente messo fine al falso mito che certamente non rendeva giustizia ai questo bastimento.
foto di Tony Palermo (campione italiano fotosub – categoria macro- 2021)
L’articolo è talmente pieno di imprecisioni, errori di ortografia e colossali sciocchezze storiche che non vale nemmeno la pena commentarlo. Dispiace che certi proclami, totalmente privi di alcuna affidabilità o barlume di coerenza, riescano a finire tra gli articoli di Scubaportal.
Egregio lettore, in nome dell’associazione di cui mi pregio di appartenere, La ringrazio per la segnalazione che, nonostante le forme poco deontologiche, accogliamo di buon grado, atteso che la peculiarità della nostra O.V.D. è proprio la disponibilità al dialogo.
In un paese democratico come l’Italia chi non condivide principi, pensieri e “…sciocchezze storiche” solitamente espone – ammesso che sia in grado di farlo- le proprie ragioni, circostanza questa che se basata su fondamenti documentabili avrà certamente fornito un prezioso contributo per un Mare che appartiene a tutti.
Tuttavia, credo che Lei abbia sbagliato destinatario, proprio perché le indagini relative alla certa identificazione del relitto della Timpa, oggi Taikosan Maru, si sono basate su documenti ufficiali (in nostro possesso) reperiti presso il Japan Center For Asian Historical Records, National Archivies of Japan (Tokyo), nonché Lloyd’s Register Shipping (Londra), organi i cui referenti istituzionali hanno collaborato per addivenire alla verità.
A tal riguardo, Le consiglio di visionare attentamente il video allegato su Scubaportal e fare fermo immagine (cliccare icona “II” in basso a sinistra del video) li dove si passano in rassegna i documenti scansionati comprovanti l’identità del relitto.
Si rimane a disposizione per un civile confronto finalizzato anche ad apprendere la Sua verità, anche in considerazione del fatto che ci separano pochi chilometri.
Risposta a nome di Mario Gangi, autore del testo
Gentile Mario Gangi, in qualità di sostenitore del civile confronto, sono certo che avrà trovato riprovevoli gli epiteti che mi sono stati lanciati dal suo collega Carmelo La Rocca. Non a caso la moderazione di questo sito ha giustamente ritenuto opportuno censurare e rimuovere la sua replica offensiva, che appunto non è più visibile. Per favore, non mi dia lezioni di civile confronto.
Per quanto attiene alle mie ragioni, le avevo già esposte, replicando al messaggio del suo collega, e sono state rimosse di conserva. Fermo restando il mio diritto di critica senza obbligo di spiegare ad alcuno le mie ragioni, le ribadisco.
La nave Terni è stata affondata nel 1943 ai piedi della Timpa di Acireale (CT). Di questo non vi è alcun dubbio. Vi sono documenti della Marina Militare italiana e testimonianze orali, per la maggior parte anziani pescatori del luogo, che ricordano ancora perfettamente l’evento. Erano giovani e raccontano di come, nell’immediatezza della sciagura, la comunità locale si adoperò in piena notte per prestare i primi soccorsi ai marinai italiani reduci dal naufragio. Nulla di questo sarebbe stato possibile se il naufragio fosse avvenuto trent’anni prima, dato che costoro non erano ancora nati! A tal proposito, senza andare troppo lontano, la invito ad intervistare il pescatore Rosario Fichera, residente presso il borgo di Santa Maria La Scala per ascoltare dalla sua viva voce un racconto ancora più avvincente e ricco di dettagli. Costui è persona autorevolissima e degna di ogni fede, che nel corso degli anni mi ha indicato la posizione di altri relitti, aerei sopratutto, mai riportati sulle carte, con precisione degna di un satellitare. Ovviamente nessuno di questi risale alla prima guerra mondiale.
Potrei andare avanti. Potrei ad esempio dire che chiunque abbia letto un qualunque libro di storia moderna, saprà certamente che la partecipazione giapponese nel Mediterraneo nel corso della Grande Guerra è stata limitatissima. In particolare si componeva di appena 14 navi da guerra, solo una delle quali risulta affondata nel Mediterraneo (la Sasaki, colpita dal sommergibile U-27), le altre rientrate in patria e tra le quali non si annovera il nominativo da voi citato, che peraltro identifica un mercantile. Potrei continuare dicendo che non risulta alcuna collisione che abbia mai coinvolto il piroscafo Ancona. Potrei dire che il relitto a 700 metri di profondità al largo di Catania appartiene ad un peschereccio dei nostri giorni. Potrei andare avanti insomma. Temo però che infrangerei il sogno di chi crede di aver scoperto qualcosa.
Quella del Terni è una vicenda molto semplice, priva di qualunque mistero che non necessita di teorie fantasiose nè, tanto meno, bisogno di riscrivere la storia. Storia che purtroppo, va detto, dimostriamo di non conoscere.
Rispondo al sig. Federico Grasso – in quanto diretto responsabile delle ricerche storiche inerenti il relitto del piroscafo “Taikosan Maru” – che ad ogni modo invito a rivedere la sua preparazione per quanto concerne la presenza, o meno, di navi giapponesi nel mediterraneo nel periodo dal 1914 al 1918.
Premesso che in tale periodo ben 10 navi mercantili giapponesi sono affondate nel Mediterraneo, nove per cause di guerra (sommergibili, mine) ed una, il Taikosan Maru, per collisone con altra nave, circostanza questa che emerge dagli attendibili documenti reperiti presso l’archivio storico giapponese più volte ribadito.
Sul punto mi permetto di sottolineare che attraverso elementari ricerche (Wikipedia, o Google) ed in particolare digitando “squadrone marina giapponese Malta 1917” si può facilmente apprendere che la Marina Imperiale invio nel Mediterraneo uno Squadrone navale, al comando del contrammiraglio Kōzō Satō, a bordo dell’incrociatore Akasi, con altri due incrociatori, Izumo e Nisshin, e 14 cacciatorpediniere.
Le navi, giunte a Malta il 13 aprile 1917, hanno svolto compiti di scorta per trasporti truppe e operazioni antisommergibile contro gli attacchi dei sommergibili tedeschi e austro-ungarici in tutto il Mediterraneo orientale, collaborando fattivamente con i reparti della Marina britannica, francese ed italiana, fino alla fine delle ostilità.
Riguardo alla presunta nave italiana affondata nei paraggi di Acireale nel 1943, voglio credere che il lettore faccia riferimento alla “fake news” comparsa improvvisamente e senza giustificazione alcuna, su molte pagine internet, che individuava nel piroscafo italiano Terni, il relitto di Acireale.
Le fonti storiche ufficiali (Ufficio Storico della Marina e Log book del sommergibile britannico Unison, che silurò il Terni) individuano la posizione del siluramento, e l’immediato affondamento del Terni (per esplosione del carico di munizioni, tre minuti dopo essere stato colpito dal primo siluro) in un punto a 7 miglia su rilevamento 170° ( in buona sostanza a Sud, di Capo Mulini).
A tal riguardo mi preme precisare che basta una conoscenza elementare di carteggio (anche a livello di patente nautica) per rendersi conto che tale rilevamento indica un punto ben preciso a sud del porto di Catania e, segnatamente, ben 8 miglia distante dal relitto della Timpa di Acireale.
E’ vero che un video fantascientifico, pubblicato su youtube mostrava, con tanta enfasi, come il Comandante del Terni, nel tentativo di salvare la nave abbia invertito la rotta e si sia avvicinato alla costa, dando fondo all’ancora. Ovviamente si sono dimenticati, o hanno fatto finta di non sapere, che la nave è affondata tre minuti dopo essere stata colpita e che nell’esplosione sono periti tutti i membri dell’equipaggio, eccetto tre soli superstiti.
Per concludere, La invito a documentarsi meglio sulle vicende navali della prima Guerra Mondiale, perché asserire che nessuna nave giapponese si trovasse in Mediterraneo-tra il 1914 e il 1918, è sinonimo di totale ignoranza del periodo storico in argomento.
Peraltro, asserire che il relitto della Timpa di Acireale appartenga al Terni, o qualsiasi altra nave affondata nel 1943, trasforma le sue infondate e non documentate tesi non solo in misere chiacchiere da bar dello sport, ma in sterili discussioni che non rendono giustizia alla serietà di questo portale.
Risposta a nome di Capitano di L.C. Andrea Di Mauro (autore del testo)
Ero sicuro che ogni tentativo di un civile confronto sarebbe naufragato molto velocemente. Faccio un altro tentativo di ristabilirlo, ma stavolta è l’ultimo. Poi ognuno creda quel che vuole.
1. Non ho mai asserito che non ci fossero navi giapponesi nel Mediterraneo nel corso della prima guerra mondiale. Anzi, ho scritto proprio il contrario: che ce n’erano 14, ma erano navi da guerra, non mercantili. Le navi che lei cita nel suo passaggio (copiato da Wikipedia) sono navi da guerra e confermano la mia tesi, non la sua. Dopo tutto sarebbe stato improbabile fare pattugliamento con mercantili, non trova?
2. Ci sono testimoni oculari ancora in vita che assistettero in prima persona all’affondamento della nave alla Timpa. Questo avvenne nel 1943. Se fosse avvenuto nel 1917, oggi o sarebbero già defunti o non ne avrebbero memoria in quanto troppo piccoli all’epoca per ricordarsene oggi. Ne consegue logicamente che quella nave non può essere affondata nel 1917, oppure oggi ci sarebbero due relitti in quel punto.
3. Non importa quante navi giapponesi ci fossero nel Mediterraneo o quanto tempo impiegò il Terni ad affondare: quella che naufragò presso la Timpa di Acireale non poteva essere giapponese. Punto. Questo perchè vennero tratti in salvo marinai italiani. E’ un fatto documentato e anche la gente del luogo se lo ricorda bene. Andarono dei pescatori con le barche a salvarli.
Se desidera un confronto con me, risponda nel merito a ciascuna delle mie osservazioni, o non risponda affatto.
Cari saluti.
Caro signor Grasso, qualsiasi storico e ricercatore serio sa bene che le memorie orali non costituiscono fonte affidabile, giacché la memoria nel tempo si deteriora. Fanno fede i documenti. Ed i documenti attestano la presenza e l’affondamento in Mediterraneo di varie navi mercantili giapponesi, che certamente non facevano pattugliamento, bensì il loro lavoro: trasportare merci e rifornimenti. Una di queste era la Taikosan Maru, il cui affondamento è un fatto ampiamente documentato, inutile che continui a ripetere “non (mi) risulta”. Ed i, pochissimi, sopravvissuti del Terni, che subito dopo il siluramento saltò in aria, vennero recuperati dalla corvetta Driade della scorta, non da pescatori del luogo. Questo è ciò che è documentato. Se lei afferma che sia “documentato” il contrario, favorisca i documenti. Ma non può: perché non esistono.
credo di ricordare che al tempo il signor Grasso desse più importanza alle chiacchiere da caffe che ai documenti ufficiali