Il nostro viaggio ideale fra i fondali del Mare Nostrum segna una tappa sul Tirreno meridionale per dare enfasi allo specchio acqueo che circonda Capo Milazzo.
Lo facciamo in un momento particolare perché quel sito, dopo un iter lungo quasi due anni ma iniziato ben 14 anni fa, è stato ufficialmente riconosciuto Area Marina Protetta alla fine di maggio 2018.
Senza peccare di enfasi crediamo che l’evento sia da annoverare fra le più grandi novità degli ultimi anni, sia per la valorizzazione del territorio dal punto di vista turistico (anche quello subacqueo è ormai una risorsa) sia per la regolamentazione, il sostegno e la salvaguardia della pesca locale che potrebbe beneficiare di grandi opportunità grazie alla tutela degli ecosistemi costieri.
Argomenti questi analizzati, da più di quattro anni, con l’ausilio di un’infinità di immagini fotografiche ma soprattutto mediante ricostruzioni tridimensionali dei fondali georeferenziati e graficizzati a mano.
Capo Milazzo è un balcone sul Tirreno ed il primo impatto sbalorditivo è con il paesaggio emerso.
Camminando a piedi sul crinale della penisola, ci si trova sorprendentemente circondati, sui due opposti lati, dall’azzurro del Mar Tirreno, lì separato in due dall’irrompere di una lingua di terra protesa verso l’isola di Vulcano.
Il colore della terra calcarea dalle forme cangianti è suggestivo in ogni suo dettaglio ed al tramonto, sotto la luce bianca del faro, l’orizzonte quasi “bruciato” dai colori caldi del cielo, scopre e rende nitide le sagome scure delle Sette prestigiose Sorelle: le Isole Eolie.
Probabilmente da quel Capo il mitico Polifemo, la cui grotta sorge proprio tra queste dirupate coste, deve aver scagliato sassi giganteschi verso la nave in fuga del mitico Ulisse, ignaro che il suo gesto avrebbe innescato un meccanismo di frane capaci di creare paesaggi vari e frastagliati in fondo al mare.
Immersione a Capo Milazzo
E’ tempo quindi di tuffarsi nel punto che rappresenta l’apice delle bellezze di questo sito: la Secca di Ponente, bastione roccioso sommerso prospiciente il Capo.
Qui la sommità, individuata come “cappello della secca” (una sorta di terrazzo particolarmente ampio), presenta un fondo roccioso molto movimentato e ricco di anfratti, da cui fa capolino molto pesce stanziale: perchie, sciarrani, scorfani, murene, tordi.
Poco sopra, banchi di salpe e barracuda, insieme a molti saraghi e tanute, circolano senza troppa riservatezza.
In profondità, il passaggio dalla scogliera ad Eunicella (gorgonia bianca – Eunicella singularis) verso quella a Paramuricea (gorgonia rossa – Paramuricea clavata) è graduale, e presenta scogli con le due specie di gorgonie insieme, molto interessanti per l’abbinamento cromatico tra il bianco e il rosso, ma anche particolarmente frequentati da pesci.
Il versante orientale della secca presenta anch’esso pareti verticali che cadono subito su cataste di grandi rocce intorno ai trenta metri, offrendo spettacoli incredibili per via dell’altissima concentrazione di gorgonie, briozoi e poriferi. Le zone in ombra delle pietre più grandi hanno colori spettacolari, con dominanti violacee e arancioni offerte dalle spugne e dalle madrepore.
Non è difficile imbattersi in grandi rami di falso corallo nero (Savalia savaglia) e meravigliosi esemplari di stella gorgone (Astrospartus mediterraneus), fiore all’occhiello di questo lato della secca.
Il fondale entusiasma e invita alla ricerca costante di nuove specie animali, tanto è ricco ed attraente. Un ambiente molto interessante per il turista subacqueo e al contempo un habitat per molti pesci, che andrebbero assolutamente protetti per garantire i giusti incrementi sul pescato locale correttamente gestito.
Non è semplice conoscere a fondo questo mare. Occorre dedicarci la giusta attenzione, immergendosi più volte negli stessi posti per cogliere le differenze in ogni stagione e nelle diverse ore del giorno.
Le continue esplorazioni, tuttora in corso, ci hanno fatto tuttavia comprendere che queste acque sono ancora ricche, nonostante i segni del depauperamento legati soprattutto alla pesca eccessiva e senza criteri prestabiliti.
Ecco quindi che diventa ora essenziale la piena attuazione dell’Area Marina Protetta (quello che già è accaduto a Ustica e Portofino in Liguria ne sia un esempio) affinchè si impari anche a conoscere il proprio mare senza mai opprimerlo, garantendone l’equilibrio con i delicati habitat costieri di questa parte di Mediterraneo.
Alla futura governance dell’istituito Ente toccherà fare scelte trasparenti e responsabili funzionali agli scopi per i quali è stato individuato: tutela dell’ambiente marino, turismo subacqueo ed anche sviluppo scientifico, ecologico, culturale ed economico.
Noi – se ritenuto utile – assicureremo il nostro supporto per contribuire ad evitare i fallimenti di altre Aree Marine Protette italiane e meridionali in particolare che sono – ahinoi – sotto gli occhi di tutti.
Testo: Giovanni Laganà for MEGISS Dive Lab e Francesco Turano
Foto e Disegni: Francesco Turano, Mauro Galeano e Giovanni Laganà