Autore: Marcello Polacchini
Ed eccomi qui, a quasi 9.000 km da casa… alla guida della mia grossa Ford Fusion presa a noleggio a Miami. Sto correndo da circa un’ora lungo la Overseas Highway, la strada che è la prosecuzione della US Route 1 e collega Florida City a Key West, snodandosi per 128 miglia fino all’estremità meridionale degli Stati Uniti. Mi trovo nel sud della Florida, dove le isole Keys formano un arcipelago simile a una sottile penisola, che separa il Golfo del Messico dall’Oceano Atlantico. Mille pensieri mi affollano la mente, mentre sta per cominciare una bellissima giornata di mare sognata da tanto tempo. Assieme a me ci sono mia moglie Angela e mia figlia Chiara… finalmente tutta la family è riunita!
Adesso sono arrivato all’altezza di Key Largo e il paesaggio che vedo scorrere dai finestrini è quello tipico della Florida: ricca vegetazione, distese di mangrovie che tuffano le loro radici nell’acqua, basse case di legno prevalentemente bianche, e acqua, tanta acqua sia a destra che a sinistra della strada. Le Keys Islands sono un arcipelago formato da oltre 800 isole di corallo fossile (il loro nome non significa “chiavi”, ma deriva dallo spagnolo “Los Cayos”, che significa “le piccole isole”) unite da un’infinità di ponti sui quali originariamente correva la ferrovia. L’atmosfera delle Keys è ancora oggi quella stupendamente descritta da Ernest Hemingway nel suo romanzo “Il vecchio e il mare”: qui il rumore delle onde che s’infrangono sulla spiaggia e sugli scogli, il sapore di salsedine, l’odore del pesce appena pescato, il sibilo del vento e i versi degli animali si fondono con la magia del paesaggio e i vivaci colori della natura e creano un’atmosfera magica quasi surreale.
Vorrei perdermi in questa natura rigogliosa, ma oggi ho una meta precisa e non ho molto tempo per ammirare il paesaggio. Alle 8 am ho appuntamento al mile marker 100, dove c’è il Marina in cui si trova la sede nautica del “Rainbow Reef Dive Center”… e gli americani sono estremamente puntuali. E’ stano come vengono indicati gli indirizzi qui in Florida. Tutte le distanze e le località delle Keys Islands sono segnate da sud verso nord, in base alla loro distanza da Key West (miglio 0) rispetto a Florida City (miglio 126). La mia destinazione è Key Largo Boats & Dock – 99725 Overseas Highway Mile Marker 100 Key Largo, FL 33037… sembra complicatissimo, ma non lo è.
Supero molti diving disseminati lungo l’autostrada (mai visti così tanti in Italia!) e finalmente arrivo al “miglio 100”. Una grande bandiera “dive” rossa e bianca annuncia inequivocabilmente che siamo arrivati a destinazione.
Scendo dall’auto e assieme a Chiara e Angela mi presento al desk del diving nel quale avevamo prenotato per e-mail le nostre due immersioni. Ci danno il benvenuto e ci fanno subito compilare i moduli di routine: generalità, brevetti, numero di immersioni, ecc., dopodiché ha inizio la vestizione. Essendo in viaggio in giro per gli Stati Uniti per un mese, ovviamente non ci siamo portati appresso la nostra attrezzatura scuba, ma abbiamo semplicemente un brevetto Advanced PADI (una specie di passepartout…) e i nostri computer subacquei.
Raccogliamo l’attrezzatura presa a noleggio (tutta rigorosamente ”rec”) e ci imbarchiamo sul “Voyager”, un grosso yacht da pesca di 40 piedi attrezzato per il diving, che conserva ancora il grande flying bridge.
L’attrezzatura scuba presa a noleggio lascia parecchio a desiderare (del resto che cosa si può pretendere al prezzo di soli 30 dollari?): una muta da 3 mm, un vecchio octopus Mares e un buon jacket. Quello che mi lascia più perplesso (e un po’ mi preoccupa) sono le pinne a scarpetta del tipo “famo el bagnetto in spjaia”… cioè delle pinne giocattolo con la pala piccola e morbidissima. Abituato alle mie “Tech Fin” Dive System e consapevole della forte corrente che mi aspetta in mezzo all’Oceano… non sono proprio felice… Le bombole, ovviamente, sono delle 12 lt. Catalina in alluminio e monoattacco… ma questo me l’aspettavo già.
Pianta dell’isola di Key Largo, la prima delle Keys che s’incontra provenendo dal nord della Florida.
Nel circolo rosso sono indicati i nostri due spot d’immersione.
Saliti a bordo del “Voyager” ci fanno sedere ordinatamente sulle comode panche laterali che si trovano a poppa e ci chiedono… quanti pounds di zavorra vogliamo. Un bel dilemma con quell’attrezzatura che non conosco e una bombola in alluminio da 12 lt. Io opto per l’equivalente di 6 kg per la mia prima immersione… sperando di averci preso.
La sede del “Rainbow Reef Dive Center” nel Marina di Key Largo (FL)
Verso le 9 am lasciamo Key Largo Harbor in direzione dell’Atlantico e il “Voyager” vola letteralmente sull’oceano a una trentina di nodi di velocità, in mezzo a onde alte circa un metro. In breve tempo raggiungiamo il nostro primo punto d’immersione: latitudine 24°59’38”N, longitudine 80°22’92”W, dove si trova il relitto dell’USCG “Duane”, un guardacoste lungo 100 metri che nel 1987 quando è stato radiato dal servizio è stato affondato per farne un reef artificiale.
Mentre il capitano ormeggia abilmente la barca su una grossa boa, l’equipaggio fa un dettagliato briefing dell’immersione, soffermandosi soprattutto sulle particolari procedure di discesa e risalita. Salteremo da poppa uno per volta afferrando una cima collegata a un’altra cima che scorre lungo la fiancata della barca da poppa a prua e ci trascineremo a braccia lungo questa cima fino a raggiungere la boa alla quale la barca è ormeggiata. La boa si trova proprio sopra la poppa del relitto che è una trentina di metri più sotto. Una volta raggiunta la boa, scenderemo in fila lungo la sua cima, sempre tenendoci attaccati, fino a raggiungere la poppa della nave e da lì cominceremo la nostra esplorazione. Il perché di questa particolare procedura è evidente. Basta osservare la scia che la nostra barca ormeggiata alla boa lascia sull’acqua: c’è una corrente di oltre 4 nodi! Si signori: ecco a voi la famosa Gulf Stream!!
La Corrente del Golfo è una potente corrente oceanica calda che nasce nel Golfo del Messico, in cui grandi masse di acqua vengono surriscaldate dall’azione dei raggi solari e tendono a risalire velocemente verso nord ma vengono deviate dalla rotazione terrestre.
Dopo aver preparato la mia attrezzatura, mi sposto sulla comoda e larga plancia di poppa della barca e, tenendo ben stretta la cima legata a quella che corre da poppa a prua e arriva sino alla boa, salto in acqua con il passo del gigante. Appena riemerso, sento subito un forte strappo verso poppa e mi rendo conto che l’avvertimento del capitano di non mollare mai la cima era quanto mai appropriato. A forza di braccia mi trascino verso prora e, mentre Chiara che mi precede è già arrivata alla boa, vedo che mia moglie Angela arranca faticosamente dietro di me. Mi urla che non ce la fa a tenersi con le braccia ed io riesco ad aiutarla afferrandola prima che la corrente la trascini via e la porti… a Cuba!
Finalmente arriviamo anche noi due alla boa e iniziamo la discesa attaccati a bandiera lungo la cima. La corrente è davvero fortissima e faccio persino fatica a respirare dal mio erogatore che mi viene quasi strappato di bocca. Per fortuna l’acqua è piacevolmente calda (82 °F, cioè circa 27 °C) ed è limpidissima, infatti appena messa la testa sott’acqua vedo distintamente il relitto del “Duane” circa trenta metri più sotto e il fondale di sabbia bianca che si trova a 130 piedi di profondità. Fantastico!
Con fatica arriviamo sopra la coperta di poppa della nave e cerchiamo un riparo dalla corrente oltre la falchetta, appiattendoci sul piano di coperta. Dopo aver ripreso un pò fiato do un segno di OK ai miei compagni e… trovo il coraggio di mollare la cima per iniziare finalmente l’immersione.
In navigazione nell’Atlantico a bordo del “Voyager”
Dapprima nuotiamo controcorrente verso prua e con grande fatica (queste pinnette non spingono affatto…) raggiungiamo il cassero centrale della nave, che costeggiamo per un breve tratto rimanendo sul suo lato sinistro. Vedo Madison, la nostra guida, infilarsi dentro una porta laterale e non mi pare vero di poter trovare finalmente riparo dalla corrente.
Nuotiamo per un poco all’interno del relitto procedendo in fila indiana e poi usciamo da un’altra porta sul lato di dritta. Io mi affaccio dalla falchetta per vedere che cosa c’è sotto la murata e ho un tuffo al cuore… proprio sotto di me, a pochi metri di distanza, vedo un grosso squalo nutrice (Ginglymostoma cirratum) adagiato sul fondo di sabbia bianca! Richiamo l’attenzione di Madison e di Angela e Chiara e rimaniamo per qualche istante ad ammirare l’animale: un bestione di 7-8 piedi.
Il grosso Nurse Shark avvisato sul fondale a fianco del relitto del “Duane”. Il Nurse Shark, che può raggiungere i 4 metri di lunghezza, possiede un paio di barbigli sotto la bocca che gli consentono di trovare gli invertebrati di cui si nutre. Questo squalo, piuttosto comune nelle acque tropicali e subtropicali nei fondali vicino alla costa, trascorre le giornate riposandosi sul fondale, mentre la notte si muove a caccia di crostacei, molluschi e invertebrati che risucchia con la piccola bocca mentre nuota ad alta velocità.
Dopo aver ammirato questo bestione, saliamo un po’ di quota, portandoci sull’esterno del ponte superiore della nave e nuotiamo intorno al fumaiolo. Il relitto è perfettamente conservato e la visibilità eccezionale mi permette di ammirarlo in tutta la sua bellezza. Ho letto in Internet che il “Duane” è uno dei più bei relitti delle Keys e, pur non avendone visti degli altri qui in Florida, posso dire che è perfettamente intatto ed ha un fascino molto particolare.
Purtroppo la fortissima corrente condiziona parecchio i nostri consumi e, complice anche una pesata non corretta, io sono tra i primi a raggiungere la pressione di gas nella bombola alla quale avevamo stabilito di risalire. Indico alla nostra guida quanto gas mi rimane e la avverto che mi accingo a risalire. Poi, con una certa preoccupazione, mi dirigo verso la poppa della nave nuotando in favore di corrente. Volo letteralmente sopra la coperta di poppa e cerco di rallentare la mia corsa aggrappandomi a quello che trovo. So perfettamente che se non afferrerò la cima che è attaccata alla boa… sarò disperso nell’oceano in balia della corrente e… la prospettiva non mi alletta per niente! Perciò allargo le braccia e le gambe e… mi ritrovo spiaccicato sulla cima che sale inclinata di 45 gradi fino alla boa alla quale è ormeggiato il “Voyager”. Lo stile non è certamente da subacqueo provetto, ma qui la questione è seria: si tratta di salvare la pelle!!
Salendo come una scimmia aggrappato alla cima, raggiungo finalmente la boa e guadagno la superficie. Per la fatica ho quasi svuotato la mia bombola: ho appena 40 bar di aria! Afferro saldamente la cima che corre verso la poppa della barca e rimetto la testa sott’acqua per vedere a che punto sono Angela e Chiara che sono ancora intente a risalire attaccate a bandiera lungo la cima che scende sul relitto. So di non poterle aiutare se ne avessero bisogno, ma sono preoccupato per loro.
La nostra faticosa discesa sul relitto, in preda alla Corrente del Golfo
Mentre me ne sto attaccato alla cima in superficie finalmente ho il tempo di ripensare allo spettacolo incredibile che ho potuto ammirare la sotto e a quanto sarebbe bello poter rifare questa immersione senza corrente (…cosa impossibile), oppure con un’attrezzatura adeguata, cioè almeno un bibo e un paio di pinne “serie”. Una bombola da soli 12 litri non dà assolutamente il tempo di esplorare tutti i 100 metri del relitto rimanendo per mezz’ora alla profondità di oltre 30 metri. Faccio anche un’altra riflessione: questa sarebbe la sicurezza e l’organizzazione dei diving americani? Siamo messi bene…!
Il castello di prua e a destra l’albero con la coffa del “Duane” che si staglia nel blu.
Per oggi debbo accontentarmi di ciò che ho visto nel poco tempo trascorso sul fondo e… non è davvero poco!
Poco dopo di me salgono a bordo del “Voyager” anche Angela e Chiara che ho seguito da sopra con una certa apprensione durante la loro risalita lungo la cima, temendo che venissero strappate dalla corrente. Mi vergogno un po’ di essere uscito dall’acqua prima di loro, ma… mi consolo un po’ quando Angela mi avvisa di avere ancora meno aria di me nella sua bombola. Praticamente è a zero: una cosa mai accaduta prima! Speriamo che vada meglio nel prossimo tuffo, che faremo in drift “volando” sopra un reef… Comunque,tutto sommato è stata un’esperienza indimenticabile.
Il percorso dell’immersione sul relitto del “Duane”
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