Bolle ……o non bolle……questo è il dilemma….
Vero !!! Con l’arrivo nella panoramica della subacquea mondiale dei rebreather, oggi la scelta del “ modo “ con cui un subacqueo voglia scendere in acqua, è arrivata ad un bivio :circuito aperto oppure circuito chiuso ?
Appurato e sottintesa la passione per la subacquea, confermata per altro da un certo numero tuffi all’anno e magari, ma non obbligatoriamente, acquisita anche una certa esperienza con bombole ed erogatori, l’uso del circuito chiuso presenta indubbiamente una serie di vantaggi .
Ed allora, abbiamo deciso di verificare il comportamento delle due tipologie i attrezzatura con una immersione tecnica in acqua dolce, in un tuffo congiunto, dove l’obbiettivo era il medesimo.
Reduci da altre scorribande subacquee effettuate sul vicino lago di Lugano, questa volta abbiamo voluto compiere alcune ricognizioni sul lago di Como, in prossimità dell’abitato di Menaggio, e più precisamente nella zona di Nobiallo .
In questo punto, la costa si erge alta e rocciosa lungo le pendici del monte Sasso Rancio, a valle dell’antica strada Regina che si snodava sulla sponda occidentale del lago e collegava Como ai passi alpini. Il tracciato di questa strada costeggiava la riva ad una quota di circa 300 m, talvolta coincidente con l’attuale strada, più sovente parallela. Sicuramente venne utilizzata fino a tutto il secolo scorso quando fu definitivamente soppiantata dalla nuova strada del lago anche essa chiamata Regina. Nel passato si denominavano Regine le strade maestre. Oggigiorno, con le buche che ci ritroviamo nell’asfalto, il nome sarebbe un eufemismo !!
In questo preciso punto, la vecchia strada Regina si stacca dalla nuova provinciale che prosegue in galleria, ed è stata riconvertita in una stupenda e panoramica pista ciclabile che costeggia tutta la sponda del lago di Como, per altro molto visitata dai turisti, con un ottimo scorcio su punta La Gaeta e sulla splendida villa, teatro di un recente film di 007 .
La parete, tanto ci appariva verticale e frastagliata a livello aereo, (ed i presagi si dimostravano buoni),tanto poteva essere simile sotto il livello lacustre , e quindi tutto andava verificato: non vedevamo l’ora di entrare in acqua !
Come il mitico James Bond, anche noi abbiamo preparato le nostre diavolerie acquatiche, e ne sono spuntate per tutti i gusti .
Presente sul posto con l’auto caricata di tutto quanto, l’Hundred Trimix Team Explorer, oggi era composto da me e dall’amico imperscrutabile Ivan Rolli.
Eravamo con il classico circuito aperto, con un bel 12+12 contenente un trimix ipossico 10-60 e una miscela di trasporto 20-20, affiancato da due stage con ean 40 o 50 e ossigeno puro per la decompressione finale : praticamente, l’auto piena zeppa di attrezzatura pesante…..ma non era meglio fare danza classica ?? Risata generale !
Invece, accantonato l’dea di indossare il tutù, abbiamo settato bene i computer, affiancati dalle tabelle di immersione plastificate di back -up verificando bene la configurazione tecnica opportunamente ridondante anche con ottime torce; non abbiamo portato gli scooter , anche se i dpv oggi sarebbero stati molto utili per il raggiungimento del punto di immersione : e quindi, bando alle ciance e vai con le solite pinne e le buone gambe!
Massimo Pellegrini, titolare e istruttore del Technical Diving Ceresio, con sede a Porlezza sul vicino Lago di Lugano, ha sfoderato invece il suo collaudatissimo” cavallo alato – Pegasus II” versione 2016 , con installato il kit elettronico, il rebreather di sua ideazione e costruzione presente sul mercato da tempo, collaudato a varie profondità, in ogni tipo di grotta ed oramai già pronto per la certificazione internazionale.
I suoi gas erano molto semplici, ma soprattutto ….” pochi “ in relazione al loro ..volume : un bombolino da “ben” 3 lt con ossigeno puro, ed un altro bombolino identico quale diluente con un bel 8/70. A fianco, portava 4 stage con gas di salvataggio in caso remoto di problemi all’ attrezzatura .
Grande amante del silenzio , Max si è adeguato a scendere con noi …..”bollitori” …e “pentole di fagioli”, (così ci chiama ), e la discesa in c.a. è stata pressochè uguale. Siamo abituati a scendere opportunamente veloci, per guadagnare la massima profondità in fretta …..non abbiamo mica tempo da perdere noi !! Ha ha ha !!! Invece, con il c.c. , di velocità in discesa, non ce n’è bisogno, l’autonomia è enorme , e anche se aumentasse il run time o la deco finale i problemi non esistono : respirazione di aria calda umida, senza disidratarsi e …consumi inesistenti .
Ugualmente, settando e monitorando la pressione parziale dell’ ossigeno , a 96 mt in concomitanza di una bella apertura nella parete , siamo arrivati quasi simultaneamente.
Un muro fiabesco sotto di noi !!! E ricordando le batimetriche viste sulla carta nautica stilata nello scorso secolo dalle avventure del Sommergibile Vassena, sapevamo che si potevano raggiungere oltre 190 mt .— ..non era il caso.. — La parete è molto chiara, ma quello che la rende abbastanza unica, è la limpidezza dell’acqua che qui sul promontorio, ti fa osservare una miriadi di frastagliature, …tipo effetto cera della candela che gocciola sulla bottiglia … sporgenze assomiglianti ad un a colata lavica, quando il magma incandescente tocca l’acqua .Semplicemente fantastico .
Si possono incontrare due aperture, a 74 e 95 mt, quasi due piccole grotte . Proseguendo sempre verso nord, la parete va addirittura in contropendenza, e tutta caratterizzata da grandi venature verticali grigie, e scure a varie tonalità, e se non fosse per le miscele trimix che stiamo respirando, ci sarebbe da preoccuparsi per la forte narcosi in atto !!!
Alla profondità di 104 mt, si incontra uno spuntone di roccia sopra il quale padroneggia un bell’albero : sembra di essere nella scena finale di un cartone animato, quando Will Coyote precipita su un masso .
Al 10 minuto, i nostri manometri si stavano avvicinando alla zona di allerta, e come convenuto abbiamo dovuto staccarci dalla quota massima : è stato un peccato interrompere così queste emozioni. Il mitico e preciso Ivan , mentre io mi perdevo a scattare qualche fotografia, aveva il compito di monitorare il tempo di fondo ed il non superamento della quota massima convenuta.
Max invece in perfetta tranquillità sarebbe stato li ancora chissà quanto tempo, ed i suoi occhi parlavano chiaro : “ ma come … dovete già rientrare ? Io non ho consumato praticamente nulla !! “
Alla fine, con un run time di circa 75 minuti, abbiamo concluso il tuffo, osservando il “compagno silenzioso ” che grazie anche all’HUD e la luce verde accesa di fianco al suo campo visivo, monitorando la pressione parziale dell’ossigeno, riemergeva assieme a noi .
In circuito aperto , abbiamo consumato almeno 3500 litri di miscele varie a testa; il Pegasus, oggi in punta di pinna e in silenzio, ha “..consumato tanto..” …ben 70 bar tra ossigeno e diluente di bombole da 3 lt. !!!
Ottimo biglietto da visita questo Pegasus, per l’assistenza che dovrà effettuare tra pochi giorni, ed a pochi chilometri da qui, al tentativo di record di profondità di Danilo Bernasconi, anche lui possessore ed utente del Cavallo Alato.