Autore: Fabio Bartolucci
Un Rebreather è una macchina che recupera in parte o totalmente il gas espirato, n’elimina la CO2 e reintegra l’O2 consumato mediante un sistema che ne controlla la pressione parziale o la percentuale:
Questa definizione, per quanto esatta, non rende l’idea di quanto un Rebreather possa cambiare il nostro modo d’immergersi, sia per le sue potenzialità operative, sia per l’assenza di rumore e di bolle che ci regala una visione dei fondali completamente nuova e la sensazione di far parte dell’ambiente sottomarino.
In realtà il Rebreather è la “vera” macchina pensata per soddisfare l’esigenze fisiologiche della respirazione subacquea, mentre il circuito aperto, sia esso autonomo sia vincolato alla superficie, è pensato per soddisfare l’esigenze di ventilazione, quindi, indirettamente quella fisiologiche della respirazione: c’è una gran differenza tra le due cose, infatti, l’ossigeno consumato e l’anidride carbonica prodotta dall’organismo umano non dipendono dalla profondità, invece il gas ventilato è direttamente proporzionale alla Pressione Assoluta.
Sono, quindi, subito evidenti i vantaggi in termini d’autonomia: il metabolismo umano consuma circa un litro il minuto d’ossigeno a qualsiasi profondità, mentre la ventilazione in superficie è di circa 20 litri il minuto ed aumenta in ragione d’altri 20 litri ogni 10metri di profondità, ventiliamo quindi decine di litri il minuto per fornire all’organismo un solo litro al minuto d’ossigeno.
Grande è anche il vantaggio termico di questi apparati, il gas che ventiliamo è riscaldato ed umidificato sia dal nostro organismo, sia dalla reazione dell’assorbente della CO2, la calce sodata, che produce calore ed umidità, mentre il gas inalato da un Circuito aperto è secco e raffreddato dall’espansione: potremo così indossare una muta umida in luogo di una stagna oppure una muta umida più leggera. Questo vantaggio assume importanza ancor più rilevante con l’impiego di miscele non narcotizzanti, a causa della presenza dell Elio, che è grande conduttore termico .
Ventilare un gas umidificato, inoltre, evita il fastidio di avere la “gola secca”, ma comporta anche un vantaggio per quanto riguarda gli scambi gassosi in fase decompressiva al livello polmonare: sappiamo quanto sia importante l’idratazione da questo punto di vista!
Per quanto riguarda l’assetto c’è da dire che il ridotto volume delle bombole comporta variazioni di peso molto limitate in funzione del fatto che siano cariche o scariche.
Quando si parla di Rebreathers si è portati ad immaginare una macchina complessa, frutto delle più moderne tecnologie: senz’altro gli apparati d’oggi sono altamente perfezionati e più complessi dei loro predecessori, ma il Rebreather non è un’invenzione dell’ultim’ora, bensì una macchina il cui principio di funzionamento è ben noto ed anche datato: basta ricordare gli ARO della Guerra e delle prime didattiche della subacquea, anche quelli sono Rebreathers, sono a circuito chiuso ed ossigeno puro: semplicissimi, leggeri., ma con una forte limitazione nella profondità massima a causa della tossicità dell’O2, l’iperossia. Per aumentare,quindi, la profondità è necessario diluire l’ossigeno con del gas inerte.
Per quanto riguarda l’eliminazione dell’anidride carbonica, il problema è stato risolto da decenni con il filtraggio attraverso una sostanza chimica denominata “Calce Sodata”, composto che, pur avendo subito imteressanti sviluppi, è rimasto sostanzialmente immutato.
In un Rebreather a miscela, quindi, il problema principale è il controllo dell’addizione d’ossigeno e della sua pressione parziale o della sua percentuale: i diversi sistemi adottati per controllarla hanno generato varie tipologie d’apparati.
Le tecniche di controllo dell’addizione d’ossigeno sono state sviluppate secondo due strade fondamentalmente diverse: i sistemi a circuito semichiuso e quelli a circuito chiuso.
Nei Rebreathers a circuito semichiuso (SCCR Semi Closed Circuit Rebreathers) l’addizione d’ossigeno è legata al rinnovo della miscela presente nel circuito; esistono due diversi modi per rinnovare la miscela: uno, detto ad addizione attiva, si basa sull’iniezione continua di una massa di gas costante nel tempo (CMF-Continous Mass Flow), l’altro, detto ad alimentazione passiva, scarica nell’ambiente esterno una frazione del gas espirato che è sostituito da gas “fresco” tramite un sistema d’erogazione a domanda.
SCR -CMF ad “Alimentazione attiva”
Questi apparati impiegano una o più bombole di gas premiscelato, ovviamente con l’aumentare della MOD (massima profondità operativa prevista) dovremo caricare le bombole con una percentuale d’O2 minore. Una volta scelta la miscela, l’impostazione del flusso dipende dalla percentuale d’O2 presente nella bombola e non varia con la profondità.
La percentuale d’O2 presente nel circuito, cioè quella presente nel gas che inspiriamo è ovviamente, minore di quella della bombola, a causa del “prelievo” d’ossigeno da parte del metabolismo e diminuisce con l’aumentare del consumo metabolico, pertanto il flusso è impostato anche in funzione del massimo consumo fisiologico d’O2 (detto: VO2).
La VO2 massima prevedibile è nell’ ordine dei 2-2,5 lt/min e si calcola mediante apposita formula o tabelle, in modo da garantire una percentuale d’O2 “normossica” in superficie, ove la PpO2 è minima.
Percentuali minori d’O2 nella bombola richiedono, comunque flussi maggiori, pertanto l’autonomia dei SCR, che dipende dalla percentuale d’O2 nella bombola, diminuisce con l’aumentare della profondità.
Di seguito è riportata una tabella a scopo illustrativo, i “settaggi” vanno comunque eseguiti secondo istruzioni del costruttore.
Ciò che risulta subito evidente è il netto vantaggio rispetto al circuito aperto, basti pensare che il consumo per miscele Trimix d’alto fondale è nell’ordine dei 25 lt/min.
I litri/min sono relativi al volume che avrebbero in superficie, pertanto il volume espulso in profondità ed il relativo rumore è ridotto proporzionalmente con la pressione assoluta, in questo caso i litri esprimono indirettamente una massa e sono detti “normal/litro”.
EANx |
MOD mt |
Flusso relativo a VO2= 2 lt/min |
Flusso relativo a VO2= 2,5 lt/min |
60 |
18 |
4 |
5 |
50 |
23 |
5,3 |
6,7 |
40 |
30 |
8 |
10 |
32 |
40 |
13,3 |
16,6 |
SCCR-CMF Semiclosed Circuit Rebreather- Constant Mass Flow
Rebreather a circuito semichiuso a flusso costante – Alimentazione attiva
I primi sistemi a circuito semichiuso ad alimentazione attiva risalgono addirittura al 1914, quando la ditta tedesca Draeger realizzò i primi modelli di scafandro autonomo nei quali l’addizione d’ossigeno era controllata da un flusso costante.
La Draeger è sempre stata il “Leader” per quanto riguarda la tecnologia degli apparati a flusso costante cosa che ha portato alla realizzazione, nel 1969, del “FGT 1-D”, un apparato utilizzato per l’inertizzazione delle mine subacquee, ancora in uso presso le Marine militari che hanno aderito al patto NATO.
Sono stati prodotti molti rebreathers Semichiusi a flusso costante per il mercato amatoriale, come ad esempio il “Dolphin” della Draeger , l’Azimuth e l’Azimuth A.F. per immersioni in Trimix dell’italiana O.M.G.
Draeger “Atlantis”, denominato, poi, “Dolphin” | L’Azimuth, dell’italiana O.M.G. | “Azimuth Alto Fondale” a doppio flusso, con Bombola Trimix e bombola Nitrox |
Quelli ad alimentazione passiva sono stati realizzati dal famoso G.E.R.S. nell’immediato dopoguerra, anche in questo caso, il semichiuso ad addizione passiva, “DC55” (1955), sempre utilizzato per lo “sminamento” è ancora in uso presso la Marina Nazionale Francese.
Negli Stati Uniti è molto diffuso il Rebreather ad addizione passiva “Halcyon 80”.
SCR-Addizione Passiva- Sistema proporzionale
L’alimentazione passiva si attua scaricando all’esterno una frazione della miscela ventilata ad ogni atto respiratorio, che è poi “rimpiazzata” dal sistema automatico d’erogazione. In questo modo l’ossigeno consumato è fornito dalla miscela “fresca”.
La modalità con la quale si scarica la porzione di miscela all’esterno, caratterizza i diversi apparati di questo tipo.
Sistema a rapporto fisso
E’ il sistema più semplice. Una percentuale fissa, del volume ventilato viene espulsa da un sistema composto da due sacchi polmone, dei quali uno è più piccolo: quando inspiriamo il sacco più grande si gonfia comprimendo quello più piccolo, che scarica il suo contenuto all’esterno, tramite una valvola di surpressione. Il rapporto di volume dei due sacchi è uguale alla percentuale da scaricare (venting).
Con questo sistema, l’autonomia si calcola come un circuito aperto, ma moltiplicata dal rapporto di “venting”, pertanto se la percentuale scaricata è 1/12, l’autonomia sarà 12 volte maggiore. Inoltre con l’aumentare della profondità, la composizione della miscela in circolo tende ad avvicinarsi a quella delle bombole.
Il maggior consumo in profondità, però, dal punto di vista dell’autonomia, rappresenta uno spreco inutile di gas, pertanto si cerca di correlare il rapporto tra i due sacchi con la profondità.
Questo tipo di apparati, rispetto a quelli a flusso costante, hanno il vantaggio di fornire una percentuale di O2 nella miscela, più stabile, in quanto il rinnovo della miscela, dipende dal volume ventilato. Inoltre, volume ventilato e consumo metabolico d’ossigeno sono legati proporzionalmente da un coefficiente che ha limitate variazioni, infatti il rapporto tra consumo metabolico d’O2 e volume ventilato, RMV/VO2, è compreso tra 0.035 a 0.055, mentre il consumo metabolico d’ossigeno varia tra 0.3 lt/min a 2.5-3 lt/min.
Altro limite di questo sistema è che non è possibile, come per i SCR-CMF, adattare il flusso alla miscela, in quanto, una volta costruiti i sacchi polmone in funzione di una certa percentuale d’O2 nella bombola, possiamo solo impiegare miscele con percentuali d’ossigeno maggiori, con conseguente “spreco” di gas.
Alimentazione passiva Fase d’inspirazione |
Alimentazione Passiva Fase d’espirazione |
Halcyon 80
Nel 1969 Kanwiser e Stark realizzano il primo Rebreather a circuito chiuso e controllo elettronico (CCR- Closed Circuit Rebreather).
In questi apparati l’ossigeno consumato è immesso mediante un controllo elettronico: alcuni sensori (in genere tre) leggono la pressione parziale d’ossigeno, quando questa scende sotto il valore prescelto, l’elettronica comanda un’elettrovalvola che immette l’ossigeno nel circuito. La logica di questi apparti risponde perfettamente all’esigenze della respirazione subacquea: hanno il massimo dell’efficienza gassosa, in quanto il consumo è esattamente quello metabolico e si comportano come “macchine miscelatrici” in quanto mantengono costante la pressione parziale d’ossigeno nella miscela respiratoria a qualsiasi profondità variandone la percentuale. Massimo è anche il vantaggio dal punto di vista della decompressione, infatti, questi apparati forniscono il massimo della percentuale d’ossigeno che l’organismo può tollerare alle varie profondità, quindi il minimo della percentuale d’inerte.
Anche in decompressione avremo il grande vantaggio di poter disporre di una miscela che è progressivamente arricchita d’ossigeno, con notevole risparmio in termini di tempo.
CCR-Closed Circuit Rebreather Rebreather a circuito chiuso e controllo elettronico |
Electrolung |
Dal 1995 circa sono comparsi sul mercato diversi Rebreather dedicati all’immersione ricreativa e scientifica, in particolare Rebreathers a circuito semichiuso -SCCR, rappresentano un’ottima soluzione per economia d’acquisto ed esercizio e relativa facilità d’uso: un’ottima scelta per avvicinarsi a quest’affascinante tecnica d’immersione.
Molti sono anche i Rebreather a CCR a circuito chiuso e controllo elettronico: dagli U.S.A. possiamo citare ad esempio il “CIS Lunar”, il “Prism Topaz”, il “CCR2000” ed il “Megalodon”, mentre dal Regno Unito il “Buddy Inspiration” che é il più diffuso, essendo stato venduto in oltre 2000 esemplari. In Italia è prossima la presentazione dell’O.M.G. “Nemesis”.
I CCR sono più costosi e richiedono maggiore addestramento, com’è normale per apparati che offrono prestazioni al “top”.
“Buddy Inspiration” | “Prism Topaz” | CCR 2000 |
Ormai sono molte le didattiche che offrono “Corsi Rebreathers” e gli apparati, soprattutto
quelli semichiusi a flusso costante, sono assolutamente affidabili e collaudati: direi che non c’è motivo per non godere dei vantaggi che offre l’immersione con i rebreathers e, soprattutto, della sensazione di far parte del mondo sottomarino.
Ringraziando Fabio per l’articolo e per maggiori informazioni sui Rebreather vi invitiamo a visitare il suo sito:
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