Pubblichiamo in due puntate il diario della fantastica esplorazione di una cava di gesso in Russia, la più grande grotta di gesso al mondo. Ci è piaciuto mantenere la forma del diario, ricca di citazioni e di emozioni di prima mano.
31 Gennaio
La partenza
Il meteo in Russia è piuttosto ripetitivo, inutile consultarlo più di tanto, più o meno neve più o meno freddo tutti i giorni.
Quando stringi in mano il biglietto aereo capisci che sei più vicino alla partenza, quella vera. Tra poche ore si sentirà il classico sfregolio delle regolazioni dell’aeromobile prima del rulaggio, poi il fiume Ticino si vedrà dal finestrino tagliare il suo Parco mentre gli occhi del Comandante sono già in direzione delle innevate Alpi.
Mosca sarà tappa di scalo in attesa del volo interno per Perm cui seguirà un bianco trasferimento vero Orda Cave Russia. A quel punto i miei occhi vedranno il fiume Kungur gelato, fermo, placido e il fiume di casa che mi lega alla compagine svizzera del team sarà solo uno Sguardo sul passato.
Fedor Dostoevskij nel 1864 scrisse il suo libro Memorie dal sottosuolo che, rileggendolo alla quotidianità, strizza proprio l’occhio alla nostra destinazione. La prima edizione italiana è del 1919, a un secolo di distanza sembra quasi essere una casualità che suona però come un tributo se pensato a questo viaggio: Exploro Orda Cave in collaborazione con Giò Sub e Lts.
La seconda parte del libro si intitola “A proposito della neve bagnata” e lì lo scrittore russo tra le sue pagine scrive “Io sono solo, e loro invece sono tutti”, ambivalente e legante per chi si appresta a visitare la più grande grotta al mondo di gesso.
1 febbraio
Luce bianca. L’arrivo in Russia
L’altoparlante in cabina gracchia le note procedure in caso di emergenza, poi la signorina dalla livrea blu e dal ricamo dorato di falce e martello alato dice ai passeggeri “State seduti mentre si compiono le operazioni di sgelamento dell’aeromobile” ordinaria amministrazione per lo scalo moscovita.
La pista di decollo e quelle di atterraggio sono separate da distese rettilinee di coltre grigiastra di neve spesse all’incirca cinquanta centimetri. Un braccio meccanico è arrivato in prossimità dell’ala e ha annebbiato la mia vista con una nuvola densa di schiuma anti congelamento. Le luci in cabina si sono spente. Arrivederci a Perm!
Verso le 8.30 siamo arrivati a Orda. Il buio ancora insisteva. Subito abbiamo iniziato a montare le attrezzature e verificare che tutto fosse a posto. Alla breve colazione è seguito il perlustramento della nostra zona che é terminato con la discesa alla grotta.
Il silenzio, il bianco candore dei cristalli di ghiaccio e il vento tagliente sul volto. Sullo sfondo il fiume ghiacciato dove qualche sporadico pescatore trivella al gelo per calare la propria lenza.
Ora di ritorno al mio alloggio mi dedico al riposo, tra un paio d’ore ci si prepara alla prima immersione.
1 febbraio
L’impatto con la spelonca
Quando Italo Calvino scrisse il suo memorabile volumetto Le Città Invisibili fece una perifrasi della Via della Seta per raccontare a Kublai Khan la vastità del suo impero e delle mille sfaccettature che caratterizzavano ciascuna città visitata, allora sí da un esploratore, Marco Polo. Quando si arriva al termine della lettura nella mente del lettore si insunua un dubbio, poi un immagine: che tutto questo peregrinare altro non fosse che la descrizione della città di Venezia?
Il primo spazio in cui si arriva non è una camera: è come essere a Piazza del Campo a Siena. Da subito la prospettiva cambia, la percezione di spazio è unica, ci si sente avvolti e partecipi di ciò in cui si è immersi.
Il volume d’acqua è enorme. Le pareti sono bianche, quasi da architettura razionalista anni Trenta. Si possono scegliere diverse vie da percorrere. Ciascuna porta a suggestioni diverse che alternano spazi grandi come cattedrali a passaggi sinuosi e intarsiati nella roccia.
Durante questa prima immersione abbiamo “esplorato” o meglio visitato i primi 500m lineari che dal punto di ingresso portano al sistema ramificata occidentale della grotta. Gli spazi che si alternano sono ancestrali, lenti, delicati e spiazzanti per il salto di scala visivo a cui sottopongono costantemente l’occhio del subacqueo. In certi punti le striature verticali della roccia sembrano disegnare delle canne d’organo alle pareti. Non è un azzardo pensare che questo sifone porti con sé una certa ritualità e senso di sacralità scandito dall’architettura stessa della roccia.
Filmavo, concentrato sul taglio fotografico e sulla sequenza che avrei voluto imprimere al carattere del luogo, poi d’improvviso la pressione spaziale a cui mi sono sentito sottoposto è completamente mutata. Avrei potuto essere sotto la cupola di San Pietro a Roma come sotto Agia Sophia a Istanbul tanta era la maestosità del momento.
Filmavo, poi per qualche istante ho spento i fari video. Di fronte a me, in lontananza vedevo i tre lumi dell’altro team, dietro di me la tenebra, candida.
D’improvviso ho acceso entrambi i fari puntandoli sulla parete alla mia destra. I cristalli di gesso brillavano, parevano impazzire per via degli elettroni che li avevano appena colpiti. Un istante al fulmicotone, come fosforo incandescente del flash di un reporter d’altri tempi.
1- continua