Autore: Francesco Turano
La prima specie di cernia che conobbi quando iniziai a frequentare il mare sott’acqua fu la cernia dorata, una cernia longilinea, curiosa, un tempo diffusissima lungo i litorali dell’Italia meridionale ed oggi ancora presente in numero discreto lungo le nostre coste. Me ne innamorai subito. Fu un colpo di fulmine.
La sua curiosità nei confronti dell’uomo immerso mi consentì di conoscere presto e bene le sue abitudini e di stargli accanto in diverse occasioni, per lunghi, lunghissimi minuti. Ebbi modo di studiare le sue mosse e i suoi atteggiamenti sin dai tempi in cui vivevo il mare in apnea: la cernia col pigiama, da me così battezzata per via delle striature longitudinali lungo i fianchi presenti negli esemplari giovani che le conferiscono l’aspetto di un pesce con il pigiama a strisce, diventò presto compagna fedele di molte immersioni e una costante in moltissimi ambienti e quinte sommerse del Mediterraneo.
Protagonista di molte mie immagini e uno dei miei soggetti preferiti, lo smirto o tenca, secondo i dialetti, è sempre stata tra i miei pensieri di subacqueo appassionato di Mediterraneo tanto che ricordo perfettamente, quando ancora ero un fotosub novello, la copertina di un vecchio numero della rivista Oasis con una foto di Stefano Navarrini, dove la cernia dorata era ritratta accanto a una parete con astroides arancioni, ambientazione che rendeva la foto unica nel suo genere e fortemente “mediterranea”. Cernia dorata, quindi, come emblema prepotente di Mediterraneo, simbolo di quel mare che tanto amavo e che amo ancora, ogni giorno di più. Durante la mia lunga esperienza di apneista ho trovato spesso questi pesci, divertendomi sempre moltissimo. Dalla superficie vedevo le inconfondibili sagome delle cernie color senape, le puntavo dall’alto mentre loro puntavano me dal basso, soffermandosi nell’abituale posizione a candela, e andavo loro incontro, verso il fondo, dopo una silenziosa capovolta che mi dava la spinta per l’accesso al mondo sommerso; quel mondo ove restavo finché la capacità di trattenere il fiato permetteva.
Man mano che la spinta delle pinne mi portava verso il fondo le cernie dorate, inizialmente curiose, assumevano un atteggiamento dapprima guardingo, poi nervoso. A brevi distanze intraprendevano una breve fuga, che a volte finiva qualche metro più in là, dove la cernia si rigirava per osservarmi, o a volte finiva in qualche facile cavità, nella quale non era difficile affacciarsi e trovare il pesce, vista la sua scarsa propensione ad intanarsi. Nell’oscurità dell’antro, senza servirsi di luce artificiale, risalta l’azzurro intenso del suo occhio, l’occhio di una cernia ingenua, bella, lo sguardo intenso di un pesce intelligente che ti osserva dal suo mondo. Ancora oggi la cernia dorata si comporta più o meno in modo analogo. Se mi tuffo in apnea fa le stesse cose di tanti anni fa, se ho in spalla l’autorespiratore non teme le bolle e si tiene solo a debita distanza. L’amore smisurato per il mare e, in particolare, per alcuni pesci, mi ha portato a un’analisi attenta del corpo di alcune specie di pesci, forse un po’ come qualche artista in passato fece studiando il corpo umano. Il corpo della cernia dorata è tra quelli che più mi affascinano, per la perfezione delle forme, per l’eleganza, per i colori della livrea mutanti con l’età o ancora in base allo stato d’animo o all’ora del giorno.
Se provate ad osservare una cernia dorata dormire sul fondo durante la notte vedrete sui suoi fianchi delle larghe bande verticali che, come fascie, avvolgono il pesce dal dorso al ventre; di giorno invece solo strie orizzontali, sempre meno evidenti con l’avanzare dell’età. Superati un paio di chili di stazza, viene alla luce la macchia dorata ovoidale presente subito dietro l’opercolo, carattere distintivo che ha dato il nome alla specie. Ho visto cernie dorate molto grandi nelle profondità mediterranee delle Eolie, con macchie dorate ben impresse e mandibola particolarmente prominente. Si, la bocca è un altro punto a favore di un profilo slanciato, visto che il labbro inferiore è proteso in avanti come e più che in altre cernie. La cernia dorata nuota lenta davanti agli occhi del subacqueo accorto, sensibile e stupefatto, sempre attento a ciò che osserva come fosse la prima volta, sempre acuto nell’interpretazione della diversità della natura. Sono ammirato quando mi muovo sott’acqua e mi sposto con la massima cautela per non modificare la lentezza e la naturalezza di quel nuoto fatto di spostamenti ondulatori, coadiuvati quasi solo dalla grande coda; e pause durante le quali le pettorali, come in ogni cernia degna di questo nome, si muovono avanti e indietro alternate, per tenere il pesce fermo, come sospeso nel vuoto, in perfetto equilibrio, pronto però in ogni istante a battere in ritirata. “Cara vecchia cernia, timida e sorniona”, come avevo scritto in un vecchio articolo e come ripeto adesso adeguando queste parole alla cernia dorata, “quante avventure mi hai regalato e quante emozioni mi hai scatenato…”
Non mi inoltro nei meandri di una accurata descrizione della biologia di questa specie per non cambiare lo spirito di queste righe, ma mi soffermo ancora sul lato più romantico dell’incontro col pesce, dell’approccio diurno e notturno, così diverso e coinvolgente in ogni caso. Di giorno gli esemplari giovani li trovi ai margini delle scogliere con la sabbia, tra i dieci e i trenta metri di profondità, spesso in gruppi di una manciata di individui; sembra quasi di incontrare una famiglia dove ogni pesce ha il suo appartamento personale, fatto di tane facili dove ritirarsi solo in caso di pericolo. Se ci si immerge soli e ci si ferma in un punto del fondo, in prossimità del luogo da loro scelto, dopo un po’ vedi le cernie che perdono l’iniziale diffidenza e si avvicinano, prima una, poi due. Si soffermano a guardarti, dalla distanza opportuna ovviamente, ma abbastanza vicine per gustare il loro atteggiamento e i loro movimenti, sempre dettati da un indole fortemente curiosa.
Col passare dei minuti la confidenza del pesce con l’uomo immerso aumenta: le cose si fanno interessanti e si può tentare di scattare persino qualche foto. In estate a volte mi immergo in luoghi dove trovo con certezza gli esemplari giovanissimi, non più lunghi di sei – otto centimetri. Con un ottica macro e una grande dose di pazienza, giocando a nascondino tra le pietre e sfruttando attimi fuggenti, si riesce a immortalare lo splendore di una cernia che, in questa fase, è rosa e bianca con strie marroni molto scure. Il tutto in un paio di metri d’acqua, in pieno luce diurna, ben zavorrati e con un perfetto controllo della galleggiabilità. Nei piccoli la dimensione dell’occhio, fortemente brillante e sempre azzurro, è sproporzionatamente grande rispetto alle dimensioni del corpo, e ciò fa risaltare l’essere cernia. L’occhio è infatti un’altra importante nota distintiva dei serranidi in genere. Lo si potrebbe definire “occhio languido” per via della forma della pupilla, a mò di goccia dagli spigoli arrotondati.
Di notte hai invece la possibilità di vedere i pesci molto da vicino, pochi centimetri, sfruttando incredibili occasioni per realizzare foto uniche, testimonianza di momenti di vita nel mare davvero carichi di intensità. Paralizzati dal fascio dell’illuminatore, le cernie dorate reagiscono diversamente da esemplare a esemplare, rimanendo ferme qualche manciata di secondi, sufficienti per apprezzare ciò che di giorno è impossibile vedere: i dettagli. La carrellata di immagini che propongo confermano la mia dedizione verso questa specie e l’amore smisurato per il suo modo di essere, socievole, simpatico, a volte tipico di un pesce intelligente e furbo nello stesso tempo, a volte tipico di un pesce timido e piuttosto ingenuo. Sarà, ma ho sempre l’impressione che i pesci abbiano un loro carattere spiccato e, anche nel contesto di una stessa specie, si possono percepire atteggiamenti diversi. Ma per capire anche solo qualcosa sono molte le ore da passare sott’acqua e tanti i pesci che devi osservare. Magari restando a lungo fermo sul fondo.
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