Autore: Fabio Matacchiera
NUOVA CLAMOROSA SCOPERTA ARCHEOLOGICA NELLE ACQUE DI TARANTO
MARZO 2005 , FABIO MATACCHIERA RINVIENE RARISSIME ANCORE BIZANTINE RISALENTI
AL X-XII SEC.d.C.
VIENE CONFERMATA LA TESI CIRCA LA PRESENZA DI UN VASCELLO BIZANTINO SUI FONDALI
IONICI
Le quattro ancore, rinvenute insieme ad altri oggetti che saranno meglio
studiati dagli esperti della Soprintendenza Archeologica della Puglia, facevano
parte del carico di una nave bizantina che è affondata nelle acque di Taranto.
La scoperta archeologica non ha finora precedenti analoghi nel nostro mare e
risulta di straordinaria valenza, dato che la similitudine con altri
ritrovamenti dello stesso tipo è riferibile a soli 2 casi in tutto il
Mediterraneo. La sua scoperta ha assunto notevole importanza grazie alle acute
intuizioni del Prof. Mario Lazzarini, noto archeologo subacqueo tarantino, che,
dopo aver esaminato foto e filmati di Fabio Matacchiera e dopo aver effettuato
studi in merito, ha rilevato con certezza la tipologia dei reperti rinvenuti e
la loro origine. Questo ha permesso di capire che il sito di rinvenimento
corrisponde a quello dell’affondamento di una nave del X – XII sec. d.C., i cui
resti si trovano sui fondali della litoranea salentina, sotto i reperti e nei
dintorni di essi.
foto Fabio Matacchiera
foto Fabio Matacchiera
foto Fabio Matacchiera
Nello specifico, la scoperta di Fabio Matacchiera riguarda 4 ancore a forma
di Y rovesciata adagiate sul fondale marino, una vicina all’altra, con due di
esse addirittura sovrapposte. Le 4 ancore erano quelle di riserva situate sulla
coperta della nave a cui appartenevano. Durante e dopo l’affondamento, queste
ancore di riserva, che erano, come consuetudine, legate e sistemate sulla
coperta della nave, sono rimaste vicine ed in parte sovrapposte, mantenendo
pressoché identica la posizione che avevano durante la navigazione. Con un po’
di riflessione e con le acute interpretazioni del prof. Lazzarini, si deduce che
le ancore non furono perse casualmente, magari per la rottura delle catene, dei
fusi o degli anelli che le assicuravano alla nave. Deve essersi verificato
qualcosa di più grave. Infatti, le ancore scoperte da Matacchiera sono troppo
vicine tra di loro per essere state buttate in mare volutamente allo scopo di
rallentare o fermare il movimento del natante. Inoltre, mancano i ceppi di ferro
che si infilavano nel foro superiore del fuso: questi infatti si mettevano in
opera solo al momento di usare l’ancora. E’ quindi probabile che fossero
custoditi separatamente in coperta. L’assenza dei ceppi ci fa comprendere che
quelle ancore sono finite in mare quando non erano operative. Di conseguenza,
non ci dovrebbero essere dubbi sul fatto che la nave che le trasportava sia
affondata con tutto il suo carico e che parti di essa giacciano ancora sotto le
ancore e nei dintorni.
ricostruzione grafica della nave bizantina di Taranto
La stranezza di queste ancore, così poco conosciute, consiste nella loro
particolare forma a Y rovesciata che differisce notevolmente da quella di tutte
le ancore più comuni rinvenute nel Mediterraneo. L’ancora ad Y venne utilizzata
da alcuni vascelli dal X al XIII sec. solo nel Mar Nero e nel Mediterraneo
orientale. Il non lungo periodo di utilizzo, la limitata area geografica di
diffusione e l’esiguo numero di ritrovamenti rende questo tipo di ancora poco
conosciuto anche dagli esperti ed estremamente interessante dal punto di vista
archeologico.
foto Fabio Matacchiera
ricostruzione della posizione delle ancore sui fondali
In passato, infatti, Matacchiera ha denunciato alla
Sovrintendenza Archeologica della Puglia la presenza di queste strane strutture,
ma in quella occasione, non fu intuita l’importanza della scoperta, sia per i
pochi elementi fino ad allora raccolti, sia per la rarità di reperti simili nel
Mediterraneo. Fino a due decadi fa, le ancore a Y rovesciata erano ancora
sconosciute e quando sono state trovate si è pensato che fossero di un tipo
usato dalla marineria mussulmana. Ora sappiamo, invece, che sono state usate
anche su navi bizantine. Il ritrovamento, che ha consentito di scoprire ciò,
riguarda la nave di Serçe Limani lungo la costa turca dell’Egeo, proprio di
fronte all’isola di Rodi. Quando la nave è affondata, forse agli inizi dell’XI
secolo della nostra era, trasportava 9 ancore di ferro. 5 erano di riserva,
fissate una sopra l’altra sulla coperta, le altre 4, invece, erano pronte sulla
prua della nave per essere utilizzate 2 a babordo e 2 a dritta.Le ancore di
Serçe Limani sono costituite da ferrodi tipo sottile e per compensare la loro
leggerezzaera pratica normale utilizzarne 2, 3 o anche 4 simultaneamente. Il
riferimento alla navebizantina di Serçe Limani è determinante perché ci fornisce
delle inequivocabili certezze sulla importanza e sulla originalità del
rinvenimento nel mare di Taranto. La nave dell’Egeo era un “due alberiâ€? della
lunghezza di 15 metri, della larghezza di 5,3 metri e con una capienza di carico
di circa 30 tonnellate.
La nave gemella ritrovata nell’Egeo con le ancore ad Y
rovesciata del tutto identiche a quelle ritrovate da Matacchiera
L’affondamento avvenne su un fondale sabbioso e, per questo,
buona parte del fasciame e del carico è potuto arrivare fino ai giorni nostri
per essere studiato, ricostruito e conservato gelosamente presso il Museo di
Archeologia Subacquea di Bodrum in Turchia. Il carico della nave conteneva anche
ciotole, anfore, pentole, reti, oggetti per la pesca, alcune monete d’oro e di
rame, una piccola quantità di monili, qualche anello d’argento, una spada, pezzi
di ricambio, utensili, attrezzi di carpenteria e di calafataggio.
Per info: |
Altri link sulla scoperta:
http://www.antennasud.it/index.php?action=open&id=notizie&op=vis&id_news=17115
(con filmato)
http://www.tarantoviva.it/rassegnastampagiulio/archeologia.wmv (con
filmato)
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