La migliore definizione di Ambon me l’ha data Garuda, fotografo professionista giapponese, che scendeva sott’acqua con due fotocamere che, parafrasando Fantozzi, erano da super mega direttore generale, eccellenza, conte e duca.
Al termine di un’immersione, il nipponico mi aveva detto: “ho l’indice indolenzito a furia di scattare foto” e non potevo che credergli perché anch’io, nel mio piccolo e con fotocamera da comune mortale, avevo reso incandescente il pulsante di scatto.
Scherzi a parte, nella maggioranza delle immersioni, le guide dello Spice Island Divers Resort, dove alloggio, sono formidabili ed hanno perlomeno 11 decimi di acutezza visiva, dote che consente loro di trovare a colpo d’occhio quelle creature miniaturizzate quali i gamberi pelosi, gli arlecchino o i tigre che qui sono abbastanza comuni.
Non mancano, naturalmente, nudibranchi e cipree lillipuziane ed una compagnia di altri piccoli soggetti per cui sono necessarie focali macro con rapporto fotografico 1 a 1 e possibilmente lenti addizionali che possano aumentare considerevolmente l’ingrandimento.
Forse, per la maggioranza di chi mi legge, questa specializzazione può essere un tantino eccessiva, ma voglio rassicurare i più sul fatto che esistono anche soggetti di dimensioni superiori, che possono accontentare tutti i fotografi e rendere pazzi di invidia gli appassionati che vedranno le loro catture.
Ambon, paradiso dei fotografi
Nei fondali brulli, dove ciottoli sabbia e ghiaia fanno da padrone, sono molto comuni alcune specie di murene mignon, osservabili a decine in quasi ogni immersione. Noi le trascuriamo, snobbando ugualmente i pesci scatola, i palla, i labridi e i vari gobidi, accompagnati dagli inseparabili gamberi Alfeidi. Per noi, viziosi dell’inconsueto, le fermate obbligatorie sono solamente cavallucci, pesci ago e, naturalmente, i fantasmi del fondale: tutti quegli esseri dotati di un forte mimetismo che potrebbero sfuggire al tuo sguardo non appena lo volgi da un’altra parte. Primi tra tutti, naturalmente, i pesci pietra e molti altri scorpenidi seguiti, quasi alla pari, da polpi, antennari, sogliole, seppie, tarme di mare, dragoncelli e chi più ne ha più ne metta: una miriade di specie che richiederebbero un libro per poter essere documentate tutte convenientemente.
Sui fondali misti, più colorati, la regina incontrastata di esotica bellezza é sicuramente la rinopia, splendido scorpenide che qui vanta almeno due specie e svariate livree. Non da meno, alcuni labridi splendenti ed una compagnia di pesci angelo e farfalla che abbondano in maggior misura dove il fondale misto lascia il posto alla barriera. Perla incontestabile del posto é però l’antennario psichedelico che, come ogni cosa preziosa, è sempre riposto in cassaforte e le stesse guide, che si immergono ogni giorno, faticano ad incontrare anche per parecchi mesi di seguito.
È notte, il fondale è sassoso e con fango, simile come aspetto al substrato del più squallido dei laghi lombardi.
Ci aggiriamo perlustrando il fondo ed ecco che le lampade iniziano a mostrare incredibili soggetti: uno splendido gasteropode col mantello smerlettato intorno al guscio (Hydatina physis), seguito poco dopo da un secondo mollusco (Harpa articularis), con la proboscide estesa, in tenuta da caccia. A poca distanza tre stargazers a punti bianchi (Uranoscopus guttatus) provocano un attacco di giubilo all’Elvira, che li cercava invano da qualche anno. Non si parla naturalmente dei soggetti comuni che, in questi frangenti, vengono quasi disprezzati, a meno che non presentino atteggiamenti inconsueti, come i due granchi blu, in accoppiamento, che ci fronteggiano a chele aperte senza interrompere quanto stavano facendo.
Forse imitano noi, che in questi frangenti non vorremmo mai finire l’immersione.
Oggi, ad Air manis, “acqua dolce” in indonesiano, ci imbattiamo in una città di pesci pietra. Nel giro di pochi metri ne incontriamo perlomeno una decina, la maggior parte della specie Synanceia horrida, che, inabissati tra fango e detriti, spesso sfuggono anche agli esperti occhi delle guide.
Ho giubilato come un pazzo nello scoprirne un paio, in un punto dove gli altri erano passati senza averli visti.
Nei pressi di Laha, un villaggio di pescatori che gettano in acqua gli scarti della pesca, oggi ho visto un grosso calamaro morto sussultare violentemente. Poichè il fenomeno si ripeteva, mi sono fermato a osservare.
Apparentemente il soggetto sembrava proporsi come un novello Lazzaro.
Deciso a risolvere il prodigioso enigma, ho mosso il miracolato, scoprendo finalmente una decina di micromurene che, sporgendo il capo dal grosso ghiaione del fondo, si contendevano brandelli di quel corpo, enormemente più grande di loro, con una irruenza tale da far credere che un grosso predatore volesse trascinare il calamaro sotto i sassi.
In un’immersione successiva invece, al margine di uno smisurato pendio, fiorito di migliaia di anguille giardino, è improvvisamente emerso il capo di un’anguilla serpente Ophycthys bonaparti che con un guizzo repentino ha afferrato una anguilletta tapina, sparendo poi sotto il fondo.
La povera vittima, col corpo metà fuori dal fondale, si divincolava cercando di fuggire in tutti i modi. Dopo alcuni scatti, poco chiari per l’intorbidamento che il dramma provocava, ho tentato di aiutarla, riuscendo alla fine a farla fuggire, pur se privata d’un pezzo di coda.
Gli antennari sono un soggetto comune, anche se particolarmente elusivo, in quasi ogni immersione Le guide ne vanno matte ed hanno la nostra stessa esultanza quando ne scoprono uno. Romeo, una guida giovane con una pancetta che la dice lunga sul suo prossimo futuro ha un occhio talmente specializzato e più di una volta ce ne ha mostrato degli esemplari non più lunghi di un paio di millimetri. Ma anche le altre guide non scherzano e mostrano soggetti lillipuziani con l’orgoglio di un padre di famiglia che presenta agli amici il proprio primogenito.
Purtroppo è ormai tempo di tornare a casa, come questo polpo che sta per chiudere la sua porta di sasso ma, come lui ricorderà lo strano essere che gli ha forzato l’ingresso, anch’io rammenterò a lungo questa bella vacanza.
Dove andare?
Il villaggio in cui ho abitato, lo Spice Island Resort, è il vecchio “Maluku divers” dove avevo già soggiornato nell’ottobre ’14, che ora ha cambiato gestione e, pur rimanendo abbastanza spartano, almeno per la subacquea non ha nulla da invidiare ai centri più blasonati. E’ composto da una dozzina tra bungalows stile indonesiano e appartamenti. La sala pranzo, il meeting bar, la saletta per la manutenzione delle attrezzature fotosub e, naturalmente, il diving center completano la struttura.
Si mangia discretamente con cucina per lo più orientale, a base di riso, pesce, pollo e verdure.
Il personale è premuroso e più che disponibile e le guide subacquee sono molto preparate. Per i brevettati è disponibile, senza alcun costo supplementare, il nitrox 32.
Il resort non è ancora propagandato da alcun tour operator europeo, per cui i subacquei che si incontrano sono perlopiù orientali e se vorrete recarvici dovrete organizzare voi il volo e il soggiorno. Ma ne varrà la pena.