Ricevo una newsletter da Easydive, che mi invita ad eseguire l’aggiornamento del firmware (firmware upgrade) della mia custodia Leo3 wi. Le istruzioni sono chiarissime, le seguo alla lettera. Scarico il firmware, un file con estensione .zip, ne estraggo l’aggiornamento che copio nella chiavetta USB. Inserisco il programmatore, inserisco la chiavetta USB, accendo e aspetto i due segnali acustici, che mi avvisano che l’aggiornamento è andato a buon fine. Da poco ho fatto l’upgrade anche alla mia Sony α 7 III.
La mia custodia è stata aggiornata correttamente, e si arricchisce di nuove funzioni. Questo mi fa venire in mente due considerazioni.
La prima: per un nativo analogico come me non è immediato adattarsi all’idea che la macchina fotografica e la custodia siano diventate apparecchi elettronici, che abbiano bisogno di porte USB e di aggiornamenti del firmware. Mah, le mie prime macchine fotografiche analogiche non ne avevano bisogno! Avevano un pulsante di scatto e un voluminoso pentaprisma, tendine dell’otturatore e tempi meccanici. E la custodia subacquea era solo un blocco di alluminio con alcune leve. Ma i tempi cambiano.
Devo ammettere che provo sempre una certa apprensione quando introduco quel cordone ombelicale nella porta USB della mia fotocamera o della mia custodia, ed eventualmente le collego a un computer. Eppure alla fine sono contento, eppure razionalmente so che l’aggiornamento le migliorerà, darà loro nuove funzioni, nuova forza…
La seconda: ancora una volta non manco di stupirmi favorevolmente per l’assistenza che ricevo da Easydive. Mi sento coccolato, il mio ego è massaggiato…
Sul sito Easydive.it dispongo di un profilo privato, da cui posso scaricare gli aggiornamenti del firmware e tutti i manuali. Ma questo non è che la punta dell’iceberg, sotto c’è il lavoro incessante di Fabio e del suo team per migliorare in continuazione il modo con cui le fotocamere comunicano con la custodia. Non è solo un software, c’è di più.
Il firmware upgrade: segno dei tempi?
Se ci eravamo abituati a cambiare i diaframmi alzando il dito e riabbassandolo ad ogni passaggio, ora con una pressione continua sul pulsante lo facciamo scalare automaticamente fino a che non rilasciamo la pressione. Per inciso lo stesso vale anche per i tempi e per le sensibilità ISO. Nella mia vecchia macchina analogica dovevo agire meccanicamente sul barilotto dell’obiettivo, e degli scatti meccanici mi confermavano che stavo cambiando diaframma. Ora è la morbida pressione di un pulsante elettronico. E non c’è nessun ritardo, è come premere un interruttore, la riposta è immediata.
Asettico? Macchè, moderno. Quanta acqua è passata sotto i ponti, è il caso di dirlo. E ancora non posso fare a meno di pensare che questo progresso è stato possibile perché qualcuno ci ha creduto, ha investito tempo ed energie, ha progettato e realizzato qualcosa che cambia con me, che mi fa cambiare abitudini.
Nel corso di fotografia subacquea che tengo presso l’Università di Genova, ripeto spesso ai miei studenti che non dobbiamo restare attaccati ad un sistema superato, che è un atteggiamento sbagliato quello che ci porta (noi vecchi fotosub) a recriminare, a ricordare con nostalgia le pellicole che davano le bruciature solari più nette e l’azzurro del mare più profondo. Sono contento di essermi formato come fotografo nell’era del rullino e ai miei allievi cerco di insegnare a realizzare degli scatti quasi perfetti in macchina, limitando al minimo gli interventi con Photoshop, come se il risultato fosse una diapositiva, e la postproduzione fosse niente di più dello sviluppo. Ma d’altra parte sono consapevole che il passaggio al digitale abbia portato grandi miglioramenti, di cui vediamo al momento solo una parte. Il firmware upgrade non è che la punta dell’iceberg.
E ringrazio ancora Easydive, per avermi informato dell’aggiornamento, per averlo realizzato, per portarci il futuro in casa come una cosa naturale, senza farcelo pesare.
Zero Pixel collabora da anni con Easydive nella ideazione e realizzazione di materiale per il marketing