Autore testo: Flavio Costa – www.elifladive.com
Autore foto: Elisabetta Tecchio
Aruba, Bonaire, Curacao: oppure più
semplicemente “ABC”, sono le tre isole principali delle Antille Olandesi. Siamo nel sud dei Caraibi, a pochi chilometri dalle coste del Venezuela, ma si respira aria europea, anche se tutto si paga in dollari.
Partendo da est si incontra prima la caotica Aruba, delle tre la più “americana”, il cui sviluppo turistico si orienta verso le grandi strutture alberghiere regno dell’all-inclusive; poi viene Curacao, dal carattere creolo, densamente popolata ma con angoli di natura selvaggia; infine Bonaire, piccola, silenziosa e legata a un turismo minimalista ed eco-sostenibile.
Storicamente appartenute all’Impero Olandese, ciascuna isola gode di propria autonomia, con organismi statali, una capitale, addirittura una moneta (al momento abbandonata da Bonaire che ha adottato il dollaro americano, comunque universalmente accettato anche sulle altre isole).
L’influenza europea si coglie nell’architettura dei palazzi più antichi e nei tratti degli abitanti, per buona parte di origine Olandese, anche se si contano almeno 40 nazionalità diverse tra i residenti.
Raggiungere le ABC dall’Europa è semplice, con voli giornalieri diretti via Amsterdam. I trasferimenti, nonostante le ridotte distanze (Bonaire è a 64 km da Curacao e a 129 km da Aruba) avvengono esclusivamente in aereo: i voli sono frequenti ed economici, con compagnie di standard europeo.
Il clima è caratterizzato dalla presenza di forti venti provenienti da est, precipitazioni esigue, e temperatura media intorno ai 28 gradi, con una stagionalità pressoché assente. Le isole sono fuori
della cintura degli uragani, e si possono considerare al riparo da fenomeni atmosferici estremi. Le immersioni sono possibili tutto l’anno con condizioni sempre ottimali, e la visibilità in acqua supera spesso i 30 metri. Le scarse precipitazioni e i forti venti hanno creato un ambiente semidesertico, con foreste di cactus e acacie spinose che spuntano dal suolo roccioso. Il lato est di tutte e tre le isole, sottoposto al martellamento delle onde oceaniche e all’azione incessante del vento, è caratterizzato da alte coste rocciose. La potenza dell’acqua ha scavato profondi fiordi nella roccia, dove le onde si incanalano e liberano la loro energia creando alte fontane d’acqua. Al contrario
il lato ovest è protetto dall’azione del mare, e quindi ospita spiagge di sabbia e baie riparate, con moto ondoso e correnti quasi assenti.
Curacao: il pontile di Playa Kalky
Curacao è l’isola più estesa e più densamente popolata. La capitale Willemstad occupa il centro geografico, affacciata sul mare a ovest. Ospita una serie di edifici coloniali del 18simo secolo perfettamente restaurati, che sono parte del patrimonio mondiale UNESCO, il ponte galleggiante mobile Queen Emma Bridge e un colorato mercato su barche, che porta prodotti freschi tutti i giorni dal Venezuela. Intorno alla capitale sorge un’imponente raffineria di petrolio, forse più grande per estensione e illuminazione notturna della stessa Willemstad. L’impianto dà lavoro a buona parte della popolazione, e ha un notevole indotto, creando l’anomalia di una piccola isola caraibica a vocazione industriale.
Curacao: gli edifici coloniali della capitale Willemstad
Al di fuori dell’area urbana della capitale, le oterra di colline rocciose, con macchie di rovi spinosi e cactus che offrono rifugio a iguana e parrocchetti. Il paesaggio semidesertico è interrotto da zone umide salmastre, veri paradisi per centinaia di fenicotteri e pellicani. La parte naturalisticamente più bella di Curacao è protetta dal Christoffel National Park, che può essere esplorato a piedi o in fuoristrada. Da non perdere “Boca Pistol”, una delle tante insenature scavate nella roccia dal mare, ma con una forma particolare che fa sì che le onde più grandi vi si infrangono con il fragore di un colpo d’arma da fuoco, creando una fontana naturale alta una decina di metri.
Curacao: una delle tantissime iguana che popolano l’isola
Tutta la costa ovest dell’isola è adatta alle immersioni. I siti censiti sono un centinaio, la maggior parte accessibili da riva. Sott’acqua i coralli si alternano alle enormi spugne, il fondale è ricchissimo di colori, i pesci abbondano e c’è spazio anche per qualche incontro macro, come gamberetti, cavallucci marini e rari nudibranchi. Il grosso pelagico è difficile da incontrare, a meno che non si scelga uno dei siti della costa est, dove però le immersioni sono riservate a sub esperti, e richiedono sempre una barca d’appoggio. Comunque tartarughe, tarpoon e barracuda si avvistano regolarmente anche nei siti più facili.
Queste le immersioni da non perdere:
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Playa Piscado: una piccola baia che ospita l’attracco di alcune barche di pescatori. L’immersione inizia su un pianoro di sabbia bianca, il miglior posto di Curacao per osservare le tartarughe, onnipresenti a qualunque ora del giorno e della notte. Continuando verso il largo si arriva al reef di corallo: cercate la statua di Nettuno e portategli il vostro omaggio.
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Mushroom Forest: prende il nome dalle formazioni di corallo che punteggiano il fondo, e che metteranno alla prova le vostre capacità di navigazione.
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Playa Kalky: è l’house reef di uno dei principali diving center dell’isola, quindi l’accesso è semplicissimo, sicuro e confortevole. In più potete usufruire dell’appoggio delle strutture
del diving. Immersione colorata e ricca di vita.
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Superior Producer: il relitto più famoso di Curacao, un cargo appoggiato su un fondale sabbioso a 30 metri, perfetto per avvistare i barracuda in branco.
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Portomari (The Valley): la più famosa spiaggia dell’isola, dotata di tutti i confort come ristorante, docce e naturalmente diving-center. Il posto perfetto dove passare un’intera
giornata, alternando immersioni a relax. Proseguendo verso il largo potrete
esplorare un secondo reef parallelo.
Curacao: tartarughe verdi (Chelonia mydas) a Playa Piscado
Aruba non può competere in
quanto a immersioni con Curacao e Bonaire: niente immersioni da riva, i siti
sono principalmente alcuni relitti, e gli stessi dive center sono piccoli e poco
organizzati, dipendenti dagli alberghi più grandi, più orientati al para-sailing
che alla fotosub. Aruba è però la meta ideale per uno stop decompressivo, una
pausa per prendere fiato dalle attività subacquee. La capitale Oranjestad è un
susseguirsi di hotel, boutique e ristoranti, ed è animata da una vivace vita
notturna. La spiaggia principale è costellata di colossali resort, e il mare è
invaso dal frastuono delle moto d’acqua. Se ci si allontana dalla capitale però,
le ville lasciano il posto ai mangrovieti, e si possono trovare le spiagge
bianche e deserte che hanno reso famosa l’isola in tutto il mondo. Potrete
perdervi nel lato selvatico di Aruba visitando un parco naturale, l’Arikok
National Park, che contiene antichi siti indiani, grotte e miniere d’oro
abbandonate, archi naturali scavati nella roccia, dune di sabbia che terminano
direttamente nel mare.
Aruba: una delle spiagge dell’isola
Bonaire fa sentire subito bene
accetti i sub: sulle targhe delle automobili campeggia la scritta “Divers
Paradise”. Da sempre inserita nella lista delle migliori destinazioni diving del
mondo, Bonaire ha investito nella conservazione delle risorse marine, e protegge
le sue acque (tutte!) con un parco da più di 30 anni. Bonaire è la capitale
mondiale dello shore-diving, con oltre ottanta siti di immersione accessibili da
riva. L’isola è completamente circondata da un reef: da riva, il corallo prima
forma una larga terrazza a circa 10 metri di profondità, poi scende a 45 gradi
fino ai 40 metri. Esistono alcune variazioni come muri completamente verticali,
distese sabbiose, o addirittura doppi reef.
Il mare che circonda Bonaire e Klein Bonaire (piccola isola disabitata distante
qualche minuto di barca) è protetto dal Bonaire National Marine Park, per
un’area che complessivamente supera i 2700 ettari, che comprende anche la laguna
di mangrovie. A questa si aggiunge la riserva che tutela la parte nord
dell’isola, il Washington Slagbaai National Park, di ben 5643 ettari. Il parco
regolamenta le immersioni, la pesca, la navigazione, e ha creato un sistema di
42 boe di ancoraggio per evitare di danneggiare la barriera corallina.
Bonaire: il tipico paesaggio del Washington Slagbaai National Park
La parte sud dell’isola è completamente piatta,
con la maggior parte del terreno occupato da estese saline. Questo profilo
uniforme si ritrova anche sott’acqua: le immersioni presentano un reef che
digrada dolcemente, fino a raggiungere un pianoro di sabbia, talvolta interrotto
dalla presenza di un secondo reef corallino.
La parte nord è invece più montuosa, con basse colline rocciose. Le immersioni
partono con un pianoro a circa 6-7 metri di profondità, che poi scende
rapidamente in profondità.
I siti di immersione sono tutti segnalati, in mare da una boa gialla che funge
anche da punto di attracco per le barche, a riva da un grosso sasso dipinto di
giallo, che spesso riporta anche il nome del sito. I diving center, oltre alle
consuete immersioni guidate da riva o da barca, offrono una formula unica: i
clienti possono noleggiare un pick-up, ritirare le bombole cariche direttamente
dal deposito del diving (a qualunque ora del giorno, ti danno le chiavi), e
gestirsi in piena autonomia le immersioni. Con un po‘ di iniziativa, facendosi
orientare dai dive master o documentandosi sulle numerose guide alle immersioni
disponibili sul mercato, si può provare un tipo di vacanza assolutamente libera.
Le immersioni sono prevalentemente facili, l’entrata in acqua è normalmente
agevole e le correnti semplici da gestire. Solo alcuni siti hanno correnti
sostenute, onde forti e accesso da riva più complicato, ma queste peculiarità
sono ben segnalate: se proprio si vuole affrontarli ci si può rivolgere al
diving center chiedendo di essere accompagnati. Soprattutto se si ama la
fotografia subacquea, la possibilità di programmare l’immersione secondo le
proprie necessità, e di dedicare tutto il tempo necessario al nostro soggetto,
senza l’ansia di un gruppo che ci attende o di un itinerario da rispettare,
rende la vacanza ancora più rilassante. Ci si ritrova quindi a ripetere più
volte l’esplorazione di siti che ci hanno particolarmente interessato, alla
ricerca del soggetto e dello scatto migliore. Un altro aspetto da non
sottovalutare, è che con questa modalità le immersioni sono incredibilmente
economiche, perché oltre all’auto, che resta comunque una necessità per
esplorare l’isola, si paga solo il noleggio della bombola, pochi dollari per
immersione.
Bonaire: Slave Hut sulla costa sud-est dell’isola
I siti da esplorare sono veramente tanti,
impossibile pensare di provarli tutti senza un paio di mesi a disposizione.
Quelli che consigliamo di non perdere sono:
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Karpata: immersione dal paesaggio
splendido, un muro pieno di spaccature verticali. Il posto ideale per
cercare, tra i ventagli delle gorgonie, la bellissima “Flamingo Tongue Snail”.
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1000 Steps: una vera prova di coraggio, per
raggiungere l’acqua il sub deve sobbarcarsi 64 scalini (che sembrano 1000
soprattutto durante la salita) indossando l’attrezzatura. Ma i coralli e la
ricchezza di vita di questo sito ripagano della fatica.
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Andrea I e Andrea II: due siti contigui ed
esplorabili con un’unica immersione. Assenza totale di corrente, entrata in
acqua semplice da una spiaggia di sabbia bianca, bassa profondità e
visibilità oltre i 30 metri rendono l’immersione alla portata di tutti. Il
fondo è ricoperto di anemoni che ospitano gamberi e granchi commensali, e
chi ha fortuna e buon occhio si può imbattere in colorati cavallucci marini.
Bonaire: lettuce sea slug (Elysia crispata)
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Small Wall: il nostro House Reef. Se avete
intenzione di fare molte immersioni scegliete con cura la struttura dove
alloggerete. Essere a un passo da un sito interessante vi permetterà di
immergervi per primi con una early morning prima di colazione; di chiudere
la giornata con una notturna rilassata e comoda alla doccia e alla cena;
comunque di avere la possibilità di immergervi con solo un’ora e mezza a
disposizione. Small Wall è un reef ricchissimo, uno dei migliori dell’isola:
abbiamo scelto il nostro resort proprio perché era situato davanti a questo
sito, e la scelta si è rivelata ottima, perché la metà delle nostre
immersioni le abbiamo fatte qui.
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Hilma Hooker: il relitto per eccellenza di
Bonaire. Naturalmente si raggiunge da riva, ma non aspettatevi una
barchetta. La nave è enorme, con ampi tratti esplorabili anche all’interno,
e ospita una grande varietà di pesci. Oltre ai barracuda e agli onnipresenti
tarpon, nelle spaccature della stiva alloggia una cernia gigante.
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Alice in Wonderland: il nome dice tutto.
Immersione spettacolare sia per la ricchezza di vita, sia perché permette di
sperimentare il doppio reef di Bonaire: da riva si arriva a un pianoro sui
10 metri, che scende lentamente fino ai trenta. Poi sabbia a perdita
d’occhio. Si sorvola questa distesa bianca nuotando per alcuni minuti e
sullo sfondo appare una collina di corallo, che altro non è che un reef
concentrico all’isola.
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Salt Pier: siamo nella zona delle saline,
dove un enorme pontile è stato costruito per ospitare l’impianto di carico
del sale sulle navi da trasporto. La struttura poggia su piloni di circa un
metro di diametro, che in poco tempo si sono ricoperti di vita, incrostati
di coralli, conchiglie e spugne. Enormi branchi di pesci cercano riparo
sotto la struttura, ma sono presenti anche i predatori, barracuda, tarpon e
cernie. Forse l’immersione più affascinante di Bonaire, per biodiversità,
colori e per i giochi di luce che si creano tra i piloni del pontile.
Naturalmente tutto ha un prezzo: l’immersione è formalmente vietata, se
chiedete al diving center vi diranno di che non è permesso immergersi perché
la struttura è privata. Noi non abbiamo avuto problemi, ma nel dubbio, siate
discreti…
Bonaire: longlure frogfish (Antennarius multiocellatus), trovarlo non è stato
facile…
Per altre foto, sopra e sott’acqua, questo è il nostro sito: www.elifladive.com
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