Lago di Lugano – Immersioni in acque dolci
Tutto è cominciato quando Massimo Ricchiuti di Lugano, in arte Max2 –qui in zona ci sono vari “Max” ed allora li abbiamo numerati per distinguerli ! — mi ha trasmesso il disegno di una vecchissima carta batimetrica del Lago di Lugano risalente al 1859.
“….La profondità massima del Ceresio che qui fu indicata in soli metri 161, risultò cogli scandagli di cento metri maggiore , giungendo essa fino a 279 m. Avanti al Sasso Mergone, che vulgarmente è creduto il luogo più profondo , è di soli metri 219 ossia 60 meno della massima …”
Mi sono ritrovato ad osservare con minuzia lo stralcio di questa antica mappa ed in quale modo, tanto tempo fa , erano state fatte le misurazioni: in barca a remi, con filo e piombo e una certa tecnica.
Ho subito contattato l’amico Ivan Rolli compagno ed amico di tante avventure dell’ Hundred Trimix Team Explorer , illustrandogli quello che sarebbe potuta diventare un’altra piccola avventura alla scoperta di una nuova parete.
Ci siamo guardati in faccia, a sei occhi, …lui porta gli occhiali….abbiamo valutato e ci siamo detti :
“ Perché no ? Perché non provarci ?”. E così abbiamo organizzato l’uscita, in una splendida e caldissima domenica mattina di luglio, con temperature effettivamente molto alte, da assaporare soprattutto in decompressione.
Una strana accozzaglia di subacquei quel giorno, una ciurma eterogenea di personaggi simpaticissimi che ho riunito al porticciolo di Porlezza , in territorio italiano, ma con un unico e comune obbiettivo : andare in acqua assieme e condividere una immersione ognuno con la sua propria esperienza e preparazione e soprattutto con il solito de-briefing davanti ad una birra ghiacciata per analizzare quanto fatto e visto .
C’era Luca Arrigo, boss del diving Lazzurro di Como, cordialissimo, oggi “un poco tanto assonnato” fido istruttore , nominato 1° barcaiolo e comunque sempre disponibile alle nostre richieste; il fido guerriero aiutante spagnolo che quel giorno però …sembrava in gita turistica ed osservava noi sciamannati matti, con una strana espressione incuriosita ; Giampiero Bigiolli, l’opposto del taciturno … con il bellissimo caschetto speleo dove montava una torcia lampeggiante di colore verde – tutto ok – ; Davide Bonanomi, alle prese con le perdite di quota nel lancio del pallone di segnalazione; Dario Circo, fido cane pastore, l’unico con un rebreather Pegasus che silenzioso, doveva accudire ai “loschi figuri “ di cui sopra , a quote comprese nei 40 metri ; Tatiana Picchioldi, socia di Luca , oggi presente in versione “easy to dive” e Maura Bettosini con macchina fotografica per immortalare la vita subacquea estiva del lago, e poi io ed Ivan, dell’H.T.T.E in pieno assetto di combattimento per la profonda e tecnica.
Insomma, nel gommone si potevano osservare varie ed eterogenee configurazioni per tutti i gusti, tecniche e profondità , e caricato tutto l’armamentario abbiamo navigato fin poco oltre il confine svizzero, accostando a quello che è il Sasso di Gandria.
E’ un enorme masso di almeno 60 metri di altezza che si erge fuori dall’acqua, quasi a difendere il vicino bacino di Lugano, adornato da uno splendido sentiero quale bellissimo percorso immerso tra gli olivi , che conduce verso il capoluogo del Canton Ticino .
Nel giro di qualche minuto, seguivo Ivan in quella che è stata una discesa mozzafiato costante e progressiva, seguendo il cadere della parete fino alla profondità di 108 metri . In discesa conosciamo bene la “botta”del termoclino di questo lago che già a soli 18 metri, lancia la classica violenta fitta alle tempie : in pochi secondi si va da 26 gradi a soli 6 e molte volte anche 5 gradi…..ma la sensazione è sempre …forte.
Mentre gli amici imperversavano dai 30 ai 40 metri usando mono da 15 litri caricati ad aria, noi trasportavamo bombole 15+15 con miscele trimix 12/60 e 20/30 per il trasporto, con stage S 80 laterali caricati ean 40 o 50 e ossigeno puro per la lunga decompressione .
Molto particolare questa parete, verticale ma non liscia, tendenzialmente di colore nero, ma con quella simpatica “spolverata ” di limo beige-marroncino adagiato sulle piccole sporgenze che dava il senso della …nevicata .
Interessante anche perchè alla nostra massima profondità, la parete cadeva ancora e ancora , sempre più giù, senza fermarsi ..impressionante !
In questi casi è ancor più obbligatorio ed imperativo il controllo della discesa a qualsiasi quota si vada, con il corrugato ed il pulsante del carico della muta stagna sempre a portata di mano : sarebbe pericolosissimo e letale un malfunzionamento dell’attrezzatura che deve essere sempre revisionata !
La risalita, cadenzata dalle varie tappe deco, è stata regolare e senza problemi, ma molto emozionate quando a 30 metri abbiamo incrociato gli amici “ bolle …. e senza bolle “ come ci piace prenderci in giro ed unendo tutti i fasci luminosi delle torce, abbiamo messo a giorno un grande tratto di parete : da pelle d’oca !!
L’ultima tappa deco impostata sui nostri VR3, tarata a 4.5 mt in ossigeno puro, ci ha fatto godere di una ottima temperatura , quasi esageratamente calda,ma allo stesso tempo per un attimo abbiamo avuto paura di un attacco di narcosi …..!!!!
Tra migliaia di piccoli avanotti di persici e “gardon” -specie infestante che ha dato una nuova vita al Ceresio, tra gamberi rossi al cambio muta e persici sole alla difesa del loro territorio, tra la possibilità di vedere sfrecciare anche tartarughe d’acqua dolce ( nella vicina Porlezza vive una numerosa colonia ) mai ci saremmo potuti immaginare di veder danzare davanti ai nostri occhi, proprio delle piccole meduse bianche !!!!!
“Impossibile !!! ” ci siamo detti , eppure dopo aver stropicciato gli occhi varie volte e dato di gomito, questi due esserini lattiginosi del diametro di circa due centimetri pulsavano davanti a noi come a salutarci all’arrivo dalle gelide acque buie della profondità.
La stessa Maura, che opera nel bacino di Lugano, ci ha confermato che in alcuni momenti dell’immersione, quasi deve “scansare le danzatrici” per poter proseguire !!! Incredibile e sempre più increduli, ci siamo ripromessi di approfondire e verificare l’avvistamento sulla rete internet, ed infatti abbiamo potuto constatare che anche altre persone, sullo stesso bacino lacustre ma anche in altre parti d’Italia, hanno potuto godere di questa strana ed inconsueta vista per le acque dolci, probabilmente a causa delle alte temperature estive.
Fotografie di Maura Bettosini
Craspedacusta, la medusa dei laghi
L’abbiamo riconosciuta , e si chiama Craspedacusta.
E’ uno Cnidaro appartenente alla classe degli Idrozoi, famiglia Olindiidae. E’ una specie molto rara, che occasionalmente compare in stagni, cisterne o laghi. Nonostante la sua presenza sia associata ad ecosistemi in ottimo equilibrio, pare non abbia particolari esigenze di pH o durezza dell’acqua, tollerando un range di valori alquanto ampio.
E’ invece la temperatura, a determinare il ciclo vitale di questo organismo tanto primitivo quanto affascinante. Per capire meglio in che modo tale parametro condizioni la sua vita, è necessario ripassare brevemente il ciclo vitale di una medusa.
Dall’uovo schiuso esce una larva bentonica microscopica, chiamata planula ciliata. Questa, striscia sul fondale, in cerca di un sito adatto in cui insediarsi. Una volta trovato, comincia la metamorfosi a polipo (non polpo, polipo!). Da questo momento in poi, si nutre di plancton, che cattura mediante i tentacoli urticanti; la crescita, porta il piccolo polipo a strobilare, ovvero alla comparsa di tanti piccoli strati che, una volta maturi, si staccano e divengono liberamente natanti (efire). Le efire, sempre nutrendosi di plantcon, crescono, e si convertono nella medusa adulta da 2,5 cm di diametro .
Con queste informazioni, torniamo alle Craspedacusta: le alte temperature estive, stimolano i polipi a strobilare, e quindi d’estate prevale lo stadio di medusa. Al contrario, con le temperature invernali, tende a prevalere lo stadio polipoide. Se le condizioni non dovessero essere ottimali, i polipi possono attendere anche decenni prima di strobilare.
Ecco perché la comparsa di questa medusa è tanto rara: molto probabilmente, è più comune di quanto si pensi, ma ad uno stadio che passa perennemente inosservato! In Italia, è stata segnalata al lago di Alserio vicino a Como (2006), al lago di Gussola, Cremona (2006) e lago della Svizzera, nel Parco dei Boschi di Carrega vicino a Parma, (2002). Come accennato poc’anzi, la sua comparsa non sembra legata a pH o durezza, ma, piuttosto, ad uno scarso/assente inquinamento ambientale, oltre che alle temperature estive.