Autore: PierLuigi Da Rolt
Autore foto: Stefano Gugole
Cosa c’è un po’ più in là?
Sono all’elefante bianco, bella giornata bella immersione, scendo, faccio il giro delle stanze sulla volta, mi tuffo a capofitto attraverso la finestra e giù verso il baratro sempre più nero, la mia HID non illumina nulla, sono nel vuoto spaziale.
Eppure anche in quel vuoto c’è qualcosa, c’è sempre qualcosa “un po’ più in là”.
Cosa spinge un uomo a trovare il suo limite? Una sfida con sé stesso come dicono alcuni? Una sfida con la natura come dicono altri? Io dico che sono entrambe sfide perse, perché fatte con avversasi troppo grandi. La grande sfida invece è con la curiosità.
La ricerca del “un po’ più in là” è dettata dalla curiosità, la curiosità di vedere, la curiosità di scoprire.
Dicono che la mente umana è strana, secondo me lo è ancor di più quella di un moderno esploratore. Quando osa l’estremo l’uomo è in balia di se stesso più che degli elementi che gli sono contrari. Ed ecco quindi che accade l’irreparabile. Eppure osa, osa esageratamente pur di trovare qualcosa pur di vedere qualcosa che prima non aveva mai visto.
Molto raramente un incidente accade per limiti che non sono dettati dalla semplice umanità e questo lo sappiamo tutti, questo dovrebbe essere il grande deterrente che aiuta a salvaguardare il subacqueo dalle complicazioni che lo rende prudente, che lo fa stare ancora più all’erta.
Eppure la curiosità, questa grande forza, ha sempre il sopravvento, sugli elementi contrari, sulla paura che si insinua in ogni animo, la curiosità è il sentimento più forte, la sensazione che fa andare al limite, non fa conoscere la paura, alcune volte fa sottovalutare le condizioni tecniche scadenti, perché è lei la regina, la regina dei cuori degli esploratori.
Ogni subacqueo, anche il più inesperto, altro non è che un esploratore, un esploratore di un mondo a lui ignoto, nel quale si sente estraneo e allo stesso tempo ne è fatalmente attirato. Ed ecco quindi le grandi voglie, la voglia di profondità, la voglia di tempi di immersione più lunghi, la voglia di ambienti diversi.
Tutti hanno i loro limiti, come per un alpinista alle prime armi una via di 3 grado sarà considerata estrema, così per un neofita della subacquea, un’immersione a 18 metri sarà come una a 100, quindi per tutti un’immersione nei propri limiti è un’avventura infinita ed una grande impresa. Naturalmente questo accade perché ognuno segue la strada della preparazione e dell’esperienza per gradi ed ecco quindi che i limiti non saranno più statici ma si sposteranno consentendo delle performance superiori. Inevitabilmente quindi si cercherà qualcosa in più, si cercherà quel pizzico di adrenalina che ormai, nell’abitudine delle solite imprese, non si trova più.
Ed ecco che molte volte si tendono a dimenticare i limiti, si prova l’azzardo, giustamente o ingiustamente, ecco che lo spirito avventuriero prende il sopravvento e tutto diviene facile, non si pensa più, le priorità sono esclusivamente per l’esplorazione e l’impresa. Questo è il momento più pericoloso, il momento in cui si è più deboli, il momento in cui tutto viene dimenticato, la prudenza, la sicurezza, tutti gli insegnamenti di chi a già fatto tali esperienze.
Ed è qui che questa grande forza che è la curiosità, diventa nemica, diventa sirena incontrastata del nostro animo, ci fa compiere atti insensati, ci fa fare cose ben oltre alle nostre capacità, diventa nemica, ma una nemica tremendamente invitante, come una donna che amiamo ma allo stesso tempo odiamo.
Molto spesso quando mi infilo in un buco, sentendo la roccia che gratta sulle bombole e che tende a staccarmi la frusta della muta stagna, penso al perché lo faccio.
Quando entro nella sala macchine di un relitto, essendo cosciente che di li a poco la visibilità diventerà pari a zero, penso al perché lo faccio.
Ma la risposta giunge subito e spontanea….. la curiosità. Questa sensazione intrinseca alla subacquea, all’alpinismo, al volo libero, a tutti gli sport estremi.
Ebbene ogni subacqueo, come ogni alpinista, come, più in generale, ogni avventuriero, sa, in cuor suo, quale è la molla che lo spinge a fare tutto ciò che fa. E’ la curiosità, la così umana, così normale, così naturale voglia di “vedere cosa c’è un po’ più in là”.
11 agosto 2006
PierLuigi Da Rolt (OLDSHARK)
Instructor UTR
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