Autore: Aldo Zanetti
La meta del nostro viaggio sono le Filippine, e precisamente l’isoletta di Olango, nel mare di Sulu a circa a 18 km est di Cebu. La scelta è caduta su Olango perché il mare di Sulu è splendido, ed essendo ancora poco frequentato dal turismo internazionale ha un’offerta a prezzi interessanti. Al suo interno l’isola (circa 8 chilometri quadrati) è ricoperta di vegetazione equatoriale tra cui trovano ospitalità svariate specie di uccelli e di mammiferi notturni. Sull’isola ci sono due resort, di diverso livello e tutti dotati di diving.
Il viaggio è stato abbastanza stancante: circa 23 ore di volo fino a Cebu con lungo scalo ad Hong Kong, poi un’ora di pulmino sull’isola di Cebu fino al pontile, e ancora una tratta finale su di una barca a bilancere di un’ora. Dalla nostra partenza alla Malpensa il giorno si è alternato alla notte e di nuovo al giorno e siamo belli cotti, ma quando attraversiamo un mare blu profondo e sbarchiamo infine sulla spiaggia bianca capiamo che ne è valsa la pena e la stanchezza scivola via veloce. L’impressione è di essere arrivati in un piccolo paradiso ancora sconosciuto ai più. Le palme arrivano fino al mare, la vegetazione è folta e verdissima, si sente il profumo dei fiori. Il resort è spartano ma accogliente, con un corpo centrale con il ristorante e la sala lettura. Intorno ci sono alcuni piccoli edifici a cottage in cui sono stati ricavati gli alloggi.
Ora comincia la parte seria: andiamo subito a visitare il diving. Le attrezzature sono abbastanza moderne, c’è la disponibilità del nitrox e nella sala corsi sono disponibili alcuni manuali sulle specie marine locali. Il diving è gestito da due ragazzi svizzeri che non parlano italiano, ma con l’inglese ce la caviamo bene. I punti di immersione sono una trentina tutt’intorno all’isola e sono distanti non più di 45 minuti di navigazione. Molti si raggiungono in 15 – 20 minuti. L’impressione generale è positiva: bene!
Presto arriva l’ora di cena: siamo all’equatore, e c’è luce dalle 6 del mattino alle 6 di sera. La cucina è locale, con piatti di pesce a cui si mischia il sapore del cocco, qui onnipresente. Anche nei giorni seguenti lo stile della cucina sarà lo stesso, buono anche se non troppo vario.
Il mattino dopo alle 9 partiamo per la prima immersione. La barca diving ha la tipica forma di una grossa piroga con i due bilanceri laterali ed è più accogliente di quanto potrebbe far pensare a prima vista. Le attrezzature subacque sono già state portate a bordo dalle due guide e c’è abbastanza spazio. Vista la breve distanza da percorrere la sistemazione è più che accettabile.
Nel giro di una decina di minuti siamo al punto di immersione. Ci vestiamo e giù in acqua; un rapido check e l’avventura nel mare equatoriale ha inizio!
Appena sott’acqua la scena che ci si presenta è di una bellezza da togliere il fiato: abbiamo di fronte una parete ricoperta di una quantità straordinaria di vita fra coralli molli e duri, spugne, ascidie, tra cui si muovono miriadi di piccole creature. La luce penetra forte e i colori sono brillanti, il rosso dei coralli si mischia al blu delle spugne e i pesci sono bianchi, gialli, variopinti. Scendiamo alla profondità massima, meno di 30 metri, e che splendore! Mi volto e nel blu si muovono lente nuvole di pesci che a tratti si aprono di scatto al passaggio di un qualche predatore. La temperatura dell’acqua oscilla fra i 29 e i 30 gradi, e sarà così in tutte le immersioni.
Proseguiamo l’immersione scattando fotografie ad ogni nuovo soggetto, e benedico il digitale che ci permette una sequenza pressochè illimitata anche su di una piccola macchina come la mia compatta.
Noto grandi stelle marine azzurre, gorgonie rosse di 3 metri, anemoni abitati da coraggiosi pesci pagliaccio che ci affrontano sprezzanti delle nostre dimensioni. In un’anemone globulare dal colore perlato osservo bene e vedo un minuscolo gambero azzurro-viola che fa capolino.
Intorno ci sono spugne a orecchio di elefante e a tromba grigie e azzurre, e mentre risaliamo a quote minori vedo alcuni pesci leone nuotare pigramente fra i coralli. Dopo 45 minuti risaliamo su un pianoro a -5, ideale per la sosta di sicurezza. Ci aggiriamo nel giardino di coralli fra una miriade di crinoidi circondati da nugoli di castagnole bianche e nere. Risaliamo in superficie dopo un’ora, e pur avendo usato bombole da 12 litri quasi tutti abbiamo ancora 50 bar di riserva. Mi complimento con la guida per questa splendida immersione ottimamente gestita; e il suo sorriso è molto più che di circostanza: c’è un reale orgoglio professionale per un lavoro svolto bene!
Al resort ci rifocilliamo con un piatto di spaghetti di soia e uova, e nel pomeriggio affrontiamo la seconda immersione.
Come scendiamo siamo di nuovo circondati da tutta la bellezza di questo mare. Subito incontriamo un gruppo di pesci farfalla bianchi e gialli, e poco più sotto in una grotticella troviamo alcuni pesci pipistrello bruni con i bordi arancio. Ovunque è un tripudio di spugne multicolori e di coralli a madrepora, a filo, a cervello. Alcuni alcionari ondeggiano nella corrente; sono arancione, viola, gialli. Sulle spugne fotografo alcune specie di nudibranchi, Phyllidie nere e rosa e Chromodoris Willani azzurre metalliche e grigio argento. Fra i coralli noto una ciprea nera, che ricopre il suo guscio bianco candido con un velo nero notte. Sono talmente incantato dalla bellezza di quanto mi circonda che quasi non mi rendo conto che il tempo è già passato e dobbiamo risalire ai 5 metri per la sosta di sicurezza!
Al ritorno confrontiamo le foto e discutiamo sui nomi degli animali che abbiamo visto. Siamo così eccitati che la cena arriva quasi senza che ce ne rendiamo conto, e la notte cala veloce. Quando andiamo a dormire per un po’ udiamo un concerto sfrenato di alcuni animali notturni che ululano, gorgheggiano, si chiamano nella vicina jungla. Infine il sonno e l’azoto hanno ragione di noi, e cadiamo addormentati.
Il giorno dopo partiamo a caccia di alcune fra le creature più ricercate in questi fondali: i cavallucci marini pigmei. So che sono molto mimetici, ma quando dopo qualche minuto di immersione la guida ci chiama e ci indica un ramo di corallo stento a individuare il cavalluccio tanto è simile al supporto a cui si tiene agganciato con la coda. Il corallo è rosa con i polipi rossi, e il cavalluccio è rosa, lo stesso rosa, con protuberanze rosse, lo stesso rosso! Scatto numerose foto e allontanandomi vedo fra i coralli molli uno splendido nudibranco nero e verde: è un Nembrota Kubaryana, una vera tigre dei mari, carnivora e vorace. Lo spettacolo continua alle mie spalle: mi volto e nel blu stanno passando alcune decine di barracuda, luccicanti nel sole. Il cuore mi batte all’impazzata quando iniziano il loro carosello e nuotano in cerchio formando un grande anello. Mentre risaliamo verso i 15 metri osservo alcuni anemoni di mare con i loro pesci pagliaccio riparati fra i tentacoli. Sono di tanti colori diversi, dal classico arancio-bianco come Nemo a rossi e bianchi, bruni, rosa pallido. Sono ammirevoli questi esserini che si slanciano contro di noi per allontanarci dal loro nido, incuranti del pericolo!
Arriviamo su di un altro pianoro a 5 metri per i tre minuti, e fra la posidonia la guida ci indica un pesce fantasma della posidonia. Di nuovo resto affascinato dalla capacità mimetica delle creature marine: è in tutto uguale ad una foglia di posidonia, ed ondeggia nella corrente come la pianta.
Poco più in là ci sono alcune oloturie di diversi tipi, fra cui se ne distingue una bianca con eleganti disegni neri sul corpo, che estroflette numerosi filamenti bianchi.
Cerco di trattenermi in acqua il più a lungo possibile, e mi “ripescano” a forza dopo quasi 80 minuti di immersione.
Dopo mangiato passeggio un po’ fra i cottage del resort e vedo alcuni ragazzi che stanno affilando dei machete, grossi e lunghi coltelli. Vedendo che resto un po’ perplesso ridono e mi mostrano le palme lì vicino, poi uno comincia ad arrampicarsi a piedi nudi sul tronco in un modo che per me ha dell’incredibile e in pochi secondi è a 20 metri d’altezza, sfila il machete dalla cintura e con un colpo ben assestato trancia di netto il picciolo di un cocco, e poi di un altro e di un altro ancora. Mentre i frutti cadono a terra lui ridiscende velocissimo e ne afferra uno. Con un colpo lo trancia a tre quarti e infine tutto soddisfatto me lo porge invitandomi a bere il succo contenuto nel frutto. È dolciastro e con un sapore forte, ma davanti a tale esibizione (e a tale machete) non posso far altro che dire che mi piace moltissimo, e un po’ alla volta lo ingollo quasi tutto, suscitando l’approvazione dei ragazzi. Quando gli offro un dollaro come pagamento lui è contentissimo e mi fa capire che ora ne andrà a prendere altri per me. Lo fermo a fatica schermendomi con il fatto che devo fare un’altra immersione e che non posso bere troppo…
E difatti alle 3 siamo di nuovo in barca, questa volta verso il pianoro delle murene. Questa sarà una immersione nel fango, in una franata dove hanno la loro tana centinaia di murene. Lo spettacolo è un po’ spettrale, anche a causa di nuvoloni neri che hanno coperto il sole e che stanno iniziando a scaricare pioggia. Sotto è tutto grigio, e quando ci avviciniamo vediamo queste sottili murene che sbucano per 50-60 centimetri dal fondo fangoso. Andando più vicini loro iniziano a ritirarsi nelle tane, e in poco non ne resta più nessuna. Nuotiamo a un metro dal fondo cercando di non sollevare troppi sedimenti, e ci imbattiamo in un cavalluccio marino, poi in alcuni gobidi. Attaccato ad un masso che sporge dal fondo c’è un pesce rana, piccolo e bianco. Fotografo un pesce pegaso nano appoggiato sulla sabbia, e una splendida Halgerda Batangas, un nudibranco bianco tutto a cuspidi come una cattedrale gotica con tanti puntini gialli in cima alle cuspidi. Risalgo con un buon bottino di foto e una sola preoccupazione: come faccio a rifiutare un altro cocco?
Per fortuna il problema non si pone, e la cena passa tranquilla anche se prendo solo verdura e una frittata per evitare il pesce che sa – indovina? – di cocco!
Il mattino successivo di buon ora partiamo per la nuova immersione, questa volta dall’altra parte dell’isola. Dopo 40 minuti di navigazione arriviamo in una piccola baia, veloce check e giù. Qui il panorama è un po’ diverso: non solo pareti coperte di corallo ma anche alcune franate sabbiose. Scendiamo verso i 28 metri ed ecco il primo incontro notevole di oggi: un pesce tubetto fantasma rosso che se ne sta immobile fra i rami di un corallo dello stesso colore. Ancora una volta resto ammirato dalla capacità della nostra guida di scovare una creatura tanto mimetica. Poco dopo su alcune spugne a botte vedo alcuni nudibranchi bianchi a strisce blu e gialle: sono delle Chromodoris Annae. L’immersione prosegue secondo il classico profilo multilivello, ed ecco ai 12 metri uno splendido esemplare di Aegiris Minor, un nudibranco giallo fluorescente con delicate striature nere.
Nel blu passano alcuni carangidi che gettano scompiglio fra nuvole di piccoli balestra cobalto. Sulla roccia i coralli e le spugne si accavallano e intere parti della parete sembrano palpitare al chiudersi ritmico dei polipi delle xenia. Alcune stelle marine Fromia Nodosa si fanno notare per il loro delicato disegno rosso e bianco a tasselli. Il tempo vola come sempre, e dopo poco siamo ai 5 metri per la sosta e poi di nuovo in barca.
Nel pomeriggio decido di saltare l’immersione in quanto farò la notturna stasera, e vado a fare un po’ di snorkeling sul reef davanti al resort.
Il fondale è sabbioso con larghi prati di posidonia e tante oloturie, stelle marine a biscotto, ricci dai lunghi aculei. A 100 metri dalla riva c’è il drop off preceduto dal giardino dei coralli, principalmente duri, a madrepora, a cervello, a pane fra cui nuotano miriadi di piccoli pesci quali castagnole bianche e nere, balesta picasso, chirurgo blu e gialli (la Dori di Nemo!). Sul corallo vedo spesso le terribili stelle marine a corona di spine che divorano i polipi causando pesanti danni alla barriera.
Quando finalmente arriva il tramonto non sto più nella pelle per il desiderio di saltare in acqua ed effettuare l’immersione che probabilmente sarà la più bella del viaggio, la notturna.
Ci immergiamo a poca distanza dal resort e subito ci accoglie una fantasmagoria di creature marine. Ovunque vediamo decine di crinoidi che agitano ritmicamente i loro bracci a caccia di nutrimento, e poi i coralli morbidi tutti splendidamente fioriti che offrono un ventaglio fantastico di colori rosso, giallo, arancione, viola, blu, verde. Ci sono così tanti pesci leone che si fatica a contarli, e colonie di gamberi Stenopus Hispidus si muovono indaffarati fra coralli piatti e spugne. Sul fondo vedo due enormi paguri rossi picchiettati di azzurro elettrico, eleganti conidi beige e nocciola, cipree marrone e bianco che vanno a caccia di prede con il velo tattile estroflesso che circonda la conchiglia..
Ma la vera attrazione dell’immersione è un gambero mantide (Lysiosquillina lisa) che vive lì sul fondale sabbioso da almeno 8 anni. La guida lo attira fuori dalla tana agitando un piccolo pesce infilato in un bastoncino, e il gambero finalmente esce. È un esemplare lungo 20 centimetri e le sue cheli ad artiglio lo fanno assomigliare molto alla mantide religiosa. Mentre faccio alcune foto lui percepisce la preda, il pesce offertogli, e fa scattare le cheli artigliandolo per poi sparire in un attimo nella sua tana. Una scena davvero emozionante! Risalendo vedo fra le rocce un grosso granchio facchino di oltre 30 centimetri che si porta a spasso una spugna rossa sul carapace quasi fosse una coperta con cui ripararsi, e poi vari pesci che dormono, fra cui un palla blu e giallo ed un lima giallo e verde.
La sera mi addormento avendo ancora negli occhi le splendide scene vissute durante la giornata.
Il quarto giorno la guida durante il briefing ci spiega che oggi incontreremo corrente in quanto andremo ad immergerci davanti alla parete delle gorgonie, che lì crescono grazie al continuo ricambio di acqua che porta le sostanze nutrienti. Dovremo scendere abbastanza veloci e poi ci faremo portare dalla corrente e la barca ci seguirà in superficie per riprenderci al punto di emersione.
Entriamo in acqua con un briciolo di preoccupazione: molti di noi hanno già vissuto l’esperienza di forti pass maldiviane e non tutti ne sono entusiasti. Per fortuna la corrente si mostra molto meno impetuosa e la discesa viene gestita bene da tutti noi.
Arriviamo sui 30 metri (sarà l’immersione più profonda della serie) e lo spettacolo che ci si presenta delle gorgonie è davvero unico! I rami sono enormi, alcuni oltre i 5 metri di estensione, e a questa profondità le vediamo azzurre, ma so bene che è solo effetto dell’assorbimento selettivo dei colori, e che in realtà sono rosso sgargiante. Vorrei avere un flash ed una macchina professionale per scattare foto adeguate alla loro bellezza e fissarle nel loro rosso, ma tant’è e mi accontento di quello che posso fare con la mia compatta.
Mentre viaggiamo lungo la parete e lentamente risaliamo scorgo in un anfratto una murena blu dal nastro giallo e a fianco una nera dal nastro bianco: sono due esemplari della stessa specie ma di diverse età, ed uno dei due ha già effettuato il cambio di sesso e di livrea tipico di questi animali.
Sulla parete come sempre è un tripudio di spugne, coralli, ascidie, con contorno di ofiure, nudibranchi, vermi di mare.
Quando risaliamo ai 5 metri ci accoglie uno spettacolo ancora nuovo e diverso: un banco di migliaia di sardine staziona sotto la nostra barca; si sposta in modo compatto, a scatti, come se fosse un solo pesce e quando si dirige verso di noi sembra di essere in mezzo ad un violento acquazzone, solo che ciò che ci sfreccia tutto attorno sono sardine!
L’immersione che ci aspetta nel pomeriggio è attesissima: si va a vedere i pesci mandarino! Questi piccoli pesci sono noti per due caratteristiche: la livrea sgargiante simile alle stoffe dei dignitari di corte dell’antica Cina, che ha valso loro il nome di Mandarino, e la loro proverbiale timidezza.
Scendiamo in acqua e ci appostiamo su di un fondale a 7 metri, davanti ad una roccia con alcuni anfratti e una distesa di coralli sbiancati dal bleaching. Siamo in tre, e ci posizioniamo in modo da poter tutti scattare le foto senza interferire. Inizia l’attesa. I minuti passano, siamo al crepuscolo, e la luce va via via affievolendosi. Ancora niente. Dopo 20 minuti buoni passati immobili (e meno male che la temperatura dell’acqua è di 29 gradi, altrimenti sai che crampi…) finalmente una prima testina fa capolino da un buco nella roccia. Nessuno scatta, per non spaventare i timidoni con i nostri flash.
Dopo un po’ un primo coraggioso esce all’aperto, e subito si rituffa nella tana. Il rituale va avanti per 10 minuti buoni così, finchè i nostri mandarino non prendono più coraggio e cominciano ad uscire e fermarsi in acqua libera, prima due, poi tre poi cinque. Iniziano i corteggiamenti amorosi: il maschio, più grande, si appoggia con un fianco alla femmina ed insieme salgono per un paio di metri verso la superficie tenendosi uniti, si direbbe abbracciati, finchè fulminei non si separano e si rituffano in un baleno fra i coralli bianchi. Finalmente possiamo scattare foto liberamente: ne farò più di 200, per averne una decina passabili. Restiamo in acqua finchè non è buio pesto, e quando risaliamo il computer mi dice che siamo stati sotto oltre 75 minuti.
La sera si è formato ormai il circolo dei fotografi. Riguardiamo le foto, consultiamo i manuali per identificare le specie osservate durante il giorno, ci scambiamo gli indirizzi email e le promesse di condividere le foto più belle. Il proprietario del resort ci guarda e scuote la testa. Chissà quanti altri subacquei entusiasti ha visto passare e ripetere la stessa scena. Be’, ora è il nostro turno e ce lo godiamo fino in fondo!
Quinta giornata di immersioni, dedicata alla ricerca dei pesci rana e dei cavallucci marini pigmei. Scendiamo davanti ad una bella parete che si perde nel profondo di batimetriche ben al di là della subacquea ricreativa; le carte indicano che nel giro di qualche centinaio di metri dalla costa il fondale è sui 900 metri. Ci sono alcune enormi spugne ad orecchia di elefante di un bel giallo acido, e su una di queste c’è un grosso pesce rana, immobile, che si lascia fotografare tranquillo.
Mi viene spontanea una domanda: ma perchè non lo chiamiamo pesce faccia, visto che ricorda moltissimo il viso di una persona? La parete ha numerose creature gialle, ed infatti su di un corallo giallo la guida ci mostra un minuscolo cavalluccio marino pigmeo che si mimetizza perfettamente con le sue protuberanze gialle come il corallo. E poco dopo ecco un’altra ambita preda fotografica: un pesce tubetto fantasma giallo, più raro del rosso che abbiamo visto qualche giorno fa. Di nuovo mi chiedo: come diavolo fa la nostra guida a vederli?
Mentre proseguiamo la nostra immersione vedo una cernia dei coralli, rossa con le sue macchioline blu elettrico, alcuni pesci flauto e un pesce foglia che dondola come una foglia autunnale bruna e rossastra al vento. Risalendo scorgo uno fra i più strani nudibranchi che conosca: un Phyllodesmium Colemani. Sembra la testa della Gorgone, o meglio i suoi capelli-serpi. Difficile capire dove è il davanti e dove il dietro…
Quando usciamo dall’acqua sono passati 65 minuti e ho scattato circa 120 foto.
Pranzo, relax e prima di immergerci assistiamo alla scenetta di un cane fra i diversi semi-randagi che si aggirano per l’isola che, forse attirato da qualcosa in un cestino della spazzatura, ci si è infilato dentro a muso in giù ed ora resta con le zampe posteriori che si agitano in aria e non riesce più ad uscirne. Dopo un elaborato consulto (provate voi a discutere di una simile situazione in quettro lingue, Italiano, Tedesco, Francese ed Inglese…) decidiamo che la cosa migliore è sganciare il cestino dal paletto che lo sostiene e appoggiarlo a terra, in modo che il nostro amico a quattro zampe possa cavarsi da solo d’impiccio. Quando finalmente il cane è a terra esce dal bidone un po’ frastornato, ci abbaia (starà ringraziando? Mha, non sembra.) e quindi si allontana trotterellando dignitoso e veloce.
Fine dell’intermezzo, si va di nuovo in acqua.
La solita splendida parete di corallo ci accoglie, e vediamo una selezione mirabile di pesci, spugne, molluschi, nudibranchi, ma l’emozione ce la riservano gli ultimi 7 – 8 metri. Siamo alla fine dell’immersione e stiamo avvicinandoci alla sosta di sicurezza quando con la coda dell’occhio vedo una forma sinuosa muoversi dietro di me. Mi volto di scatto e resto bloccato: a un metro da me c’è un velenosissimo serpente d’acqua. È striato in bianco e nero e nuota veloce verso la superficie. In effetti respira aria come noi umani attraverso polmoni e quindi, anche se passa la maggior parte del suo tempo in immersione, di tanto in tanto deve risalire a respirare. Mi ricordo quanto ci ha detto la guida: ha un veleno 7 volte più potente del cobra, e uccide un uomo in meno di due minuti. Ci ha anche detto, la guida, che è un animale estremamente timido e pacifico, e quando vede un sub scappa. E ci ha anche detto che ha una bocca molto piccola e che difficilmente riuscirebbe a morsicare un uomo, anche lo volesse. Sarà, ma la questione del veleno ha il suo peso… aspettiamo che si allontani nuotando in superficie e poi ci fiondiamo a bordo della barca in un battibaleno!
Per oggi fine delle immersioni, tutti al bar a raccontarci l’avventura e cercare le foto meglio riuscite del serpente. Quasi quasi me lo sogno anche stanotte!
Arriva il sesto ed ultimo giorno di immersioni. Ci siamo abituati in fretta a questo paradiso e quasi snobbiamo gli anemoni globulari con i loro delicati granchietti, le galatee che zampettano sui crinoidi, le enormi stelle marine a cuscino, a biscotto, i ricci a matita e i ricci melone, le gorgonie, i nudibranchi. Osserviamo la scena di due pesci flauto che si affrontano in un duello per il territorio: sembrano due spadisti in pedana! Un grosso napoleone sfila pigro nel blu, un nugolo di pesci dardo ondeggia qui vicino. Sulla parete vedo una ciprea, e poi anemoni rossi e viola, ricci dagli aculei lunghissimi, alcuni vermi policladi viola con strisce longitudinali bianche e blu. È una meraviglia, una delizia, una gioia profonda.
Nel pomeriggio concludiamo le immersioni in acque meno profonde, ed ho modo di soffermarmi ad osservare alcuni vermi ad albero di Natale che sbucano dalle spugne. Sono gialli, rossi, blu, verdi e sembrano tante decorazioni natalizie pronte per le feste, ma appena mi avvicino si ritirano in un attimo nella loro spugna e scompaiono completamente alla vista. Sopra ad un corallo molle ci sono due altre strane creature, due Calpurnus verrucosus, con la loro bella livrea bianca a macchie nere. Nel fondale basso vedo alcune belle grosse conchiglie tridacna aperte a filtrare acqua. Alcune sono blu cobalto, altre verde con striature nere e gialle. Fra le rocce ci sono alcuni pesci ago Dunckerocampus multiannulatus a strisce trasversali bianchi e rosse, con la coda a ventaglio rossa con un tondo bianco in mezzo.
Quando risalgo per l’ultima volta in barca mi prende una nostalgia struggente e vorrei immediatamente rituffarmi in acqua.
Il giorno prima della partenza rispetto il tempo di no-flight per permettere al mio corpo di liberarsi di tutto l’azoto accumulato in questa settimana e consulto i vari manuali per riconoscere alcune delle specie che ho fotografato. Faccio un rapido conto e mi rendo conto di avere scattato oltre 1000 foto. Grazie a chi ha sviluppato la fotografia digitale! Alla fine conterò oltre 40 tipi di pesci, 25 di nudibranchi, almeno 10 tipi di gamberi, 15 di granchi e oltre 20 fra stelle e vermi.
E quando salgo sulla barca a bilancere che mi riporterà verso l’isola principale e gli aeroporti, ho negli occhi e nel cuore le mille meraviglie che questo mare mi ha mostrato, ed il desiderio di tornare presto in questo fantastico pezzetto di paradiso terrestre.
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