“Omicidio colposo plurimo” era il reato ipotizzato da subito
a carico di A.G., la guida subacquea che ha accompagnato nell’immersione fatale
alla grotta di San Giorgio di Portofino Domenico e suo figlio Angelo Ferrari
sabato 24 Luglio 2010.
Secondo l’accusa la guida avrebbe dovuto impedire quell’immersione a causa delle
condizioni meteo sfavorevoli.
La decisione del tribunale è arrivata il 6 marzo 2012: un
anno e otto mesi di reclusione e un risarcimento provvisorio da oltre un milione
di euro è la sentenza pronunciata dal giudice per l’udienza preliminare
Mauro Amisano nei confronti di A.G..
Chiediamo all’Avvocato Francesca Zambonin, esperta in materia
di diritto e subacquea, quali possano essere le motivazioni che hanno portato a
questa decisione:
“In attesa del deposito delle motivazioni che potranno
chiarire gli elementi di fatto e di diritto su cui si è basata la decisione, è
possibile solamente formulare delle ipotesi sui motivi che hanno condotto alla
sentenza in argomento.
In via generale, si rileva che il contratto di prestazione d’opera intercorrente
tra la guida ed il cliente imponga al primo un obbligo di garanzia,
ovvero di protezione del “bene salute”, nei confronti del proprio cliente, non
avendo quest’ultimo l’esperienza e la conoscenza dei luoghi in cui viene
effettuata l’immersione.
Se poi il cliente non ha un brevetto avanzato, la guida non riveste solo la
mansione di mero accompagnatore del subacqueo, ma assume una funzione (e la
responsabilità) che si avvicina a quella dell’istruttore, dovendo altresì
garantire protezione, educazione e controllo del proprio cliente durante
l’immersione.
Nel caso specifico, si ritiene che il Giudice che ha condannato la guida
subacquea per l’incidente avvenuto a Portofino, si possa essere basato proprio
su questi aspetti: da un lato, infatti, l’aver ugualmente effettuato
l’immersione nonostante le condizioni avverse del mare implica una colpa
della guida, la quale doveva essere a conoscenza, proprio per il ruolo che
rivestiva, della pericolosità di immergersi in quel luogo con il mare mosso.
Ed inoltre, la circostanza che le due vittime non fossero subacquei esperti e/o
non praticassero tale sport da un po’ di tempo, ha aggravato la sua posizione;
anche per questa circostanza, infatti, la guida non avrebbe dovuto accompagnare
la coppia sul luogo di immersione, in considerazione delle difficoltà della
stessa e della poca esperienza/pratica dei propri clienti.
Da ciò ne consegue la responsabilità della guida per aver cagionato per propria
colpa (negligenza, imprudenza, imperizia) la morte dei propri clienti.”
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Subacquea e diritto civile e penale
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