Autore: Carlo Amoretti
Fin da quando, agli inizi del ventesimo secolo, il fisiologo scozzese Haldane scoprì che una persona esposta alla pressione assorbiva azoto nei tessuti del suo corpo e che poi, nell’uscire dall’ambiente iperbarico, poteva salire fino a quando la pressione si fosse dimezzata rispetto a quella massima, sono stati elaborati dispositivi sempre più sofisticati per effettuare i relativi calcoli.
Paradossalmente i subacquei professionisti o i palombari non hanno mai avuto molta necessità di poter calcolare in tempo reale la loro esposizione all’azoto, in quanto in un cantiere subacqueo c’era sempre un supervisore o un medico che potevano fare i calcoli per loro e provvedere alla risalita gestita con argani o con una decompressione pilotata in camera iperbarica.
Con la nascita e la diffusione della subacquea sportiva, invece, è nata anche la necessità di avere un sistema per fare i calcoli, più o meno automatizzato e, soprattutto, che si potesse portare in immersione. I primi strumenti di calcolo sono state le tabelle: vale a dire una stampa che riportava tempi e profondità in righe e colonne, sopperendo alla necessità di ricordare i dati, e che necessitava solo diun orologio per misurare il tempo di esposizione alla pressione.
Attorno al 1960 comparve il decompressimetro, inventato da Alinari e De Santis, uno strumento che simulava l’assorbimento ed il rilascio di azoto da un materiale poroso a base ceramica e indicava lo status decompressivo del subacqueo su un quadrante o su una scala colorata.
Si dovrà attendere la metà degli anni ’80 del secolo scorso per vedere i primi computer subacquei moderni, cioè strumenti elettronici in grado di calcolare l’assorbimento e la desaturazione d’azoto dal corpo del subacqueo applicando una formula matematica ai dati di profondità e tempo che rilevavano attraverso specifici sensori.
Il primo computer subacqueo fu il Decobrain di Hans Hass, seguito a breve dall’Orca Edge, nel 1987 poi arrivò il capostipite della famiglia Aladin di Uwatec che sancì la diffusione generale di questo strumento tra i subacquei. Al tempo l’Aladin ebbe un tale successo che tra il modello originale e quello del 1994 ne furono venduti oltre un ilione e mezzo. Allo stesso periodo risale anche l’SME della finlandese Suunto. Poi, a metà degli anni ’90 il numero di modelli disponibili sul mercato esplose per arrivare a dozzine di modelli diversi.
Alcune presentazioni di computer recenti le trovate QUI
Trattandosi di elettronica, questi strumenti hanno vissuto l’evoluzione rapidissima tipica del settore, anche se il passo è stato molto meno svelto rispetto a quello di prodotti che hanno un mercato molto più grande come i telefoni cellulari. Questo ci ha portato ad una situazione, oggi, in cui gli smartphone sono ormai computer portatili con una notevole potenza di calcolo mentre i computer subacquei sono rimasti indietro in termini di potenza, funzionalità e possibilità di aggiornamento. A molti subacquei questo appare incomprensibile, mentre è perfettamente normale se si considerano le logiche produttive industriali e si considera che uno smartphone viene venduto in decine di milioni di esemplari, mentre un computer subacqueo di straordinario successo può arrivare, al massimo a vendere diecimila unità venduti all’anno e si tratta più dell’eccezione che della regola. Alla luce di questi numeri è, purtroppo, normale che il ritmo evolutivo dei computer subacquei sia lentissimo rispetto al resto dell’elettronica di consumo. E’ sicuramente una situazione spiacevole ma, purtroppo, inevitabile al momento.
Tornando al punto di vista storico, ecco che con l’evoluzione si sono ridotte le dimensioni e sono aumentate le funzionalità, ma alcune caratteristiche di base sono, logicamente, rimaste le stesse. Tutti i computer subacquei servono, come anticipato, a dire al subacqueo se è ancora in curva di sicurezza o deve fare decompressione e tutti riportano una serie di dati indispensabili comune per tutti i modelli, come minimo: profondità attuale, tempo d’immersione, tempo di non decompressione (e informazioni di decompressione una volta usciti di curva), velocità di risalita e massima profondità raggiunta. A questi dati base vengono poi abbinate varie informazioni aggiuntive, si va dagli allarmi per il raggiungimento della massima profondità desiderata, alla temperatura dell’acqua, passando per il livello di accumulo di O2 al CNS nei computer nitrox.
Tra le indicazioni chiave dello strumento va sottolineata quella della velocità di risalita. Si tratta di un aspetto critico dell’immersione che di solito viene tenuto sotto controllo dal computer non solo con un’indicazione visiva (cifra o percentuale o testo nei modelli più avanzati), ma anche con un allarme sonoro che permette di richiamare l’attenzione del subacqueo se iniziasse a risalire in modo troppo veloce.
Una delle funzioni più importanti è quella di “memoria” dell’azoto residuo. Dopo ogni immersione il computer continua a calcolare la desaturazione del gas inerte dal corpo del subacqueo, in modo da permettere i calcoli nelle successive immersioni ripetitive. Questo permette allo strumento di calcolare anche il tempo che deve passare prima che si possa salire in quota, cioè andare in montagna o in aereo; questo dato viene spesso definito “tempo di non volo”. La gestione dell’altitudine ci permette di differenziare i computer che la misurano automaticamente da quelli che richiedono al subacqueo di inserire questo dato dopo averlo misurato con un altimetro o, più probabilmente, desunto dalla quota del luogo d’immersione. E’ chiaro che questa necessità si verifica sono nel caso delle immersioni in laghi di montagna, dove la minor pressione atmosferica permette di tollerare una minore quantità di azoto residuo al termine dell’immersione.
Addentrarci nel modo specifico in cui ciascun modello mostra le informazioni vorrebbe dire cercare di imitare, malamente, il manuale di istruzioni del computer che, purtroppo, nelle abitudini dei subacquei non viene quasi mai consultato. Questo è un peccato perché, oltre a mettere a rischio la sicurezza dell’immersione, capita spesso che le funzioni più avanzate degli strumenti vengano sfruttate a malapena, a causa della pigrizia di apprenderle. Sembra un rimprovero di prammatica, ma lo ritengo pienamente fondato e spesso mi trovo a ripetere agli allievi quando arrivano sul mare con il loro computer nuovo nuovo che, non poche volte, ha ancora il foglio di plastica di protezione del display che viene messo durante la produzione, e chiedono “ho comprato il computer, mi spieghi come si usa?”.
Dal punto di vista dell’elettronica i computer subacquei sono, in linea generale, molto simili. Tutti utilizzano un microprocessore per svolgere i calcoli, una serie di sensori per rilevare la pressione e una unità di memoria per contenere i dati da processare e le informazioni post-immersione. Per esempio quelle necessarie al calcolo della desaturazione, quelle mostrate nel logbook e quei dati che, in un numero crescente di computer, potranno essere trasferiti al personal computer.
Il sensore più importante è quello della pressione, che è il dato fondamentale utilizzato per calcolare la profondità. Questo calcolo, comporta anche una distinzione tra tipologie di computer, infatti alcuni produttori tarano questa misura sull’acqua salata e altri sull’acqua dolce. Ai fini del calcolo della decompressione non cambia nulla, in quanto questo si basa soltanto sul valore della pressione, ma a livello della profondità indicata sul display c’è un leggero scostamento tra le due versioni, causato dalla differenza di peso specifico dell’acqua salata rispetto a quella dolce. Negli ultimi anni, tuttavia, questa differenza è in forte diminuzione in quanto moltissimi marchi propongono strumenti che danno al subacqueo la possibilità di impostare il “tipo di acqua” nella quale si immergeranno.
I dati rilevati dal sensore di pressione e il tempo calcolato dallo strumento sono i due parametri fondamentali che vengono inseriti nell’algoritmo per ottenere una prognosi della decompressione. Alcuni computer hanno anche la possibilità di rilevare la temperatura ed alcuni, oltre ad indicare questo dato sullo schermo, sono anche in grado di utilizzarlo come fattore per una valutazione più accurata dell’assorbimento e del rilascio di azoto dall’organismo del subacqueo. Un altro fattore importante ai fini di questo fenomeno è il carico di lavoro al quale il sommozzatore si sottopone nuotando, per questo già da una decina di anni sono stati realizzati dei computer in grado di stimare lo sforzo fisico interpretando le variazioni nel ritmo respiratorio e il calo di pressione della bombola. La novità più recente, che risale comunque a 4 anni fa, è l’utilizzo della frequenza cardiaca per ottenere una misurazione ancora più precisa dello sforzo.
La possibilità di vedere sul display i dati di pressione della bombola è un’altra caratteristica che ci permette di classificare i vari tipi di computer subacqueo. Quelli in grado di indicarla vengono detti “computer integrati”. Tra questi è possibile fare una ulteriore suddivisione, distinguendo quelli che sono collegati all’erogatore tramite una frusta di alta pressione e quelli collegati via radio. I primi si comportano in modo molto simile ad un manometro digitale, mentre i secondi utilizzano un sensore di pressione montato su un’uscita HP del primo stadio che poi trasmette all’unità da polso, via radio, il valore rilevato. Anche il modo in cui la misura della pressione viene utilizzata dal computer è un ulteriore dato discriminante nella nostra rassegna: in alcuni casi ci si limita ad indicare la pressione residua e lasciare al subacqueo il compito di valutare come utilizzarla; in altri viene fatta una stima di quanto durerà quella riserva d’aria alla profondità attuale se la respirazione rimane costante. Negli strumenti più sofisticati, questo calcolo viene esteso fino a prevedere quanto il subacqueo potrà rimanere alla quota alla quale si trova prima di dover risalire per completare l’ascesa e tutte le eventuali tappe di decompressione e, infine, arrivare in superficie con una riserva di gas di sicurezza.
Come anticipato, il dato in assoluto più significativo nel distinguere i computer non è quello puramente tecnologico delle loro funzionalità, quanto il modello di calcolo del quale fanno uso. Questo modello matematico viene indicato con il termine “algoritmo”. Questo termine non ha nulla a che vedere con il “logaritmo” ma capita spesso di sentire subacquei che dicono “il mio computer usa il logaritmo “tal dei tali”, un evento che, nella sua simpatia, indica anche le carenze nella formazione dei subacquei.. Nella sua accezione informatica, l’algoritmo viene definito come “un metodo per la soluzione di un problema adatto a essere implementato sotto forma di programma”. In altri termini potremmo descriverlo come una procedura che permette di arrivare al risultato eseguendo, in un preciso ordine, una serie di operazioni più semplici scelte in
una sequenza di azioni predefinite.
Ai fini della nostra spiegazione, tuttavia, è sufficiente una descrizione ancor più semplice: l’algoritmo è una formula con alcune variabili che vengono definite dalle misure fatte dal computer e che, una volta risolta, ci dà una stima dello stato decompressivo del subacqueo. Anche le tabelle sono realizzate attraverso un algoritmo, ma in questo caso la formula viene risolta in base alle variabili profondità e tempo e per una serie finita di coppie di questi valori, i risultati vengono poi stampati sulla tabella stessa. Il computer, invece, è in grado di svolgere il calcolo continuamente e quindi di seguire con precisione il profilo dell’immersione, che poi non è altro che la sequenza di valori di profondità rilevati ad intervalli regolari di tempo. Ad esempio i computer più moderni aggiornano il calcolo all’incirca ogni 5 secondi e mostrano le variazioni di profondità praticamente in tempo reale.
In base all’algoritmo utilizzato possiamo raggruppare i computer in “famiglie”.
La più diffusa utilizza gli algoritmi cosiddetti buhlmaniani, che derivano dalle ricerche del fisiologo svizzero Bühlmann, e sono stati impiegati in varie serie di computer. Le implementazioni più recenti si trovano nei computer UWATEC equipaggiati con il modello ZH-L8 ADT e derivati (ZH-L8 ADT MB e il recentissimo ZH-L8 ADT MB PMG). Con una diffusione simile troviamo i computer che utilizzano il modello Reduced Gradient Bubble Model, o RGBM, elaborato dal fisico americano Wienke, le due implementazioni più note sono il Suunto Reduced Gradient Bubble Algorithm e il RGBM Mares-Wienke. Buona parte degli strumenti presenti sul mercato utilizza lo ZH-L16 originale, in quanto è l’unico che Bühlmann ha pubblicato, altri utilizzano varie versione di RGBM oppure l’algoritmo Haldane/Spencer a dodici tessuti che spesso viene indicato anche come algoritmo “haldaniano modificato”. Alcuni computer orientate a mercati di nicchia come quello tecnico e prodotti da case specializzate offrono strumenti con altri algoritmi che sono anche personabilizzabili dal subacqueo che, però, deve sapere esattamente ciò
che fa per non compromettere la propria sicurezza.
Evitiamo di addentrarci tra le differenze specifiche dei vari modelli di calcolo per non scatenare “guerre di religione” e limitiamoci a dire che le differenze tra i risultati sono in genere minime, in particolar modo per quanto riguarda la prima immersione, mentre tendono a scostarsi maggiormente nelle ripetitive. Le spinte del mercato e soprattutto quelle della ricerca medica hanno teso negli ultimi dieci o quindici anni ad una certa standardizzazione del funzionamento degli strumenti che sono diventati via via più conservativi nell’interesse di una popolazione di subacquei che si è allargata fino ad arrivare a comprendere praticanti di tutte le età e condizioni forma fisica. Inoltre la diffusione delle cosiddette vacanze blu ha imposto la realizzazione di strumenti in grado di garantire la sicurezza del subacqueo anche nel caso di esposizioni multiple concentrate in pochi giorni, un’esigenza che prima praticamente non esisteva. Le immersioni multiple ripetitive (dette in gergo “multi-day repetitive exposures”) sono anche impossibili da gestire col solo uso delle tabelle, in quanto la complessità dei calcoli diverrebbe rapidamente ingestibile e, soprattutto, le sei o dodici ore di intervallo che alcune tabelle considerano sufficienti all’eliminazione totale dell’azoto non sono un tempo sufficiente a smaltire l’azoto accumulato anche solo nelle prime cinque immersioni di una vacanza (che per esempio corrispondono ai tuffi dei soli primi due giorni di una crociera).
L’altra differenza fondamentale tra le tabelle ed i computer subacquei l’abbiamo nel caso delle immersioni multilivello.
Come accennato in un paragrafo precedente, la tabella considera solo una coppia di valori profondità-tempo alla volta, mentre il computer subacqueo ripete il campionamento ed il calcolo in modo continuativo. Ci sono stati dei tentativi di realizzare tabelle che permettessero di pianificare ed effettuare immersioni ripetitive, ma la loro scomodità pratica e il loro arrivare “tardi”, cioè quando il computer subacqueo era una realtà già piuttosto diffusa ne ha decretato il quasi automatico insuccesso. Si potrebbe addirittura dire che la diffusione delle immersioni multilivello sia dovuta proprio alla diffusione dei computer subacquei, che hanno trasformato l’immersione ricreativa standard da un tuffo a 30 per i 25 minuti di tempo di fondo previsto dalle tabelle US Navy (e un tempo inferiore se prendiamo ad esempio le tabelle sportive) in immersioni che arrivano a maggiori profondità e durano molto di più, si arriva, e spesso si superano, i sessanta minuti rimanendo sempre al limite della curva di sicurezza.
Algoritmi
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Dando un’occhiata alle varie tipologie di strumenti proposti dal mercato, queste sono sempre più variegate. Iniziamo dalla conformazione, vale a dire la dimensione della cassa. Dall’inizio del 2000, c’è stato un boom, poi in parte ridimensionato, dei cosiddetti computer-orologio, cioè computer subacquei realizzati nelle dimensioni di un orologio da polso medio-grande. Il vantaggio di questi strumenti è di poterli portare sempre addosso e quindi, per rubare una frase al marketing “di portare la subacquea nella vita di tutti i giorni”. Di contro ci si trova ad avere orologi piuttosto pesanti e poco confortevoli da indossare a lungo ma, soprattutto, a computer
subacquei che, inevitabilmente, hanno un display di dimensioni ridotte e sono scomodi da leggere in immersione. C’è però una nicchia molto interessante per questi dispositivi: il ruolo di computer di scorta. Sembra una ridondanza eccessiva, ma se si pensa allo scenario della vacanza blu, è evidente che un eventuale guasto allo strumento nel mezzo della vacanza costringerebbe a saltare almeno 24-48 ore di immersioni per poi poter riprendere con un nuovo computer e il corpo “desaturato”. L’alternativa sarebbe ricalcolare, a tabelle e sulla base dei dati del logbook –ammesso di averlo compilato – tutte le immersioni precedenti per arrivare ad un gruppo di appartenenza su cui basare le successive immersioni. Considerano una vacanza tipica con 2 o 3 immersioni al giorno, al terzo giorno avremo fino a 9 immersioni ripetitive con intervalli di superficie di circa un’ora. Facile immaginare che una tabella ci direbbe che siamo del tutto fuori da qualunque ragionevole profilo. Ecco che un computer di backup, per quanto piccolo e con caratteristiche inferiori a quello principale, può dimostrarsi ideale per salvare qualche giorno di immersioni.
Ritorniamo alla forma della cassa.
Troviamo computer di tutti i tipi che, però in pratica si possono ridurre e catalogare nelle due fogge: quella quadrangolare e quella rotonda. La prima, richiede l’uso di casse molto robuste e quindi porta a computer ingombranti con display relativamente piccoli. Una soluzione a questo problema è stata l’adozione di computer nei quali l’elettronica è annegata in un bagno d’olio che permette di resistere a pressioni elevate con pareti sottili e mantenere un display grande, la contropartita è che l’olio deve essere immesso sottovuoto e questo costringe ad effettuare il cambio batteria presso il produttore anziché da soli. I computer di questo tipo nella fascia alta del mercato hanno una cassa ibrida che ha la parte contenente il display a bagno d’olio e quella della batteria “a secco”, quindi la batteria diventa sostituibile. La forma rotonda invece permette di resistere meglio alla pressione e quindi consente di realizzare computer dalle dimensioni contenute con pareti di spessore non eccessivo.
A proposito di batterie, anche queste sono, un altro aspetto distintivo dei computer.
La tendenza attuale è di utilizzare batterie ricaricabili, soprattutto per i computer di maggior qualità. E’ una tendenza interessante ma ancora priva di una storia che consenta di dire se il risultato è buono per l’uso in immersione. I cellulari le usano da anni senza problemi e la tecnologia delle attuali batteria è molto buona, ma va visto come si adattano all’uso in campo subacqueo. Infatti, qui si trovano condizioni ambientali sfavorevoli, tra le quali si possono citare il repentino passaggio dal caldo al freddo quando il computer, dopo essere rimasto anche qualche ora al sole in barca o nella borsa, viene portato sott’acqua oppure il fatto che il cellulare lo si usa ogni giorno, mentre il computer subacqueo viene usato un paio di volte al mese oppure per una settimana di vacanza e poi non più per vari mesi. Il tempo darà una risposta. La stragrande maggioranza dei computer, tuttavia, continua ad utilizzare pile da sostituire quando sono scariche. La sostituzione è un’operazione semplice, ma che richiede l’apertura della cassa e quindi impone una certa cura per evitare i
rischi di allagamento dello strumento. In molti strumenti il cambio batteria comporta anche l’azzeramento della saturazione residua, quindi non dovrà essere effettuata nel corso di una serie di immersioni ripetitive.
Un’altra caratteristica interessante che ormai è tipica della quasi totalità dei computer è la disponibilità di una memoria dei dati di profilo di immersione e di una interfaccia che permette di trasferire i dati di immersione dal computer subacqueo al PC. Se i primi computer con questa caratteristica potevano memorizzare quantità di dati misurabili nell’ordine delle centinaia di minuti, l’evoluzione dell’elettronica ha permesso di realizzare strumenti che registrano anche oltre 100 ore di dati d’immersione. Per effettuare il trasferimento sono necessari l’interfaccia vera e propria ed il software che permette di utilizzarla. Il software è quasi in ogni caso “proprietario” cioè sviluppato e distribuito (di solito gratuitamente) dal produttore del computer, anche se ci sono vai casi di programmi realizzati da altri programmatori e facilmente reperibili in internet. Per quanto riguarda l’interfaccia hardware vera e propria ci si trova di fronte a due situazioni: i computer subacquei che utilizzano un’interfaccia specifica, anche in questo caso venduta dal fabbricante, oppure computer dotati di una porta infrarossa in grado di collegarsi direttamente alle interfacce infrarosse standard che spesso sono già presenti sui computer portatili o che possono essere installate semplicemente, e con poca spesa, sui computer desktop. Inoltre stanno comparendo anche siti internet che consentono l’upload diretto dal computer subacqueo, tramite un’interfaccia semplificata disponibile tramite browser.
Scaricare i dati sul PC ha due funzioni, una organizzativa ed una che potremmo definire didattica. La prima è quella che consente di utilizzare il software per realizzare un logbook elettronico nel quale inserire una quantità di dati tanto completa da arrivare perfino alle fotografie realizzate durante l’immersione. La seconda, forse più interessante, è la possibilità di rivedere il profilo dell’immersione con gli eventuali allarmi che il computer ha emesso. Appunto, si tratta, soprattutto per i subacquei principianti, di un sistema eccellente per migliorare il proprio modo di condurre le immersioni e aumentare la propria sicurezza. Inoltre il replay dell’immersione – una specie di analisi alla moviola – consente anche di acquisire maggiore familiarità con lo strumento. In alcuni casi il software permette anche di interagire con il computer subacqueo per personalizzare le impostazioni in modo più comodo che non lavorando sul display.
Per i sub interessati all’aspetto “scientifico” delle immersioni, la visualizzazione del profilo comprende molto spesso anche una simulazione del carico di gas inerte nei tessuti e permette l’analisi di altri dati come, a titolo d’esempio, la variazione della temperatura o della PpO2 alle varie quote o con diverse miscele.
Infine una funzione particolarmente interessante è la possibilità di sovrapporre e confrontare il grafico dell’immersione del compagno (se anche lui utilizza un computer compatibile), un modo eccellente per mettere in risalto modi diversi di condurre il giro nel mondo sommerso ed evidenziare, di nuovo, alcuni aspetti suscettibili di miglioramento o, semplicemente, capire le differenze nel calcolo della decompressione (o non decompressione) che si erano notate in immersione.
Il cosiddetto “subacqueo medio”, ammesso che esista, potrebbe domandarsi se davvero serva conoscere qual è il modello di calcolo che il suo computer utilizza o se non basti un’infarinatura riguardo a come i dati sono mostrati sul display e a “quale numero non deve arrivare a 0”. Sapere a grandi linee come il computer “ragiona” nell’elaborare le sue previsioni consente di usarlo al meglio e di interagire con lo strumento nel modo più informato e meno meccanico possibile, quindi, in ultima analisi a essere noi ad usare il computer e non essere il computer a guidare noi. In altre parole potremmo coniare una bella frase che dica “ricordate che accendere il computer non deve significare che possiamo spengere il cervello”.
Forse la difficoltà principale dell’uso del calcolatore elettronico subacqueo risiede proprio nella necessità di impedire alla pigrizia di prendere il sopravvento e, in immersione, limitarsi ad osservare le indicazioni del computer, affidandosi alle sue valutazioni in modo passivo, senza comprenderne la natura.
Credo però che la crescente maturità dei subacquei ed anche la sempre maggiore affidabilità e penetrazione dell’elettronica nella nostra vita – pensiamo alla diffusione dei dispositivi di navigazione sulle automobili, dei telefoni cellulari ecc. – porti ad un uso più consapevole di questo strumento, con la conseguenza di riuscire ad effettuare immersioni più sicure e più divertenti.
Molto interessante sarà vedere se, o forse soltanto “quando”, si assisterà alla convergenza tra computer subacqueo, smartphone e macchina fotografica. E’ già stata prodotta una custodia per iPhone che consente di portarlo sott’acqua ed interfacciarlo ad un sensore di pressione e, di fatto, usarlo come computer subacqueo con un’applicazione che svolga questo ruolo. Chiaramente non c’è modo di usare il touch screen in acqua e probabilmente l’affidabilità non è sufficiente. Ad esempio cosa succede se arriva una telefonata mentre siamo in superficie in attesa di immergerci? L’app computer subacqueo diverrebbe un processo in background per tutta la durata della telefonata, alla quale sarebbe anche difficile rispondere peraltro, visto che la custodia non dà accesso allo schermo. Però la via della convergenza verrà sicuramente imboccata e prima o poi si arriverà ad una soluzione completa, ma visto il lento passo del mercato, dovuto principalmente alle sue ridotte dimensioni rispetto ad ogni altro tipo di elettronica di consumo, probabilmente richiederà tempi molto molto lunghi.
Manutenzione del computer subacqueo Tra le attrezzature che ogni domenica portiamo in acqua, il computer subacqueo è quello che richiede in assoluto meno manutenzione. La manovra da eseguire, in pratica, si limita ad un accurato risciacquo con acqua dolce. Ci sono tuttavia alcune accortezze che possono assicurare una maggiore longevità al nostro prezioso strumento. Quando siamo appena usciti dall’immersione è opportuno riporlo al riparo dal sole, avendo cura in particolare di non lasciare il display LCD esposto alla luce solare, inoltre è consigliabile asciugare il computer e poi riporlo La manutenzione periodica invece si limita a sostituire le batterie ed eventuali parti danneggiate come, per esempio, il cinturino o la protezione del display. Nel caso dei computer integrati via radio la sostituzione delle batterie verrà effettuata anche sul trasmettitore. Quando l’integrazione dei dati di pressione avviene mediante una frusta di pressione sarà necessario controllare periodicamente l’usura della frusta stessa e le condizioni degli O-ring (esattamente come avviene per un manometro analogico) e curare la manutenzione dell’eventuale attacco rapido. |
In questo articolo sono volutamente ignorati i computer subacquei più specializzati, come quelli “tecnici” che utilizzano una congerie di algoritmi specifici (VPM, VPM-B, ecc.) o che sono dedicati all’uso con i rebreather CCR. Si tratta infatti di prodotti molto specialistici che è opportuno trattare in modo singolo, piuttosto che accorparli alla maggioranza dei computer concepiti ad uso del subacqueo ricreativo.
Articolo pubblicato su ScubaZone
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articolo molto esauriente per la comprensione e l’utilizzo del computer subacqueo.Ho appena comprato un mares Matrix.
Complimenti per l’articolo abbastanza esaustivo.
Adesso mi chiedo, possono considerarsi ancora validi i computer che utilizzano l’algoritmo Haldane modificato 9 tessuti tipo il Mares Surveyor (trovato nei cimeli di mio nonno)..?
Grazie.