La penisola della Baja è lunga circa 1.200 km, come l’Italia. A Ovest è bagnata dal Pacifico, a Est dal mar di Cortes, la faglia di Sant’Andrea che separandosi nel corso di 25 milioni di anni ha formato il profondo Golfo di California.
Due ambienti marini completamente diversi per salinità, temperature, escursioni di marea e conformazione. Temperatura dell’acqua compresa tra i 19 e i 21 gradi nell’Oceano, 36‰ di salinità contro i 38‰ medi del Mediterraneo, leggere escursioni di marea, moto ondoso pressochè costante, basse coste sabbiose, assenza di corallo.
Nel mar di Cortes troviamo invece 21-31 gradi di temperatura dell’acqua marina (!), 35‰ di salinità, escusioni di marea fino a 7 metri nell’estremo Nord del golfo, spiagge e coste rocciose, l’unica barriera corallina del Pacifico Boreale e fondali misti che ospitano 900 specie catalogate contro le circa 750 del Mediterraneo.
Sono almeno sette gli spot di immersioni che considero imperdibili, tutti concentrati a Sud, ma è davvero difficile per le distanze tra loro poter riuscire a vederli tutti durante lo stesso viaggio, questo anche a causa delle diverse epoche dell’anno che li rendono preferibili.
Un viaggio a parte meriterebbe poi l’Arcipeago di Revillagigedo, meglio conosciuto per Socorro, la sua isola principale. Questo arcipelago di 4 isole distanti 500 km dalla punta estrema della lunga penisola messicana rappresenta assieme alle Galapagos, all’isola costarichense del Cocco e a quella colombiana di Malpelo uno dei quattro areali pelagici migliori al mondo per l’avvistamento della megafauna marina. Parleremo di questa avvincente crociera liveaboard in un altro articolo.
La nostra prima immersione in Baja inizia nel Pacifico, fuori l’immensa Bahia Magdalena. Nel 2016 leggo in un bollettino che l’Istituto Nazionale messicano di Antropolgia e Storia aveva ricevuto la segnalazione di un relitto affiorante dal fondo a 15 metri di profondità a ponente di Isla Margarita. Chiamo subito un amico a Puerto San Carlos. Lui coltiva ostriche e porta i turisti a vedere le balene. Mi dice che si tratta di una notizia fresca fresca e che si tratta di un sottomarino. Con grande sorpresa di tutti si tratta di un sottomarino di oltre 100 anni, l’USS H-1, che al termine della II guerra mondiale ritornava nell’arsenale a San Diego. Costruito nel 1909, il piccolo Seawolf di 40 metri di lunghezza, nell’inverno di 99 anni fa, dopo aver attraversato il canale di Panama, si sta dirigendo verso Nord a poca distanza dalle coste del Pacifico messicano. Una tormenta lo sorprende al largo della Baja California e il comandante, dopo averne perso il controllo, ordina all’equipaggio l’abbandono della nave. Di 25 marinai solo 20 raggiunsero la spiaggia.
Oggi il Seawolf appare coricato sul lato sinistro sul suo candido letto di sabbia, pressochè intatto dalla torretta a poppa, aperto per tutto il resto. Un’immersione facile e affascinante: ci sono ancora siluri, munizioni e un’infinita di dettagli del ponte di comando e degli interni che l’oceano ha miracolosamente risparmiato per un secolo. Il moto ondoso lo ha mantenuto coperto di sabbia per decenni e la struttura si è conservata bene senza andare in pezzi.
Qui sul Pacifico non c’è molto altro da vedere, raggiungiamo quindi l’estremo Sud e arriviamo a Finisterra, come chiamarono la punta meridionale della penisola i cartografi spagnoli del XVI secolo.
Qui, sotto gli imponenti faraglioni di granito che costituiscono l’ultimo lembo di terra dalla California e formano il celebre arco naturale di San Lucas, su un fondo sabbioso di 30 metri giacciono i pezzi del cargo tedesco Lundemberg che nel 1954 stava trasportando gesso dal mar di Cortes alla California. Tra essi “volteggiano” i Leoni marini di una piccola colonia stanziale situata sotto uno dei torrioni di roccia. Ma si osservano anche grandi branchi di Pagri, uno Sparide molto diffuso in Baja sotto diverse specie, Pesci angelo, Pesci chirurgo, aragoste, Mante giganti, Mobule, più a fondo grossi Dentici e con un pò di fortuna anche Squali pinna bianca, Martelli. Finisterra divide geograficamente il mar di Cortes dal Pacifico, troviamo quindi pesci di barriera assieme a specie pelagiche. C’è anche una grotta. A soli 1000 metri dall’ultimo faraglione il fondo scende ripidamente fino a -600, conosco chi ha visto anche rari Squali vacca di fondale e Pesci remo sui 5 metri, una specie abissale nastriforme, ma anche Megattere e Orche a caccia di Leoni marini…
Ma la vera attrazione del sito sono le famose “Cascadas de arena”. Il moto ondoso del Pacifico accumula sabbia sulla spiaggia dell’Amore, un bellissimo arenile dorato lambito contemporaneamente dall’Oceano a Occidente e dal mar di Cortes ad Oriente. Le correnti e il vento trasportano e accumulano lentamente la sabbia verso Est e come in una clessidra, scivolando lungo la parete rocciosa verticale che precipita verso il fondo, milioni di granelli di sabbia creano il bellissimo effetto ottico. Sembra di osservare cascate di acqua al rallentatore, un fenomeno che è difficile catturare con un video data la vastità della parete, il numero di rivoli e la visibilità non sempre ottimale.
Per vedere il terzo sito si percorrono appena 10 km in auto oppure 7 miglia in mare. Gli scogli affioranti di Bahia Chileno sono circondati verso il mare aperto da un fondale di appena 18 metri, senza troppi colori, dove però sott’acqua c’è sempre grande attività. Decine e decine di specie costiere mordono incessantemente rocce e coralli con un crepitio nettamente più forte che altrove. Frantumando la scogliera con i loro denti puliscono il corallo dalle alghe e creano con i lorobaja california rifiuti finissima sabbia bianca. D’estate qui si aggirano spesso grosse tartarughe e cernie vicino il metro, d’inverno lungo il tragitto è difficile non scorgere Megattere o non sentire il canto dei maschi sott’acqua. Una bella immersione.
Andiamo poi a Gordo Banks, meta ambita di molti divers che tornano spesso delusi. Dieci miglia fuori Marina Los Cabos, da un fondo di 150 metri si ergono due secche che arrivano a circa 30 metri dalla superficie. La visibilità è variabile, anche da un giorno all’altro, la corrente spesso forte, scomoda e stancante, soprattutto se si vuole rimanere in vista di branchi di Martelli, tonni, veri stormi di centinaia di Diavoli di mare e poi ancora Marlin, grossi Wahoo (uno Sgombride oceanico apprezzato per la carne saporita), Ricciole, Dorados (le bellissime Lampughe oceaniche dai riflessi sgargianti) e altro ancora. Un’immersione piuttosto statica e impegnativa, riservata a esperti divers che non rischiano di disorientersi e perdersi nel blu e possono eventualmente ritornare in sicurezza in superficie da soli, da effettuarsi preferibilmente per le maggiori probabilità di buone condizioni e visibilità solo tra maggio e dicembre, quando la secca promette belle emozioni. Va anche considerato che tutti gli operatori richiedono almeno un corso avanzato e una precedente immersione con loro per portarvi a Gordo Bank.
Da qui ci spostiamo fino a Cabo Pulmo, posto esattamente sui 23 gradi di latitudine Nord del Tropico del Cancro, a due ore di piacevole guida da San Jose del Cabo, dove sorge l’unica barriera corallina del Pacifico Settentrionale. Un luogo ameno, desolato, ma al tempo stesso incantevole, che si raggiunge dopo 10 km finali di bellissimo sterrato roccioso che possono mettere a dura prova un veicolo normale. Cabo Pulmo tra gennaio e aprile può deludere spesso per le condizioni molto variabili di visibilità che possono cambiare radicalmente nel giro di pochissime ore riducendola anche a soli 5 metri a causa di nubi di plancton o di una finissima sospensione causata da correnti marine da Nord che non sempre coincidono con i flussi prevedibili di marea.
Uno studio pubblicato nel 2011 da National Geographic sosteneva che questa barriera corallina, esplorata per la prima volta dal Comandante Cousteau, andava considerata come la migliore al mondo per stato di conservazione, taglia media dei pesci e numero di specie residenti. Sono infatti diverse centinaia e comprendono rettili, echinodermi, spugne, pesci, molluschi, crostacei e cetacei. Tra le pagine dell’articolo mi sorprese la foto di un minuscolo diver in presenza di un branco di centinaia di grossi carangidi, foto ormai divenuta celebre, replicata da tutti i divers che visitano il parco data la presenza quasi costante di questi grandi branchi. Di questa enorme biodiversità fanno parte anche 6 specie di squali, tra cui Tigre e grossi Toro di oltre 3 metri (Squali leuca, il Carcharhinus leucas, o zambesi, o Bull shark come appunto chiamato negli USA, da non confondere con il Carcharias taurus che non vive invece nel Pacifico Orientale). Qui non troverete i colori del mar Rosso, ma tanti pesci come a Cabo Pulmo io non ne ho visti su nessuna altra barriera corallina del mondo. E tra gennaio e aprile è possibile incontrare anche Megattere e Orche.
Ora andiamo a La Paz, la piccola e ridente capitale dello Stato. La baia di La Paz è conosciuta soprattutto per la presenza tra ottobre e maggio di enormi Squali balena che qui orbitano per cibarsi di plancton e di grosse meduse Palla di cannone che ingoiano come fossero un Pac Man (Stomolophus meleagris). I divers più accaniti farebbero bene a rinunciare per una mattinata a indossare le bombole per non perdere questa indimenticabile esperienza da vivere solo con maschera e pinne: squali compresi tra i 4 e gli 8 metri si aggirano lentamente su un fondo sabbioso di 4 – 6 metri in condizioni ottimali per fotografie e video.
Da La Paz salpiamo con un inglese che vive qui da 20 anni. Raggiungiamo prima il relitto del traghetto passeggeri bielica “Salvatierra”, costruito nel 1942 negli Stati Uniti per trasportare armi e soldati durante la guerra, oggi adagiato a circa 18 metri di profondità al largo del promontorio a Nord/Est della baia. Un ferry lungo 90 metri e largo 15, con eliche esposte da 2 metri di diametro, circondato da carri cisterna e casse piene ancora di chissà che cosa.
Nel giugno del 1975, mentre attraversa il canale che divide la baia dall’Isola di Espiritu Santo, una falla improvvisa a bordo ne obbliga l’abbandono con tutto il suo carico. Una targa sulla coperta commemora quel giorno, ricordando il Capitano Rogelio Efraín González Arreola detto “El Pistola”, chissà se a causa della sua cattiva attenzione durante la navigazione, un pensiero che mi fa sorridere sott’acqua e che farà sorridere tutti i divers milanesi… Oggi il Salvatierra abbonda di branchi di pargo, cernie, murene, coralli, stelle marine, conchiglie e cavallucci marini. Un progetto della facoltà di biologia marina sta trapiantando proprio qui del corallo con buoni risultati di attecchimento. Qui ho visto anche Squali martello aggirarsi lentamente. Una tragedia che il mare ha trasformato in meraviglia.
Proseguiamo con El Bajo, una secca pelagica di 20 metri a 6 miglia da Isla Partida. Squali martello, Mante giganti, delfini, Marlin, una volta anche un branco di 30-40 Globicefali. Un’altra volta lungo il tragitto anche una branco di Capodogli, inconfondibili da lontano per il caratteristico soffio obliquo. Un mare intatto, che non conosce ancora impatto umano e presenza massiccia di divers. I gruppi raramente raggiungono le 10 persone totali e spesso la barca con cui si salpa è l’unica sul punto di discesa.
Chiudiamo alla grande con la perla del mar di Cortes: Isla Espiritu Santo, praticamente il motivo per cui vivo qui, il luogo che mi fece innamorare della Baja California. Qui, rocce di granito e pomice rosa si tuffano in una mare color smeraldo di rara trasparenza. L’isola, patrimonio UNESCO, comprende la colonia di Leoni marini più grande di tutto il golfo, sono circa 400 gli esemplari che vivono su El Islote, un grosso scoglio di basalto rossiccio che si erge da 30 metri di fondale corallifero con le cime ricoperte di candido guano come fossero innevate. Mentre vi immergerete tra coralli duri e morbidi di vari colori e un’infinità di pesci e stelle marine tropicali, simpaticissimi Leoni marini si intratterranno con voi mordendo le vostre pinne e scrutandovi curiosamente dentro la maschera. Giocherelloni come cagnolini, qualcuno cercherà anche le vostre carezze. Un’esperienza unica e gioiosa, una relazione naturale e spontanea senza danni per nessuno.
Usciamo dall’acqua dopo queste 8 bellissime immersioni con gli occhi pieni di ricordi e il cuore che batte per aver visto con i nostri occhi che qui, malgrado tutto, il mare è ancora vivo.
Il corallo della Baja non conosce ancora fenomeni di bleaching, la vita marina ignora la presenza umana, ove non la cerca per relazionarsi, e i fondali a detta di molti studiosi sono rimasti invariati per migliaia di anni. Progetti lungimiranti di protezione stanno blindando questi meravigliosi siti rendendoli inalterabili grazie all’imposizione di numeri massimi di accesso per i visitatori giornalieri, pagamento obbligatorio di diritti di ingresso che vengono investiti nella salvaguardia, obbligo di giubbotti galleggianti per gli snorkelers, uso di creme solari biodegradabili, divieti di pesca, monitoraggio di Guardiacosta, trapianti di corallo e studi ambientali costanti.
La Baja sott’acqua è sconosciuta alla maggior parte dei divers di tutto il mondo, ma va considerata a pieno titolo come uno dei luoghi rimasti miracolosamente meglio conservati al mondo. Una mondo sommerso armonioso e in equilibrio, meta ambita per pochi, costosa, con condizioni diverse nell’arco dell’anno, che richiede al diver esperienza tecnica e sulla quale esiste ancora poca documentazione fotografica e scarsa letteratura scientifica.
Meglio visitarla d’estate, soprattutto tra ottobre e novembre, quando scendere nelle acque tiepide e limpide del mar di Cortes che ancora sfioreranno i 27-28 gradi vi darà l’impressione di immergervi in un immenso acquario tropicale, come lo battezzò Jacques Cousteau che per primo filmò i suoi fondali nel 1974 rimanendo sbalordito dalla incredibile biodiversità.