«Non c’è più tempo». Lo ribadisce Paola Rivaro, oceanografa, professore associato di chimica all’Università di Genova, da 25 anni impegnata a studiare i mutamenti climatici in campagne scientifiche che indagano ciò che avviene in Antartide.
«Lo ha detto Luca Mercalli, lo ha detto Greta che con la sua caparbietà e la sua voce fresca ha smosso più di quanto siamo riusciti a fare noi scienziati, che da anni diciamo che la situazione è critica. Non so poi se i politici la ascolteranno ma è così, lo confermo…».
Non c’è più tempo significa che entro un decennio o poco più la terra potrebbe arrivare al «punto di non ritorno», a un mutamento tanto profondo da innescare meccanismi irreversibili.
Greta lo ha capito, i ragazzi di tutto il mondo lo hanno capito, ma chi sta nella «stanza dei bottoni» se ne frega.
Il problema è sempre il solito: i soldi, le grandi lobby economiche che fanno affari con un patrimonio di tutti, l’ambiente, e che si giocano ai dadi il futuro del pianeta.
Ambiente e salute, perché non bisogna mai dimenticare che il binomio è inscindibile. Come per la famigerata plastica che è tutta intorno a noi, basta chiudere gli occhi e pensare a quanti sono gli oggetti che ogni giorno utilizziamo (la stessa tastiera del computer su cui scriviamo queste righe, paradossalmente). Plastica che finisce ovunque, finisce anche in mare e diventa sempre più minuta, inquina l’ambiente e al tempo stesso assorbe e concentra con perversa efficienza – secondo gli studi – gli inquinanti presenti nelle acque, particelle minuscole che entrano nei tessuti dei pesci e finisce, alla fine, nel piatto. Di tutti.
Il cambiamento climatico in corso
Nei mari antartici le risposte alle domande sul clima
Ma torniamo alla lettura della Rivaro che è scientifica, propria di chi lavora per trovare riscontri oggettivi, per leggere i mutamenti del clima e capire cosa succede e perché.
«Studiamo i mari antartici perché sono molto più freddi dell’Artico e creano correnti profonde che sono alla base delle grandi correnti oceaniche. Ciò che succede nell’Antartico avrà poi ripercussioni in tutti i mari: ogni cambiamento all’origine è un campanello di allarme. In particolare ci concentriamo sui cambiamenti negativi. Raccogliamo dati da circa trent’anni per cui oggi abbiamo trend su scale temporali abbastanza ampie da darci indicazioni su dove può andare il sistema».
Il cosa sta succedendo – si sa – è il riscaldamento globale. Negli ultimi 150 anni, dalla Rivoluzione Industriale in poi, la Terra si è riscaldata come non era mai successo.
Due le principali implicazioni indicate dalla scienziata: la (anche questa arcinota) acidificazione degli oceani legata all’assorbimento di eccessive quantità di CO2 (con morìa di coralli, per esempio, un ecosistema complesso che rappresenta un vera e propria culla della vita del pianeta) e la fusione dei ghiacci che porta a un ulteriore incremento delle temperature.
Con la fusione dei ghiacci si riversano in mare acque dolci, meno pesanti, che sprofondano meno e tendono quindi a galleggiare. Questo comporta un minore assorbimento di CO2, perché l’inabissamento è più breve – spiega la studiosa.
«Gli oceani sono un sistema naturale di difesa nei confronti dei gas serra, particolarmente nelle zone polari perché le acque fredde e poco salate possono intrappolare più gas. Ma se si riscaldano diminuisce anche la loro capacità di sottrarre gas all’atmosfera. Inoltre se si arricchiscono di acqua dolce sono meno dense, non sprofondano e questo significa che i gas serra rimarranno inabissati per un tempo minore».
Riassumendo: l’acqua più è fredda e più gas assorbe (sia O2 che CO2); se tende a scaldarsi, o a raffreddarsi meno, assorbe meno CO2 e l’effetto serra si enfatizza, provocando un ulteriore riscaldamento. Inoltre lo scioglimento dei ghiacci produce acqua dolce, che «galleggia» su quella salata più densa rendendo ancora meno efficace questo meccanismo e causando modifiche delle correnti oceaniche profonde. Il classico circolo vizioso.
Il cambiamento climatico in corso
Il «bilancio termico» e le correnti oceaniche
E siamo alla questione del «bilancio termico» il ruolo fondamentale di distribuzione del calore che le correnti oceaniche esercitano tra i continenti e che è alla base stessa della vita sulla terra, che altrimenti avrebbe zone torride (equatoriali) e zone gelide (poli) per il diverso irraggiamento solare. La circolazione delle acque che migrano dalle zone calde a quelle fredde redistribuendo il calore rende la Terra ospitale e vivibile.
Tra gli effetti del riscaldamento c’è infatti anche un rallentamento delle correnti che impiegano circa il doppio del tempo a percorrere la stessa distanza rispetto al passato.
Che significa che il meccanismo di distribuzione del calore è meno efficiente.
Peraltro l’Italia ha dismesso la nave laboratorio «Italica» utilizzata fino allo scorso anno per le missioni di studio e – dice la Rivaro – «siamo attualmente senza un mezzo adatto».
In tempi in cui gli sforzi per la conoscenza e la comprensione dei mutamenti che l’uomo sta causando (e che al tempo stesso lo minacciano) dovrebbero essere moltiplicati per individuare soluzioni ormai urgenti la ricerca è sempre più privata dei mezzi indispensabili per attuarla. Anche se lascia ben sperare il fatto che – a quanto rende noto la stessa Rivaro – pochi giorni fa «il ministero abbia finanziato un’altra domanda di un nostro progetto, per cui torneremo presto a solcare il Mare di Ross».
Sperando che ci sia il tempo per cambiare un modo di vivere in cui sembra tutto sbagliato, in conflitto con quel sistema più grande e complesso (e che ci piaccia o no dominante) che sono i meccanismi di vita del pianeta stesso e che – a quanto dicono gli studi – non ha più tempo da offrirci per i nostri capricci, i nostri errori, il nostro sciocco «egoismo».
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Foto Paola Rivaro – Programma Nazionale di Ricerca in Antartide
C’è poco da dire. È tempo di agire. Nel piccolo del quotidiano. Tutti insieme. Non rinunciando ma scegliendo consapevolmente strade alternative tutte le volte che è possibile. E guardando bene di occasioni ce ne sono tante e diverse. Forza! Ce la possiamo fare. #climatechange #onlyoneplanet #carethesea