Uno dei motivi che rende la fotografia così affascinante agli occhi del mondo è la sua versatilità, sia per una svariata tipologia di messaggi che possono essere comunicati, sia per la modalità con cui questi possono essere espressi.
La fotografia è arte, non c’è dubbio. Però non basta trovare il soggetto adatto e inquadrarlo correttamente. E neppure eseguire la foto rispettando tutti i dettami della tecnica. Ci vuole qualche cosa in più, l’abilità dello scatto accompagnato alla creatività, al sapere inventare una propria tecnica che dia vita agli elementi racchiusi nel fotogramma che altrimenti potrebbero sembrare banali.
“La fotografia”, diceva Ansel Adams, “è come una barzelletta, se la devi spiegare non è venuta bene”!
La fotografia è ormai riconosciuta a pieno diritto come linguaggio artistico ed è presente al fianco di pittura, scultura e video nelle grandi collezioni d’arte pubbliche e private.
La sua forza ed immediatezza comunicativa e la moderna evoluzione digitale ne hanno fatto la forma espressiva prediletta dagli artisti contemporanei. Sono state proprio le recenti conquiste tecniche a favorire il definitivo superamento del confine tra reale ed immaginario, liberando la fotografia dalla rappresentazione per diventare strumento di costruzioni di mondi fantastici e onirici.
Fondali immaginari ha come obiettivo l’esplorazione di questi territori analizzando la visione artistica, il contenuto e la composizione delle immagini, gli strumenti ed i procedimenti utilizzati, per raggiungere un maggior consapevolezza nell’utilizzo del mezzo fotografico e nell’osservazione di opere contemporanee.
Fondali immaginari è un progetto che nasce dall’esigenza di Adriano Penco di mettere ancora una volta la fotografia subacquea al servizio dell’arte pittorica terrestre.
Tecnica, cromatismi, semiotica, creatività, emozioni, tutte qualità già presenti nella cornice dei fotogrammi dell’autore, che vengono ripresi e reinterpretati dall’estro e dalla mano dotta di Aglaja, nome d’arte di Gabriella Corbo, affermata vignettista, illustratrice e pittrice ligure.
Fondali Immaginari è la nuova sfida che lanciano gli autori, a dimostrazione che l’ambiente marino può essere foriero di ricercate inquadrature, esportando le immagini, realizzate in tutti i mari del mondo, fuori dal contesto sommerso, o , meglio ancora , importando in quel contesto ciò ne è (dovrebbe essere) estraneo.
Ne segue che il percorso lungo 25 quadri, si snocciola in fantasiose visioni e improbabili incontri tra differenti soggetti che, nella realtà, si sono adattati a vivere chi in mare e chi in terra, ma che, nei quadri di Aglaja, si fondono valorizzando e catturando lo spirito e la luce della natura.
Anche se il digitale è acclamato come una rivoluzione della fotografia, gli artisti che svolgono la propria attività gravitano tra la “fotografia pura” e la “grafica pittorica”.
Ma che cosa è “l’arte digitale”? E’ semplicemente arte realizzata con strumenti messi a disposizione dalla tecnologia: la tela fa posto al monitor e ai supporti da stampa, il pennello cede il suo posto al mouse o alla pen tablet, i pixel vengono plasmati secondo l’estro dell’artista. In altre parole è la mente, il pensiero, la ricerca che creano l’opera, a prescindere dagli strumenti utilizzati. L’intento è sempre quello: realizzare un’opera che trasmetta un messaggio, un sogno, per vivere un po’ meglio.
Un’opera grafica digitale quale è Fondali immaginari risulta essere il frutto di uno studio e di un lavoro che ha radici profonde nell’arte che viene definita tradizionale. Per arrivare all’opera finita l’artista Aglaja ha interiorizzato profondamente i concetti e le immagini che Adriano Penco ha voluto esprimere, estrapolando le sovrastrutture che sente estranee al proprio pensiero.
Il soggetto poi viene privato di tutte le caratteristiche originali e “caricato” di nuovi valori, che si visualizzano attraverso colori, cambiamenti di prospettiva e diversi contorni. Queste operazioni danno all’opera un significato nuovo, diverso, innovativo: l’intento è appunto quello di suscitare emozioni.
La storia dell’arte dell’ultimo secolo fino agli anni ‘70, è marcatamente dominata dall’avvento delle tecnologie. La crescente espansione della rappresentazione digitale dell’immagine pone da qualche decennio al centro della ricerca artistica i rapporti tra arte e tecnica, ripristinando una tematica che ha lontanissime radici.
Perché la tecnica si trasformi in arte, intesa come attività creativa soggettiva ed originale, è necessaria infatti una profonda conoscenza del mezzo, non per stupire l’osservatore con “effetti speciali”, ma per favorire l’instaurarsi di nuovi processi comunicativi e culturali.
Raggiunto il traguardo prestabilito ecco cosa scrive Adriano Penco al proposito: “Mi sento lusingato e doppiamente soddisfatto. Lusingato perchè insieme ad una grande artista, quale è, abbiamo concluso la prima parte di un ambizioso progetto dal titolo “Fondali immaginari”, la rappresentazione pittorica, suddivisa in venticinque quadri, dell’ambiente marino interpretato in chiave onirica da Aglaja. Soddisfatto perché con le mie fotografie ho accompagnato l’immaginazione dell’ illustratrice ad esplorare gli abissi, trasferendo in lei le stesse emozioni da me provate. Soddisfatto perché, come da tempo sostengo, l’immagine sottomarina può aprire un ampio orizzonte di applicazione e sperimentazione, anche oltre i confini della comunità subacquea, e questo con un pizzico di innovazione: ne è la prova il caldo apprezzamento riscontrato anche tra un pubblico non di settore”
Ed ecco come Aglaja racconta la genesi del progetto “In occasione dell’inaugurazione della mia mostra “Come è profondo il mare” (in cui, per la prima volta usavo fondali e creature marine come scenario di improbabili storie immaginate), ho conosciuto Adriano Penco, straordinario fotogiornalista naturalista. Fu in quell’occasione che Adriano cominciò a parlarmi di un progetto che aveva in mente: dare una “seconda vita” alle incredibili immagini che il suo obiettivo aveva fissato negli abissi marini. Una vita dove alla realtà si affiancasse la fantasia, dove personaggi e situazioni surreali suggerissero un secondo sguardo, un’interpretazione alternativa a quella oggettiva. I quadri che aveva visto alla mia mostra gli confermavano che la fantasia che gli serviva era la mia. Così, in questi mesi, Adriano mi ha messo a disposizione il suo meraviglioso archivio: un tesoro da cui ho estratto 25 perle che ho reinventato in altrettanti quadri onirici. Poco alla volta, ho pubblicato sui social quanto stavo creando, affiancato alle fotografie originali di Adriano che stavano dietro a ogni immagine. Il successo è stato a dir poco lusinghiero. Adesso stiamo delineando la seconda parte di questa innovativa avventura…”