Il 12/12/2015 a Parigi i delegati di 195 paesi che partecipano alla Conferenza mondiale sul clima (Cop21) hanno firmato un accordo impegnandosi a ridurre le emissioni inquinanti, ed in particolare dei cosiddetti gas serra, responsabili del riscaldamento globale, in tutto il mondo.
L’accordo contiene sostanzialmente quattro dichiarazioni di intento:
- Mantenere l’aumento di temperatura inferiore ai 2° entro il 2020, e compiere sforzi per mantenerlo entro 1,5°.
- Smettere di incrementare le emissioni di gas serra il prima possibile e raggiungere nella seconda parte del secolo il momento in cui la produzione di nuovi gas serra sarà sufficientemente bassa da essere assorbita naturalmente.
- Controllare i progressi compiuti ogni cinque anni, tramite nuove Conferenze.
- Versare 100 miliardi di dollari ogni anno ai paesi più poveri per aiutarli a sviluppare fonti di energia meno inquinanti.
Molti media applaudono al risultato storico. Ma è tutto oro quello che luccica?
Da un lato è la prima volta che a livello mondiale tutti concordano che esiste un problema di surriscaldamento, e che fissano delle regole comuni per contrastarlo. Evviva! Fino a non molto tempo fa illustri personaggi nel mondo della cultura semplicemente negavano il problema.
Volendo cercare il pelo nell’uovo però notiamo che mentre alcune di queste disposizioni sono legalmente vincolanti, ad altre i paesi aderiscono in maniera volontaria. Non sono previste sanzioni in caso di mancato raggiungimento degli obbiettivi, insomma i paesi avranno ampio margine per ignorare le raccomandazioni, eludere i controlli e continuare a inquinare.
Ci dispiace schierarci dalla parte di quelli che dicono “ve l’avevamo detto”, ma dobbiamo ricordare che la scienza parla dei rischi del riscaldamento globale già dalla fine dell’800. Ai primi del ‘900 il chimico svedese Svante Arrhenius calcolò (manualmente) che a un incremento del 50% della concentrazione di CO2, la temperatura sarebbe salita di 4,1° sulla Terra e 3,3° negli oceani. Per inciso si ritiene che la concentrazione di CO2 prima della rivoluzione industriale fosse di 280 ppm (parti per milione), al momento siamo attorno a 390 ppm (incremento attorno al 35%), e non stiamo calcolando l’incremento degli altri gas serra, che hanno azione analoga alla CO2.
Insomma, ricordiamoci del risultato di Parigi, anche e soprattutto per cercare di capire se ci sarà a livello mondiale un seguito a queste belle intenzioni. E speriamo che non sia troppo tardi…
La vignetta è di Francesca Scoccia.