Dolce Acqua Dolce è un libro di prossima uscita. Vi presentiamo la sua autrice, o meglio, lasciamo che sia lei a raccontarsi e a raccontare il suo libro attraverso una breve intervista.
Monica Benassi ha preso parte a diversi concorsi letterari ed ha alle spalle collaborazioni con riviste di settore,. Con Dolce Acqua Dolce è alla sua prima prova come autrice di un romanzo. Quello che vedrà la luce tra poco, edito da Booksprint, è un libro autobiografico, che racconta la parabola di una vera e propria passione. Quella per la subacquea.
Monica, da che esigenza nasce il tuo libro?
Quando entrai nell’Explorer Team, esisteva una mailing list nella quali i membri di Exploring Academy erano invitati a postare le immersioni, per favorire l’aggregazione e le discussioni. Iniziai a romanzare un po’ i racconti di quelle immersioni, e visto che piacevano, li conservai. Un giorno scoprii di essermi dimenticata del rapporto giocoso che avevo con l’acqua, di aver dimenticato il gusto delle cene con gli amici, presa dai progetti, e di aver perso l’occasione, visto la prematura scomparsa di alcuni di loro. Ricercai il motivo che mi aveva spinto ad avvicinarmi alla subacquea nei miei logbook, e nei resoconti della lista, decidendo di riordinarli in un processo catartico. Fu così che mi nacque l’idea. Per la verità pensavo ad un libro per me, per spiegare ai miei nipoti e alla mia famiglia cosa provavo e non avevo mai detto, perché ero sicura di non essere compresa. Ma gli amici mi convinsero a condividerlo su più larga scala.
Qual è la tua formazione, il tuo background, come subacquea e non solo?
Io sono nata con due passioni nel sangue: il ballo e l’equitazione. Ma ho anche avuto la fortuna di avere alle spalle una famiglia convinta che nella vita si debba provare tutto quello che si può. Ho sempre dovuto faticare per guadagnarmi l’accesso ai miei interessi. Fin da piccola mi hanno insegnato a pattinare e sciare, a fare sci d’acqua, windsurf, a giocare a pallavolo… Ma frequentavo abitualmente anche gli ambienti dei loro hobby, visto che erano entrambi piloti d’aerei e paracadutisti, per esempio. Come azienda poi avevamo una squadra di motocross. Avendo, come tutte le bambine, un’adorazione per il papà, ascoltavo affascinata le storie di quando si era costruito l’erogatore o Marcante lo aveva invitato a Genova per imparare. Ma da lui non ho ereditato solo la passione per le immersioni. Ho preso anche il mal di mare!
Dolce Acqua Dolce parla di subacquea. Cosa è per te la subacquea?
Libertà. La libertà di essere me stessa, senza obblighi di convenzioni sociali. La libertà di essere donna in un ambiente nel quale all’inizio non trovano neanche una muta che si adattasse alle mie forme. La libertà di esprimermi. La libertà dei sensi, che lavorano tutti a modo loro. La libertà dalla gravità e dalle paure. Ma soprattutto la gioia di giocare nell’acqua, di sentirla scorrere sul mio corpo, di fondermi con lei, di sentirmi una goccia connessa con il resto del mondo. Il silenzio assordante del mio respiro in un mondo ovattato, l’atmosfera buia e rilassante come un patio d’estate.
Io ho avuto un incidente nel quale ho rotto il labirinto dell’orecchio. Ho impiegato due anni per imparare a camminare senza un muro vicino. In acqua non avevo paura di cadere, di vedere il mondo sottosopra, di non potermi fidare degli occhi. La subacquea mi ha insegnato a vivere la mia realtà, per esempio sfruttando le bollicine per capire quando ero sottosopra, e a comunicare diversamente abbattendo i pregiudizi. Ma mi ha anche dato strumenti per gestire al meglio l’azienda di famiglia, insegnandomi a pensare “what if”.
Qual è la tua immersione preferita?
Non è un segreto che identifico i due principali ambienti della subacquea come due amanti: il mare un uomo giovanile, solare, caciarone e colorato che gioca e scherza ogni momento ma sul quale non farei conto per una relazione stabile, perché incostante e volubile. E il lago, un tenebroso quarantenne, che con il suo silenzio sa ascoltarti e starvi vicino, essere sempre presente. Io non vado in acqua per vedere pesciolini e fare la turista nel mondo di Disney. Io vado in acqua per sentirmi libera dai vincoli del mio corpo. Le immersioni che ricordo come più emozionanti sono state paradossalmente quelle a maschera oscurata o visibilità ridotta, nelle quali ho riscoperto il mio mondo. Posso affinare i sensi, sentire il compagno che respira, individuarne la posizione e lo stato d’animo, posso sentire il mio cuore battere e avere l’esatta percezione del tempo al punto che non ho bisogno di guardare il computer per sapere se ho terminato una tappa decompressiva, o a che quota sono. Per questo prediligevo il solo diving in alcuni casi: mi permetteva di scaricare tutte le tensioni e rigenerarmi.
La subacquea ha portato nella tua vita anche episodi tristi, negativi. Ne vuoi parlare?
La subacquea è stata una guerra. Prima per farmela piacere (lo scoprirete nel romanzo), poi per non abbandonarla, ma anche per poter crescere in un ambiente maschilista vecchio stampo, dove non ero vista affatto di buon occhio, e infine quando mi ha rubato in sequenza tre degli amici più cari, Mauro, Roberto e Walter, lasciandomi sola non solo nei progetti ma col me mie emozioni e con i miei dubbi.
A chi si rivolge Dolce Acqua Dolce?
Ogni persona vive soggettivamente delle situazioni comuni. Ma non tutti provano le stesse emozioni. Io non mi rivolgo solo ai subacquei, ma a tutti quelli che vogliono vivere l’emozione che l’acqua mi trasmette, dalle prime immersioni, nei mari tropicali più belli al mondo, con gli incontri faccia a faccia con squali e tartarughe, all’orgoglio di appartenere ad una squadra che tenta un record mondiale, e viverla da dentro, con le tensioni e i successi, i ricatti e le soddisfazioni, la scaramanzia e le stranezze. È filtrata dagli occhi di una donna, che ha un’ottica e sentimenti diversi da quelli che normalmente descrivono queste esperienze. È un percorso di crescita che termina con una decisione sofferta ma non dovuta agli obblighi, maturata con amore. È una storia di determinazione che probabilmente pochi uomini immaginano di far passare alle loro allieve o compagne non necessariamente nella subacquea, ma in altri ambiti lavorativi o familiari.