Uno dei protagonisti assoluti dell’immersione in apnea durante gli anni ’60 e ’70 con una serie di record mondiali notevoli. Le sue performances hanno spesso costretto la scienza ufficiale a rivedere i limiti psicofisici e di profondità ritenuti a quell’epoca invalicabili. I Taranto Divers lo hanno ospitato in occasione del Palio delle barche a remi che si svolge tutti gli anni a Taranto.
Cosa rappresenta il mare per lei?
Negli anni verdi della mia vita il mare rappresentava la bellezza assoluta. Il primo incontro con il mare è avvenuto all’insegna dell’innamoramento più completo. Ero rincretinito davanti alla bellezza del mare. Poi mi sono reso conto che il mare non era solo bellezza anche perché ho avuto la possibilità di frequentare i marinai dell’epoca della vela e ho capito che il mare è la scuola migliore per l’uomo.
Lei è una leggenda vivente dell’apnea, sempre alla ricerca del limite umano negli abissi. Come ha iniziato a praticare questo sport?
In realtà mi interessava conoscere il limite mio stesso perché mi interessava conoscermi. Ho iniziato perché abitavo in una villetta poco a nord di Siracusa, in una splendida campagna piena di fiori, di classica vegetazione mediterranea, fichi d’india, mandorli, e sotto la terrazza di casa mia c’era il mare. L’invito che il mare mi rivolgeva quotidianamente un bel giorno l’ho raccolto. E’ stato grazie all’aiuto di mia madre, toscana, che ho cominciato a raccogliere le telline sul fondo. Ringrazio sempre con la mente mia madre che mi ha insegnato ad amare il mare e mio padre, siracusano per eccellenza, che mi ha insegnato a rispettarlo mettendomi in guardia. Nella famosa (per noi siracusani) contrada di Grottasanta dove abitavo, c’era una piazzetta nella quale la sera ci riunivamo tutti noi ragazzi per scambiarci le esperienze della giornata subacquea. Una sera in questa piazzetta è arrivato su una lambretta un nostro amico medico sventolando un articolo di giornale che riportava che era stato stabilito un record che sarebbe rimasto imbattuto negli anni. I napoletani Falco e Novelli avevano battuto Raimondo Bucher: -41 metri di profondità. La cifra era rilevante per quei tempi ma io sapevo che potevo scendere con una certa facilità, magari non a quelle quote, magari a 20 metri, cioè la dove gli altri si fermavano io proseguivo. Da lì a fare il record il passo è stato brevissimo, mi ero messo in testa di farlo questo record e ce l’ho fatta anche se ho dovuto affrontare enormi difficoltà presso la Federazione per motivi più vari, ma alla fine l’ho spuntata. Tra l’altro, a parer mio, uno dei record più affascinanti è stato proprio quello non ufficiale di Bucher … perché erano lui e la cernia! Bucher era un ufficiale pilota dell’aeronautica militare, medaglia d’argento al valore militare, pescatore subacqueo arrabbiato, nel 1948 in una grotta compresa tra Punta Campanella e Capri a 30 metri di profondità aveva arpionato una cernia e l’aveva presa. Messa in macchina. con due suoi colleghi era andato a bere in un bar del porto di Napoli. Mentre raccontava ai suoi colleghi gli eventi della cattura della cernia un palombaro lo ascoltò, appena sentì parlare reiteratamente di 30 metri, cernia pescata a 30 metri, la testa di rame quale era il palombaro insorse dicendo “no, non può essere, lei a quelle quote in apnea non ci può andare”. Fecero una scommessa, la posta era di 20 mila lire, fu messa in una busta resa assolutamente impermeabile e si immersero. Il palombaro vestito da palombaro, e Bucher con un minuscolo slippino, una maschera e un paio di pinne che andò a strappare la busta contenente le 20 mila lire del palombaro che ha dovuto prendere visione del primo record non ufficiale della storia!
Che cosa si prova quando si è in grande profondità?
Si prova innanzitutto una sensazione di trionfo bellissimo perché è un trionfo che non si deve spartire con nessuno e non perché si sia soli la sotto in quanto ci sono giudici federali, sommozzatori di soccorso, ma sono persone che si trovano in condizioni fisiche diverse dalla mia. Tuttavia è una sensazione molto fugace, fuggevole alla quale subentra immediatamente dopo l’angoscia di sapere che in quel momento comincia la gara più importante per la propria vita. E’ uno sport assolutamente anomalo, perché quando, tanto per fare un nome, Mennea arrivava al traguardo magari se era stanco si accasciava ma aveva tutta l’aria che voleva intorno a sè. Invece no, qua c’è la parte più difficile dell’impresa che è la risalita. Adesso il Coni e la Federazione hanno permesso l’uso di palloni idrodinamici, snaturando completamente l’immersione perché che senso ha andare giù con la slitta di 30 kg, salire su con il pallone…
Chi può essere il suo erede adesso?
Nessuno! Anche perché io mi sono ritirato completamente da quella che è l’attività subacquea agonistica. Io vado al mare ma con l’autorespiratore, oppure vado al mare con le mie figlie quando mi fa piacere fare qualche immersione in apnea.
Le sue figlie hanno seguito le sue orme spontaneamente… non aveva paura per loro?
Certamente si. Non ero tranquillo per niente, infatti ho compreso completamente le apprensioni delle quali sono state vittime prima mia madre e poi mia moglie. Le ho comprese proprio mentre aspettavo sul pontone le mie figlie che risalivano dal profondo.
Ha avuto qualche momento difficile nella sua carriera?
I marinai siciliani dicono sempre una frase “Cu mangia fa mullichi”, chi mangia fa molliche… certo momenti difficili capitano, ma il mare è di una liberalità incredibile perché fa ricordare all’uomo i momenti belli. Quelli difficili con un colpo di spugna vanno via.
Che rapporto ha con la religione?
Ho un rapporto un po’ strano, credo fermamente in un’entità somma. Che poi sia il dio dei cristiani, il dio dei musulmani, non sto ad analizzare, io ci credo ma non sono un praticante. Per me non c’è la necessità di andare in Chiesa per trovare Dio. Dio me lo posso trovare sott’acqua, anzi sovente me lo trovo sott’acqua più facilmente che sulla terra ferma. Una volta, mi è capitato tanti anni fa, ero sceso con autorespiratore in una secca in mezzo al canale di Sicilia e sui 45 metri di profondità lungo una parete ho visto una fenditura. Ho messo in mezzo la testa e sullo sfondo ho visto due colonne monolitiche, scanalate che non avevano nulla da invidiare alla severità delle colonne dei nostri templi dorici. Mi è venuta la pelle d’oca perché ho pensato a chissà quale misconosciuta tragedia sismica. Con una certa riluttanza mi sono inoltrato tra le tenebre cercando peraltro di fugarle, con scarsi esiti, con la torcia subacquea. Dopo aver pinneggiato per una quindicina di metri gli occhi mi sono andati casualmente al soffitto di questa grotta scorgendo un vero e proprio trionfo di luce. Da allora è diventata veramente il mio tempio. Quando io ho bisogno di trovare Dio me ne vado in questa grotta.
Enzo Majorca
Nato a Siracusa il 21 giugno 1931, ha fatto studi classici e ha avuto sempre una grande passione per lo sport. Ha praticato per anni, oltre alla subacquea, il canottaggio e la ginnastica. E’ sposato e ha due figlie, Rossana e Patrizia, entrambe celebri nel mondo per una serie di record mondiali di immersione in apnea. Oltre alla famiglia e allo sport, MAJORCA ama la campagna, gli animali e la lettura. Ha imparato a nuotare a quattro anni e presto ha cominciato ad andare sott’acqua, ma confessa che all’epoca aveva paura del mare. Da ragazzo ha praticato anche la pesca subacquea immergendosi a 3 o 4 metri di profondità, ma la sua cultura umanitaria e di rispetto della natura e degli esseri viventi lo portarono a rinunciare a quel tipo di attività. Un giorno un amico medico gli mostrò un articolo in cui si parlava di un nuovo record di profondità a –41 metri strappato a Bucher da Falco e Novelli. Era l’estate del 1956 e da quel momento MAJORCA si impegnò senza sosta per entrare in competizion e per il titolo di uomo più profondo del mondo. Nel 1960 coronò il suo sogno toccando –45 metri. Ma è stato nel 1988 che, per seguire le proprie figlie, raggiunge il suo ultimo record ufficiale: -101 metri. Uomo di profonda cultura e umanità, dedica la sua vita con impegno costante alla salvaguardia del patrimonio marino e naturalistico, caratteristiche che gli sono valse il titolo di ambasciatore del WWF.
Autore: Antonella Prenna
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