Autore: Claudio Di Manao
Divemastering: psicopatologia dell’immersione quotidiana: Drift dive (stress da corrente)
“Scusi, mi posso vestire in acqua?”
“No.”
“E perchè no?”
“Perchè è un drift dive…”
“Un drift che? A Ponza ci vestivamo sempre in acqua!”
“Qui siamo a Ras Mohammed…”
Niente da fare, quello insiste ed il divemaster si pone la solita domanda:
“Perchè solo gli italiani vogliono vestirsi in acqua, mentre il resto del mondo no?” Gli viene voglia di lasciarlo fare, lasciarlo vestire nella corrente satanica, vederlo diventare un puntino lontano che sbuffa, che si dimena alle prese col velcro che s’appiccica, il corrugato che inevitabilmente si infila sotto gli spallacci… un minuscolo Paperino che si incazza col gav mentre sparisce verso l’orizzonte. Poi al divemaster gli viene in mente tra l’altro che, con le bombole d’alluminio, hai più pesi addosso, e… ‘Sprofonderà? L’hanno pesato bene al check dive?’
“No, non ci si veste in acqua in un drift.” Non è solo una questione di drift dive, piuttosto, come tutti i divemasters del Mar Rosso, si sente profondamente infastidito da coloro che insistono per vestirsi in acqua..
“Ma insomma, che roba è ‘sto drift?”
Già, come il briefing, il drift suona, a molti subacquei italiani, come una oscura colazione inglese, roba da marmellata sui peperoni piccanti. Ma è anche un’esperienza nuova, un’esperienza che nessun lacustre avrebbe mai potuto immaginare.
“Significa immersione in corrente…” risponde paziente il divemaster.
“Scusi, ma se si va con la corrente, la barca non si sposta con la corr…”
“No!”
“Perchè no? E’ contro le leggi della fis…”
“Non riesci a fare 3 metri, dico 3 metri con la bombola addosso, dalla panca alla piattaforma?”
I tedeschi sono pronti da un pezzo: sbuffano e sudano sotto il sole, l’italiano si prepara… anzi: comincia a cercare la sua attrezzatura. La barca arriva al punto d’immersione.
“PFSSSSHHHHHHHHH!”
Chi fa il divemaster lo sa benissimo: o-ring e secondi stadi hanno il vizio di cedere proprio quando si sta per saltare in acqua per un drift impegnativo. Qualcuno dice che è la tensione che si crea a bordo per via dello ‘stree da drift’.
“Capitano, fai un’altro giro!”
Il capitano bofonchia qualcosa e dà volte nervose al il timone. Stress da drift, anche lui. C’è mare, la barca rolla, le bombole picchiano, il pranzo passeggia sui tappetini della dinette. Si cambia la bombola, la barca riassesta il suo sederone nel punto giusto, quel punto là dove se non ti sbrighi ti bruci l’immersione.
“Tutti giù, giù di corsa!”
Nella viosione di un divemaster un drift è un’immersione dove i subacquei saltano in acqua uno dopo l’altro, veloci come paracadutisti giù da un’aereo, nella corrente fiume. Ciao.
C’è quello che con calma sputa nella maschera, quello s’aggiusta il cinghiolo delle pinne, quello che prima di saltare ci pensa, ci pensa, ci pensa… e come una figura amletica, eretta sull’orlo della piattaforma dei dubbi, si allontana finchè lui e la barca sono davvero un puntino lontano, lontano.
“Ma perchè la barca s’allontana?”
“Nuota verso di me e sgonfia il GAV!”
“Aspetta che la maschera è un po’ troppo stretta… ma cos’ha sta maschera?”
Il divemaster guarda giù, il corner di Shark è già andato, lui con tutto il gruppo è quasi sulla sella di Yolanda, il prossimo reef…
“Giù, adesso!”
Anche Yolanda reef scorre sotto di loro, coi suoi colori invitanti, loro scendono con calma, una calma lunga un centinaio di metri in pochi secondi. La guida si gira verso i subacquei e se li guarda tutti, uno per uno: sembrano coriandoli sparsi dal vento. Pinnacoli e gorgonie s’avvicinano… da soli, no, sono qui! Sposta quello se no ci finisce addosso… acciuffa quell’altro che ha preso vento e sta volando come un aquilone davanti alla guida. Il vento soffia e turbina, spara su, spara giù, spara lontano dal reef, ti ci spinge sopra… basta farsi portare, è come sull’otto volante. Niente, non ce la fanno, scalpitano e sbuffano, combattono il mostro invisibile… Ecco che inizia la correntaccia che spara in giù e nel blu, chiama quello là che… anzi: acciuffalo, fai prima! prima che diventi un puntino nel blu, a 60 metri di profondità… lui, tanto, crede di essere fermo. E non si accorge neanche che sta compensando.
“A me non piacciono le immersioni in corrente…” sbuffa uno.
“Neanche a me, si consuma troppo, durano poco…”
“E poi che storie che fa quella guida! L’ha montata su tragica! Ti pareva un’immersione difficile questa?”
“Al lago! Al lago a 50 metri vorrei vederlo io, quello là!” quello acciuffato nel blu.
“Sì, al lago col freddo, il buio! Altro che quaggiù!”
No, la maggior parte dei subacquei non capirà mai che un milione d’immersioni nel lago non servono a niente per immergersi in corrente.
“C’è corrente, oggi?” Un’altra barca, un’altro drift.
“Cerchiamo d’andare con la corrente, e di non perdere tempo a scendere, guardate me, sono la vostra guida ed il vostro riferimento visivo, ok?”
“Posso vestirmi in acqua?”
Queste oscure colazioni britanniche… niente da fare,: non hanno mai funzionato con certi italiani.
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