Autore: Robert N. Rossier
Quanto è pura la vostra aria?
Prendiamo in considerazione il rischio di contaminazione da monossido di carbonio
Alcuni anni fa, in questa stessa rubrica, abbiamo esaminato il problema della contaminazione da monossido di carbonio (CO) nell’aria compressa. A quel tempo, si erano verificati alcuni decessi come conseguenza della contaminazione dell’aria respirata dai subacquei con il CO, un gas incolore e inodore che si lega all’emoglobina del sangue, riducendo così la sua capacità di trasportare l’ossigeno.
Vista la portata e la serietà del problema della contaminazione da CO, e poiché alcuni lettori recentemente ci hanno scritto per esprimere le loro preoccupazioni, abbiamo deciso di trattare nuovamente questo argomento.
Alla ricerca di dati
Il primo riferimento nella raccolta dei dati riguarda il Dipartimento della Sanità della Florida (Florida Department of Health o DOH) che, sin dal 1999, controlla tutte le stazioni di ricarica di aria di quello Stato. In quello stesso anno l’apparato legislativo della Florida ha promulgato una legge che stabilisce che tutte le stazioni di ricarica di aria debbano far controllare la qualità della propria aria da un laboratorio accreditato con cadenza trimestrale.
I risultati dei test devono essere esposti ben in vista nel centro subacqueo e trasmessi al DOH, che pubblica sul proprio sito web un elenco di tutte le stazioni di ricarica che risultano conformi alla legge.
Secondo le fonti del DOH della Florida, nessuna delle stazioni di ricarica controllate ha mai superato il limite di 10 parti per milione (PPM) di CO per l’aria di “Grado E” dell’Associazione Gas Compressi (Compressed Gas Association o CGA), che è lo standard stabilito dalla legge della Florida e riconosciuto dall’industria della subacquea. (Nota: qualora l’aria debba essere utilizzata per fare miscele di nitrox è richiesto il “Grado E Modificato”). Tuttavia, i funzionari del DOH ammettono che vero problema è quello di riuscire ad ottenere i rapporti per tempo.
Non appena abbiamo scavato un pò più a fondo, abbiamo scoperto qual è la probabile causa del ritardo nella presentazione dei rapporti al Dipartimento. Secondo Bill Parizek, Segretario dell’Ufficio Stampa del DOH, i laboratori che eseguono i test sull’aria non trasmettono i risultati delle prove direttamente al DOH, a meno che questo non sia specificamente richiesto dalla stazione di ricarica. Se una stazione di ricarica presenta una qualità dell’aria non idonea, essa può cercare di risolvere il problema, per poi sottoporsi ad un’altra verifica e solo in seguito inviare quindi i risultati al DOH.
Se da un lato può sembrare che questo comportamento “rappresenti un inganno”, d’altro canto questo almeno costringe i centri subacquei ad eliminare le cause del problema. Così, nonostante la Florida riporti che nessuna stazione di ricarica superi i limiti di CO consentiti, questi risultati sono ingannevoli.
Il problema rimane in quanto i subacquei, nelle loro bombole, potrebbero trovare aria contaminata da CO anche in una Florida così attenta alla sicurezza.
I Nostri Contatti
Per ottenere dei dati più indicativi su quanto frequentemente i campioni di aria provenienti dai centri subacquei superino i limiti di CO consentiti, abbiamo contattato alcuni dei laboratori che effettuano i test, ottenendo risposte differenti. Infatti, fonti provenienti dal TRI Environmental, uno dei principali laboratori di controllo, riportano che una percentuale che va dal 3 al 5 per cento dei campioni d’aria esaminati superano il limite di 10 ppm. Il TRI esegue tra le 1.000 e le 2.000 analisi d’aria mensili.
Un altro dei principali laboratori, il Lawrence Factor, fornisce risultati simili. “Probabilmente eseguo circa 100 test al giorno”, ci ha detto Bob Laughlin, Direttore del Laboratory Services al Lawrence Factor. “Di questi, circa 10 contengono CO e circa tre superano il limite. E normalmente “non cerchiamo di spaccare il capello in quattro”. Quei campioni che superano i limiti, non li superano di poco, solitamente sono notevolmente al di sopra, – tra i 30 ed i 40 ppm. Infatti, oggi ho giusto qui sulla scrivania due risultati. Uno è di 45 ppm e l’altro è di 50 ppm”.
Occorre considerare che i dati sull’aria contaminata da CO non provengono da prove effettuate su singole bombole, ma direttamente dall’analisi periodica dell’aria prodotta dai compressori delle stazioni di ricarica presenti nel paese.
Una singola stazione di ricarica difettosa può produrre un indeterminato numero di bombole contaminate con il CO. La maggior parte dei centri subacquei verifica la qualità della propria aria trimestralmente. Per quelli che operano nello stato della Florida, è un requisito legale.
Imparare dai Propri Errori
Una percentuale d’incidenza di esiti negativi del 3 – 5 per cento sembra piuttosto elevata e solleva la questione su quali stazioni di ricarica stiano operando in maniera sbagliata e se stiano imparando qualcosa dai propri errori. Secondo Laughlin, le stazioni di ricarica non riescono a rimanere nei limiti di CO prescritti per due ragioni principali.
“In primo luogo l’eccessivo sfruttamento del filtro d’ingresso del compressore”, afferma Laughlin. “Immaginate che il filtro dell’aria sia come una grande spugna che assorbe gli agenti inquinanti. Se si utilizza troppo a lungo lo stesso filtro, si genera quel fenomeno che noi abbiamo soprannominato “della trafilazione” che si verifica proprio come quando si strizza una spugna. Tutti gli agenti inquinanti si riversano nell’aria compressa.
“L’altro problema che abbiamo individuato è l’errato posizionamento della presa dell’aria. Idealmente, tale presa dovrebbe essere posizionata in alto, sul tetto, ma spesso riscontriamo che gli operatori la posizionano proprio vicino allo scarico, all’interno del negozio o nel retro, dove può aspirare ogni genere di robaccia. Con i compressori portatili, il problema si verifica quando non c’è un’adeguata ventilazione, viene a formarsi una nube di vapori di scarico intorno alla presa, che così viene risucchiata all’interno”.
Laughlin afferma che la Lawrence Factor non addebita le prove che non risultano regolari. Quando un campione supera i limiti, viene inviato al centro subacqueo un nuovo kit per l’analisi, così che possa essere prelevato un nuovo campione. “Inoltre, collaboriamo con i centri subacquei per aiutarli ad individuare ed a risolvere il problema”, conclude Laughlin.
Quando gli operatori si trovano ad affrontare un problema, probabilmente diventano più accorti e la probabilità di andare incontro a successivi problemi si riduce. Ma nel frattempo, mentre i centri subacquei sono in attesa dei risultati delle loro prove, possono pompare aria contaminata in numerose bombole di subacquei inconsapevoli. Inoltre, avendo il test della qualità dell’aria una scadenza soltanto trimestrale, in teoria una stazione di ricarica potrebbe produrre aria contaminata per quasi tre mesi prima che il problema sia scoperto.
La Rilevazione della CO
Anche se risulta difficile determinare in maniera precisa la quantità di aria compressa inquinata con CO, i subacquei possono mettere in atto alcune misure per limitare questo rischio. La prima cosa da fare è far ricaricare la propria bombola da un centro subacqueo di fiducia, che ricarica molte bombole e che tiene in giusta considerazione l’importanza della qualità dell’aria. Per monitorare costantemente la qualità dell’aria compressa prodotta per i propri clienti, alcuni centri hanno persino installato sofisticati sistemi elettronici per il controllo del CO.
Un altro sistema per minimizzare il rischio di avvelenamento da CO è quello di esaminare personalmente la propria aria. Alcuni produttori di rivelatori di CO che vi avevamo segnalato alcuni anni fa non ci sono più, ma adesso ve ne sono molti altri. Forse il rilevatore personale di CO più diffuso è il C-O-Cop(®) della Lawrence Factor. Questo rilevatore è disponibile in due modelli: uno utilizza un connettore da fissare alla rubinetteria della bombola, mentre l’altro si collega alla frusta di bassa pressione. Entrambi i modelli, per fornire una misurazione qualitativa del CO, utilizzano il sistema del viraggio del colore. Quando il livello di CO dell’aria esaminata si avvicina a 50 ppm, il colore vira allo scuro.
Nonostante l’indicazione vitale sì/no fornita dal C-O-Cop(®) sia sicuramente adeguata per la maggior parte dei casi, alcuni subacquei sentono il bisogno di una lettura ancora più specifica del livello di CO in parti per milione. Per queste persone, sono disponibili i tubi calibrati per la rilevazione del gas prodotti dalla RAE Systems e dalla Sensidyne.
Una piccola pompa a mano preleva un campione d’aria di 50 cc. attraverso i tubi di rilevazione, che sono dotati di una scala graduata di valori che va dai 5 ai 100 ppm o dai 10 ai 250 ppm, utilizzando la stessa tecnologia del viraggio del colore. Anche se questi tubi di rilevazione forniscono una lettura quantitativa del CO, l’esecuzione della misurazione risulta, in certo qual modo, abbastanza complicato: l’aria proveniente dalla bombola è immessa in un sacchetto di plastica, dal quale in seguito la pompa preleva un campione.
Conclusioni
Le buone notizie sono rappresentate dal fatto che pochissimi subacquei nel corso dell’immersione vanno incontro ad un’esposizione a dosi letali di CO. Ma, nonostante tutti gli sforzi messi in atto dai centri subacquei più diligenti e dal DOH della Florida, ancora persiste almeno un certo livello di rischio di respirare aria compressa contaminata da CO. In ogni caso forse la cosa più importante, per coloro che ritengono che questo rischio sia inaccettabile, è la disponibilità dei rilevatori in grado di rassicurarli prima di scivolare sotto la superficie dell’acqua.
Da: Alert Diver II-2007,
per gentile concessione di DAN Europe
www.daneurope.org
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