L’articolo pubblicato su “The Scuba News” del 16/3/2024 mi offre l’opportunità di riflettere sulla evoluzione dell’attrezzatura subacquea e della subacquea moderna in questi ultimi decenni e sulle recenti accelerazioni impresse al mercato.
Per semplicità esplicativa e con una certa elasticità mentale ho diviso la storia della subacquea in 4 aree cronologiche in modo da poter meglio comprenderne la crescita.
Evoluzione attrezzatura subacquea: prima fase – I tentativi
Fissare una data d’inizio delle attività umane finalizzate all’esplorazione delle profondità marine è un lavoro che lascio con piacere agli storici, anche perché non aggiungerebbe nulla al ragionamento che intendo approfondire.
Mi limiterò a dire che la prima fase della subacquea può ritenersi conclusa nel momento in cui le ricerche e le innovazioni tecniche hanno reso possibile muoversi nell’ambiente acquatico in maniera autonoma.
Le guerre, con il loro pesante fardello, sono anche acceleratori d’innovazioni tecniche e di metodologie operative.
Il 20° secolo, attraverso i due terribili conflitti mondiali, è stato protagonista delle ricerche e delle scoperte più rilevanti in ambito subacqueo che ancora oggi rappresentano i fondamentali delle immersioni moderne, militari e ricreative.
Gli studi di P. Bert sulla tossicità dell’ossigeno e di Haldane sulla decompressione, indispensabili per risolvere i problemi di sicurezza delle maestranze impiegate nelle costruzioni subacquee di strutture portanti, come per le sopraggiunte vicissitudini militari, motivarono le menti più brillanti a trovare soluzioni via via più azzardate che contribuirono a spingere i limiti dell’uomo sempre più avanti.
In questo contesto è difficile immaginare una subacquea per tutti perché le risorse necessarie a rendere certe azioni possibili, a costo di un altissimo e ancora incalcolabile rischio, non sono certo alla portata di tutti.
Seconda fase – La presa di coscienza
Il 1943 è una data importante per subacquea moderna perché per la prima volta si pensa ad attrezzature utilizzabili in autonomia, senza un’assistenza diretta dalla superficie, con un margine di sicurezza decisamente superiore rispetto ai precedenti sistemi ARO a circuito chiuso, impiegati in scenari di guerra.
In quell’anno Émile Gagnan, un ingegnere francese esperto nel trattamento dei gas ad alta pressione, e Jacques-Yves Cousteau, allora tenente della Marina francese, brevettarono un modello di erogatore subacqueo monostadio funzionante autonomamente che chiamarono Aqua-Lung, e che divenne il primo autorespiratore ad aria compressa prodotto per la distribuzione commerciale.
Da quel momento fino ai primi anni ’60 assistiamo ad un incremento della produzione generata dalla crescente richiesta di autorespiratori AR.
Il culmine di questa fase è da attribuire all’invenzione dell’erogatore doppio stadio ad opera dell’australiano Ted Eldred con il suo “Porpoise Regulator“.
La separazione in 2 distinti stadi fornisce all’erogatore subacqueo una maggiore praticità d’uso i cui principi sono arrivati quasi immutati fino ai giorni nostri.
In Italia la didattica subacquea e i necessari protocolli applicativi verranno sviluppati in seno all’allora Federazione Italiana Pesca Sportiva (in seguito integrata dalle Attività Subacquee) che riuscirà a raggiungere un sempre più alto numero di appassionati e professionisti attraverso la propria capillare presenza territoriale e rappresenterà il più importante, se non l’unico, mezzo per imparare ad immergersi, almeno fino ai primi anni ’80.
L’impronta abbastanza selettiva dell’addestramento mette allievi e candidati istruttori davanti a veri e propri test attitudinali e fisici non proprio banali, aprendo di fatto la porta ad una richiesta più amatoriale, necessaria per l’esplosione del settore che si vivrà negli anni ’90.
Terza fase – Si può fare!
La terza fase della moderna subacquea la collocherei tra la prima metà degli anni ’70 e la fine degli anni ’90 dove le attività ricreative vivono il loro massimo splendore a livello mondiale.
A partire da quegli anni le più importanti agenzie didattiche d’oltreoceano, fiutando gli aspetti più commerciali, offrono l’opportunità di acquisire i brevetti base in tempi rapidissimi e all’interno di strutture turistiche organizzate.
In questo periodo assistiamo all’esplosione delle mete più ambite dai subacquei di tutto il mondo come Sharm e il Mar Rosso, l’Oceano Indiano, le destinazioni caraibiche e tantissimi altri paradisi sommersi.
Il turismo subacqueo diventa un trend internazionale e le aziende produttrici, le didattiche, i diving e tutto l’indotto ne traggono il massimo beneficio.
Evoluzione attrezzatura subacquea: quarta Fase – Non ci ferma più nessuno
Il mercato subacqueo è ormai lanciato. All’apparenza sembra tutto già codificato, almeno entro i limiti delle immersioni ricreative.
Senonché il bisogno di spingere i propri orizzonti oltre le barriere che le profondità e le penetrazioni in ambienti ristretti e occlusi mettono davanti ai subacquei più ardimentosi trova uno spiraglio tra alcuni esploratori che devono necessariamente sviluppare ed applicare alcune metodologie per aumentare profondità, tempi d’immersione e sicurezza.
Negli anni ’90 nasce quella che viene definita oggi la subacquea tecnica e il mercato di colpo si risveglia, travolgendo tutti i player in gioco.
Con la fine della fase “pionieristica” assistiamo oggi ad una subacquea perfettamente integrata alle esigenze e alle capacità dell’amatore all’interno di una “zona di rispetto” che, con i giusti presupposti formativi, prestazionali e tecnici, soddisfa pienamente i praticanti di quasi tutte le età.
Non esito a chiamare questo “movimento” una vera e propria boccata di ossigeno al settore della didattica e a quello delle attrezzature dal momento che tutti gli attori, agenzie e produttori, dedicano o stanno dedicando sempre maggiore spazio alle immersioni tecniche.
Evoluzione e storia delle singole attrezzature subacquee
Proverò a fornire qualche spunto di riflessione analizzando i progressi registrati nella produzione e nell’uso delle seguenti attrezzature:
- Computer subacquei
- Maschere e pinne
- Mute in neoprene e in trilaminato
- Attrezzature subacquee per foto e video
- Equilibratori di assetto
- Erogatori subacquei
I computer subacquei
Con l’avvento delle tabelle decompressive la strada verso la realizzazione di uno strumento capace di mettere insieme le 3 principali variabili di una immersione, cioè tempo, profondità e assorbimento tissutale, si apre e progredisce rapidamente.
Tabelle, orologio subacqueo e profondimetro trovano un valido, quanto artigianale, supporto nel primo decompressimetro prodotto dalla italiana SOS (Strumenti Ottici Subacquei) e commercializzato a partire dal 1959.
La vera rivoluzione, il definitivo passo in avanti nella strumentazione subacquea arriva con l’avvento dell’industria elettronica dei microchip e della tecnologia digitale, indiscussi protagonisti dei moderni computer subacquei.
In questo modo sono state integrate nuove funzioni come la bussola digitale, ad esempio, o la lettura del gas residuo nella bombola.
L’evoluzione e l’affidabilità del calcolo è strettamente legata agli “algoritmi”, in pratica una sequenza d’istruzioni prestabilite che, partendo dai dati rilevati durante l’immersione come la profondità, il tempo e la riserva di gas respiratorio, impostano il piano decompressivo.
Gli algoritmi più diffusi, perché scelti dai principali produttori di computer subacquei sono:
- ZHL-16 (e tutte le sue evoluzioni) del Dott. Bühlmann
- RGBM dell’ingegnere americano Bruce R. Wienke
Pur seguendo logiche concettuali diverse (saturazione dei comparti tissutali il primo e controllo delle dimensioni delle microbolle esistenti nel normale circolo sanguigno il secondo) i 2 algoritmi sono oggetto di numerosi studi e test continui che ovviamente potranno ulteriormente favorire l’affidabilità e la sicurezza del subacqueo.
I computer subacquei più recenti sono diventati dei veri e propri “smart watch” utilizzabili quotidianamente nel tempo libero, anche al di fuori delle immersioni.
Tra le funzioni più innovative menzionerei senz’altro il rilevamento della frequenza cardiaca e il GPS, oltre alla possibilità di monitorare tantissime altre attività sportive.
Le maschere e le pinne
Le maschere e le pinne hanno raggiunto il loro punto di svolta nei confronti della subacquea moderna con l’introduzione della gomma nei processi industriali, grazie soprattutto all’ingegno di Luigi Ferraro, incursore della Regia Marina, distintosi non solo per le gesta militari ma anche per la sua attività formativa e imprenditoriale.
Forte dell’amicizia con Egidio Cressi e delle innovative tecniche di stampa della gomma il comandante Ferraro nel 1952 pensa e disegna la famosa “Pinocchio” che apre le porte alle moderne maschere perché risolve un fastidioso problema, quello di poterle compensare.
Le sue esperienze militari lo porteranno anche a sviluppare la pinna Rondine e il suo ingegno non si fermerà qui, come vedremo più avanti.
L’introduzione del silicone, in sostituzione della gomma, ha notevolmente aumentato la resistenza della maschera e la sua tenuta, rendendola più morbida e più performante. Inoltre sono sempre più diffuse maschere dotate di lenti graduate adatte a correggere qualunque tipo di problema visivo.
Una menzione vorrei riservarla ad una icona della subacquea tecnica: le pinne JetFin. Probabilmente pochi sono a conoscenza del fatto che il primo a disegnarla e a realizzarla fu Georges Beuchat nel 1964.
Il progetto JetFin di Scubapro è successivo a quello di Beuchat che, pur riprendendone alcune caratteristiche, ne migliorò manovrabilità e comfort.
Oggi sono molti i produttori che ripropongono design e caratteristiche delle JetFin che, ad oggi, rimangono le migliori pinne da “bombolaro” perché in grado di imprimere potenza nella spinta e mantenere alta la manovrabilità.
Le mute subacquee
Dal grasso animale, alle prime mute subacquee rudimentali ricavate dalla vulcanizzazione delle camere d’aria degli pneumatici fino all’invenzione del neoprene e quindi al trilaminato il passo è stato enorme, anche se raggiunto in un arco di tempo relativamente breve.
Anche in questo caso le esigenze belliche dello scorso millennio hanno impresso una importante accelerazione verso l’innovazione e l’industrializzazione delle tecniche e delle esperienze per esplorare le profondità marine, tra queste la necessità di proteggere il corpo del sommozzatore dalla dispersione termica.
Per l’incursore, come per il subacqueo moderno, era necessario trovare un indumento che conservasse il calore del corpo, che fosse leggero e che non ostacolasse i movimenti.
Il neoprene, una gomma sintetica inventata intorno agli anni ’30, ha una importante capacità coibentante che, abbinata alla sua elasticità e resistenza, ne hanno fatto un materiale utilizzato nella realizzazione di mute ad uso subacqueo già a partire dal 1952, grazie al fisico americano Hugh Bradner (uno dei tecnici del progetto “Manhattan” a Los Alamos nel 1943).
Non passò molto tempo che anche in altri sport acquatici, come il surf, il neoprene diventò famosissimo grazie ai fratelli Bill e Bob Meistrell, fondatori della famosissima Body Glove, e a Jack O’Neill, titolare dell’omonimo brand e produttore di tavole da surf.
Il nostro L. Ferraro riesce anche in questo caso ad inventarsi una macchina, unica al mondo, capace di accoppiare la fodera di nylon al neoprene, favorendone così la vestizione.
Ad oggi i più importanti produttori di neoprene, per qualità e quantità, risiedono negli Stati Uniti e in Giappone come la Dow Chemical Company (la più datata) e la Yamamoto Corporation.
Se da una parte il neoprene ha contribuito a rendere” democratica” la subacquea, il trilaminato ha permesso ai sommozzatori più intraprendenti e preparati di raggiungere nuovi limiti di permanenza in acqua e di profondità.
Infatti il trilaminato, materiale derivato dalla sovrapposizione di 3 tessuti, normalmente nylon, gomma sintetica e lycra, è altamente vestibile, leggero (dipende anche dalla grammatura per mq) ed è confezionabile proprio come un vestito.
Fin dagli anni ’70 DUI (Diving Unlimited International) commercializza con successo le proprie mute stagne in trilaminato in tutto il mondo contribuendo in maniera incisiva a far preferire questo tessuto rispetto al neoprene.
La tipologia della lavorazione, totalmente manuale, e il costo non trascurabile della materia prima e della componentistica (cerniere e valvole) rendono l’acquisto di una muta stagna non proprio banale.
I vantaggi però sono tangibili, come la maggiore vestibilità e la minore “latenza” nella gestione dell’assetto rispetto al neoprene.
Inoltre, i recenti sviluppi nella realizzazione di filati tecnici innovativi, come il Thinsulate© e il Primeloft©, hanno contribuito alla confezione di sottomuta più performanti in termini di comfort tecnico, diminuendo sensibilmente la grammatura per mq rispetto al passato.
Le video/foto camere subacquee e i sistemi d’illuminazione
Contestualmente alla capacità dell’uomo di raggiungere luoghi fino a quel momento poco agevoli si rende necessario poter documentare quanto ammirato con i propri occhi.
L’inizio della fotografia subacquea, così come oggi la conosciamo, è sicuramente riconducibile alle esplorazioni della Calypso del comandante J. Y. Cousteau.
Nel 1955 Luis Marden e tutto l’equipaggio della Calypso s’ingegnano nel trovare il modo di fotografare le bellezze dei fondali marini utilizzando scafandri stagni per proteggere obiettivi, corpi macchina e rudimentali flash subacquei.
Non è un caso che dalla “Calypsophot” di Jean de Wouters e Cousteau si arrivasse alla mitologica Nikonos in tutte le sue evoluzioni che solo la tecnologia digitale ha messo in pensione.
Le moderne custodie subacquee in policarbonato o in alluminio hanno permesso a macchine fotografiche di prestigio di poter essere portate in acqua, utilizzando diversi tipi di ottiche, dal grandangolo agli obiettivi macro.
Di pari passo è stato necessario aumentare l’illuminazione dei soggetti immersi per restituire loro la naturale colorazione, via via persa a causa dell’aumentare della profondità. Anche in questo caso le idee di L. Ferraro presero corpo nella produzione della famosissima “Vega”.
Dai flash alle torce, dalle lampade alogene ai moderni LED, dalle batterie nichel/cadmio alle più efficiente agli ioni di litio l’evoluzione si è concretizzata in attrezzature più leggere e performanti, in maggiore luminosità e durata e, se non bastasse, in prezzi di acquisto più accessibili.
Per quanto riguarda le riprese video è sotto gli occhi di tutti la rivoluzione portata dalle “Action Cam” anche nella subacquea.
Siamo passati, nel giro di un decennio, da pesantissime, ingombrati e costosissime custodie per videocamere a piccolissime scatolette con una risoluzione da capogiro.
E, come non bastasse, visto che i nostri “Smart Phone” sono spesso dotati di ottiche di altissimo pregio perché non usarli anche in acqua?
Da qui l’introduzione di custodie stagne studiate per proteggere i vostri cellulari in immersione.
Per un approfondimento della storia delle custodie subacque: Storia della fotografia subacquea ed evoluzione delle custodie
Gli equilibratori di assetto
Il compensatore di galleggiamento è un DPI (dispositivo di protezione individuale) normato dalla direttiva europea 89/686 e recepita in Italia con D. Lgvo n. 475 del 4/12/92 e successive modifiche, armonizzate nelle specifiche EN1809:2014 + A1:2016 e EN250:2014.
I subacquei lo chiamano semplicemente GAV o Jacket e, per gli anglofoni, è il BCD (buoyancy control device).
Per quanto mi riguarda questo strumento, in tutte le sue evoluzioni, ha contribuito, insieme al neoprene, alla diffusione della subacquea presso un pubblico di utenti più inclini a vivere l’immersione come un momento di svago piuttosto che come una prova di sopravvivenza.
Chi ha qualche anno di attività sulla schiena conosce benissimo la diatriba che l’introduzione del “Fenzy” nelle immersioni innescò nei confronti di chi, invece, usava solo la capacità polmonare o un sacchetto di plastica.
Nella ricerca del perfetto equilibrio in immersione l’evoluzione del concetto di giubbotto ad assetto variabile ha assunto anche il ruolo, non meno importante, d’imbraco necessario alla tenuta della bombola sulla schiena, oltre a disporre di tasche per riporre maschera di riserva o pallone sparabile.
La subacquea tecnica, anche in questo contesto, ha portato una piccola rivoluzione nella configurazione subacquea.
Il sacco anulare sulla schiena infatti, al contrario delle camere d’aria posizionate sul petto, ha contribuito ad una migliore postura in acqua per un assetto più funzionale.
L’introduzione della piastra in metallo ha inoltre razionalizzato il posizionamento della zavorra con una distribuzione più equilibrata dei carichi.
Gli erogatori subacquei
Gli erogatori subacquei moderni consentono la corretta respirazione in immersione garantendo una costante ed equilibrata erogazione del gas, indipendentemente dalla profondità.
Il concetto di “corretta” respirazione in acqua è direttamente collegato alla sensazione che ognuno di noi prova normalmente in superficie. Minori saranno le differenze e più confortevoli saranno gli atti respiratori e quindi le sensazioni provate.
Contrariamente a quello che si è portati a credere il funzionamento dell’erogatore subacqueo è abbastanza semplice ed intuitivo e non ha subìto radicali cambiamenti.
In parole molto semplici altro non è che un riduttore di pressione che svolge 2 importanti compiti:
- Riduce l’alta pressione della bombola portandola ad una più bassa, di esercizio
- La pressione della bombola ridotta viene costantemente ed automaticamente compensata in modo da fornire gas al subacqueo alla stessa pressione esterna, così come avverrebbe durante la normale respirazione.
La qualità di un erogatore si misura nella capacità di “destinare” gas in immersione secondo la richiesta del subacqueo (portata e sforzo inspiratorio), indipendentemente dalla profondità o dalla pressione all’interno della bombola, senza che questi avverta alcuna differenza e senza innescare un’erogazione spontanea.
Tutto questo è possibile attraverso un perfetto equilibrio tra primo e secondo stadio.
Dal mono stadio agli attuali doppio stadio la “tecnologia” si è tutta concentrata nel rendere la respirazione subacquea quanto più simile a quella in superficie eliminando quella sensazione di “durezza” dell’atto inspiratorio.
La regolazione dell’iniezione e l’utilizzo dell’effetto Venturi sono un’idea, poi brevettata da Technisub, del nostro L. Ferraro.
Conclusioni
Viviamo in un’epoca sempre più intrecciata con la tecnologia digitale e anche le attività subacquee ne hanno tratto grandi benefici.
Tuttavia è ancora viva ed attualissima una subacquea “analogica”, per così dire, quella degli esordi che, dalle intuizioni dei primi decenni del secolo scorso, è rimasta fondamentalmente immutata in tutti questi anni.
Una subacquea a misura d’uomo che, mi auguro, rimanga fedele a sé stessa.