Subacquei che, come “coltivatori”, trapiantano e/o allevano coralli negli abissi dell’AMP di Portofino e alla Gallinara?
Detta così la cosa sembra quasi fantascienza, ma a ben vedere, quanto è stato realizzato alla Gallinara ricorda da vicino la vicenda de L’uomo che piantava alberi, il racconto di Jean Giono pubblicato nel 1953 dove si narra di un pastore che, con impegno costante, riforestò da solo un’arida vallata ai piedi delle Alpi, vicino alla Provenza, seminando una ghianda alla volta in un buco nel terreno fatto con il proprio bastone. Certo, fermandosi alla similitudine e lasciando perdere il fatto che – come tutti sanno – i coralli e le gorgonie non sono alberi, ma animali… In ogni caso dopo il servizio dei mesi scorsi che documentava i “danni” della subacquea alle colonie di corallo nell’AMP di Portofino, ecco una attività positiva che incoraggia anche un approccio più consapevole da parte dei subacquei con l’ambiente marino.
Comunque: esiste davvero un progetto serio, scientifico, coordinato dall’Università Politecnica delle Marche, di studio e reimpianto di coralli e gorgonie in questi siti, che va avanti da un paio di anni e che sta dando i primi risultati tangibili.
Carlo Cerrano, “prof” dell’Università Politecnica delle Marche, e appassionato subacqueo, ha infatti creato uno staff di sub volontari appositamente formati per “trapiantare” esemplari di gorgonie e ricreare una popolazione alla Gallinara, documentata nei decenni scorsi ma poi andata perduta.
Un altro progetto – sempre coordinato da Cerrano – riguarda invece la riproduzione del corallo alla Colombara, in grotta e in parete, su popolazioni profonde (una settantina di metri) e più superficiali (una quarantina). Studio che ha come obiettivo una migliore conoscenza dei meccanismi di riproduzione del corallo rosso, anche allo scopo di favorire il ripristino delle colonie compromesse, vuoi dalla raccolta dei decenni scorsi (vietata dopo l’istituzione delle AMP, una ventina di anni fa) e dalla pesca, vuoi per fattori climatici (riscaldamento).
Ma vediamo in cosa consistono i due progetti, cominciando da quello della Gallinara, mentre al corallo rosso riserveremo una prossima “puntata”.
Coltivatori di gorgonie
Alla Gallinara una “nursery” di gorgonie a 35 metri di profondità
Il primo progetto – estremamente interessante e di cui parliamo in questa prima puntata – riguarda la ricostruzione di una popolazione di gorgonie della Gallinara. Proprio qui è stato importante il ruolo dei subacquei volontari che hanno preso parte attivamente alle operazioni “trapianto”.
“Ci sono tanti indizi che dimostrano come in passato le gorgonie e il corallo rosso (che come noto, appartengono allo stesso ordine, ndr) fossero presenti”, spiega Cerrano. “Dai pescatori che le trovavano impigliate nelle reti, ai dépliant che negli anni ‘60 pubblicizzavano il giro dell’isola in battello e in cui c’era una fotografia del fondali con la Savalia savaglia, il falso corallo nero, che è un parassita delle gorgonie; ad alcuni lavori scientifici sempre di quegli anni”.
Oggi però le gorgonie sono scomparse dalla Gallinara, «e ciò parrebbe dimostrare che se alcune specie che popolano i fondali di isole scompaiono, difficilmente riescono a tornare in tempi ragionevoli per l’uomo …», dice Cerrano.
Le gorgonie sono un tassello determinante per l’ecosistema marino, perché “producono un effetto foresta che è molto importante per la tutela della biodiversità, in quanto crea complessità e rifugio, riduce l’idrodinamismo, crea maggiore stabilità mitigando le variazioni ambientali. La presenza di popolazioni dense di gorgonie crea un “effetto ombra” per numerosi organismi che si sviluppano in un ambiente semibuio e che quindi o si rifugiano in questi habitat o devono spostarsi un zone molto più profonde”.
Ma cosa ha causato questo impoverimento della popolazione di gorgonie?
Secondo Cerrano un ruolo determinante lo ha giocato la pesca, le lenze che, giorno dopo giorno e anno dopo anno si impigliano nei rami e li strappano, causando alla lunga morte degli animali.
«La dispersione larvale di queste specie è molto limitata; per cui una volta che i fondali si desertificano il ripristino è parecchio improbabile se non ci sono popolazioni vicine che possano produrre e disperdere nuove larve», spiega Cerrano.
Il “Progetto Merces” – che si occupa di studiare le interazioni tra attività umane e ambiente marino – ha quindi trovato nella Gallinara un ideale caso di studio per la possibile reintroduzione di gorgonie nell’habitat coralligeno.
“L’Eunicella singularis – spiega Cerrano – è stata scelta perché è molto diffusa nei fondali attorno alla Gallinara e vive in simbiosi con alghe zooxantelle che apportano nutrimento all’animale anche in caso di scarsità di cibo “.
Trapiantati oltre cento esemplari di Eunicella singularis
Alla Gallinara è stato così individuato dagli studiosi un sito ritenuto adatto a diventare una vera e propria “nursery” di piccole gorgonie a una profondità di circa 35 metri. Gli staff dell’associazione “InfoRmare A.S.D.”, di “Sesto Continente Diving Center” di Alassio e della scuola “Profondo Blu” di Cuneo hanno affiancato i ricercatori nelle attività di trapianto posizionando oltre cento esemplari: «Ora si tratta di vedere se sopravvivono e se si riproducono. Per ora, a distanza di circa due anni, il corallo c’è ancora e sta bene».
Gli esemplari sono stati prelevati dalla piana di Diano Marina, dove l’Eunicella singularis è molto diffusa, con “potature” mirate e tali da non danneggiare gli animali. Poi sono state reimpiantate alla Gallinara.
Per farlo si procede con una pulitura del supporto roccioso dalle alghe e poi si fa aderire una certa quantità di una apposita resina (una colla bicomponente) nella quale si ancora il rametto di gorgonia. Resina che, nel giro di qualche ora, indurisce garantendo un fissaggio durevole.
Dunque possiamo sperare di vedere un giorno una foresta di gorgonie nei fondali intorno alla Gallinara?
Lo studio è molto importante dal punto di vista sperimentale, spiega Cerrano, in quanto ha permesso di «mettere a punto una tecnica efficace per gli innesti, che dà maggiori possibilità di sopravvivenza. Potremo inoltre vedere se si riproducono e se si sviluppano le larve. Purtroppo abbiamo anche osservato che le colonie si riducono di dimensioni, non sappiamo se per le lenze dei pescatori o per altri fattori. L’effetto abrasione però persiste e lo stiamo studiando per capire l’entità del danno. Quindi, se a questo punto della ricerca possiamo dire che a livello sperimentale i risultati ci sono, pensiamo che un vero e proprio ripristino sarà difficilmente realizzabile se persistono le ragioni che hanno portato all’estinzione in passato”.
Insomma o si istituisce un’area marina protetta con una regolamentazione della pesca o non si potrà procedere con un recupero esteso della popolazione di gorgonie, rischiando così un progressivo impoverimento della biodiversità dell’area.