Quando frequentiamo i primi corsi sub, intimoriti da esercizi come respirare senza maschera, siamo di solito ignari che in realtà, qualunque sia la didattica che seguiamo, uno dei momenti più importanti del corso sono gli esercizi che ci insegnano a flottare senza peso nell’acqua, a controllare la nostra galleggiabilità aggiungendo o togliendo piccole quantità di aria dal jacket.
Cosa si intende per assetto subacqueo
L’assetto subacqueo rappresenta la capacità del subacqueo di controllare la propria posizione in acqua, sia in verticale che in orizzontale.
Questo termine si riferisce alla distribuzione del peso e della galleggiabilità di un oggetto o nel nostro caso di una persona in acqua. L’assetto corretto consente al subacqueo di muoversi con facilità, di mantenere la profondità desiderata e di evitare situazioni pericolose come il rollio o l’imbardata.
Un buon assetto significa che sei in grado di rimanere stabile nell’acqua senza salire o scendere, in posizione neutra.
Per ottenere un assetto subacqueo adeguato, è necessario bilanciare il peso del corpo, dell’attrezzatura e dell’aria nei polmoni.
Hovering, skill fondamentale per l’assetto subacqueo
Hovering. È fondamentale. Non avete idea dello sconforto che prende la guida alla testa di un gruppo che nuota a fianco di una parete quando realizza che qualcuno, sovraccarico di pesi, sta lentamente ma inesorabilmente sprofondando mentre pinneggia inutilmente verso l’alto. O, anche peggio, quando qualcuno inizia troppo presto a sfuggire involontariamente verso la superficie, rischiando la pallonata, con un galleggiamento che aumenta man mano che sale, trascinato dall’espansione del gas… maledetto Boyle!
Non a caso diverse didattiche hanno inserito, nella formazione del neo sub, corsi di specialità che aiutano a esercitare e a perfezionare questa capacità.
E un senso di onnipotenza prende chiunque di noi quando finalmente, dopo goffi tentativi e capriole involontarie quanto incontrollabili, riusciamo finalmente a rimanere per pochi secondi immobili in sospensione, ci liberiamo della gravità, levitiamo. Ci sentiamo padroni della nostra posizione in acqua, e automaticamente siamo dei veri sub!
Differeneze tra galleggiabilità e controllo dell’assetto fine, il trim
Finalmente siamo riusciti ad avere coscienza della nostra galleggiabilità, a capire se stiamo diventando negativi e dobbiamo aggiungere aria, o se stiamo diventando positivi e dobbiamo scaricarla, per mantenere un galleggiamento neutro. In quel momento non ci sfiora neanche la mente il pensiero che in realtà siamo solo al principio di un cammino senza fine, verso la padronanza assoluta dell’assetto.
I primi testi su cui tutti abbiamo studiato, confondono un pochino il galleggiamento (buoyancy) e il controllo fine dell’assetto (trim). Fin qui infatti abbiamo capito in realtà come controllare il galleggiamento: l’assetto è un’altra storia, è un fatto anche di equilibrio, di posizione nello spazio, di allineamento alla direzione di movimento.
L’assetto in poche parole è l’inclinazione che teniamo in acqua.
Minore è l’angolo che formiamo con la direzione in cui ci stiamo muovendo, minore sarà la porzione d’acqua a cui andiamo incontro. Un assetto allineato alla nostra direzione riduce l’attrito con l’acqua, ci rende più idrodinamici e riduce lo sforzo che facciamo per nuotare.
Cos’è il Trim Subacqueo
Il termine “trim” si riferisce all’orientamento del corpo di un subacqueo nell’acqua. Questo non è da confondere con l’assetto, che riguarda la capacità di mantenere una posizione neutra nella colonna d’acqua. Il trim è influenzato dalla distribuzione del peso del subacqueo, inclusa la zavorra e l’attrezzatura.
Un buon trim è essenziale per l’efficienza idrodinamica, che può rendere le tue immersioni più sicure e piacevoli. Tuttavia, è importante notare che un buon assetto non garantisce necessariamente un buon trim. Infatti, potresti essere in grado di mantenere una posizione neutra, ma se il tuo corpo è inclinato in modo errato a causa di una distribuzione sbagliata del peso, il tuo trim sarà compromesso.
Un buon trim significa che il tuo corpo è allineato correttamente, permettendoti di muoverti nell’acqua con minor resistenza.
Quindi, quando prepari la tua attrezzatura per un’immersione, ricorda di considerare non solo il tuo assetto, ma anche il tuo trim. Una corretta gestione di entrambi può migliorare notevolmente la tua esperienza di immersione.
Perchè è importante avere un buon assetto durante le tue immersioni subacquee
L’acqua è 800 volte più densa dell’aria, quindi ogni movimento sott’acqua richiede un dispendio di energia maggiore rispetto a quello sulla terraferma.
- Un buon assetto permette di ridurre lo sforzo per il nuoto, minimizzando la superficie del corpo esposta all’acqua. Questo comporta una minore resistenza all’avanzamento, un minor consumo di gas e quindi la possibilità di fare un’immersione più lunga e meno faticosa.
- Aiuta a evitare il contatto con il fondale marino e con i coralli, proteggendo così l’ambiente marino.
- Un assetto corretto migliora la visibilità e la comunicazione con gli altri subacquei, aumentando la sicurezza dell’immersione.
Consigli per migliorare il proprio assetto subacqueo
Per migliorare il proprio assetto subacqueo, ci sono diverse strategie che puoi adottare:
- Studia: Approfondisci la materia. Non importa quale didattica hai seguito per imparare la subacquea, ci sono risorse utili come libri specifici sull’assetto subacqueo.
- Pratica: Dopo aver studiato la teoria, è fondamentale fare molta pratica, sia in mare che in piscina. Questo è particolarmente importante se utilizzi attrezzatura a noleggio, la cui configurazione potrebbe variare ogni volta.
- Sperimenta in sicurezza: Non aver paura di sperimentare con diversi assetti e configurazioni di attrezzatura, ma assicurati sempre di farlo in un ambiente sicuro, controllato e con il tuo buddy di fiducia.
- Confrontati con subacquei esperti: Non esitare a chiedere consigli e suggerimenti a subacquei più esperti. Possono offrirti preziosi consigli basati sulla loro esperienza personale.
I vantaggi dell’assetto subacqueo orizzontale
Generalmente mantenere un assetto orizzontale (il vero e proprio trim per i tecnici) porta diversi vantaggi.
L’assetto subacqueo orizzontale richiede che il subacqueo mantenga una posizione prona, “a pancia in giù”.
Questa posizione ci permette di:
- avere meno attrito e quindi meno dispendio di energie durante gli spostamenti orizzontali (andare avanti e indietro e girarsi) e contemporaneamente più attrito durante gli spostamenti verticali, rallentando di fatto la discesa e la risalita.
- direzionare meglio la spinta delle pinne verso la parte posteriore, diminuendo ancor più lo sforzo che facciamo per muoverci.
- avere maggiore controllo sul nostro assetto e sulla posizione rispetto all’ambiente che ci circonda.
- osservare meglio sia il fondale sia ciò che abbiamo intorno, che siano eventuali ostacoli o i nostri compagni di immersione.
- evitare di urtare il fondale, disturbare gli organismi che lo abitano e sollevare inutilmente il sedimento.
I mezzi per controllare il galleggiamento e l’assetto durante le immersioni
I mezzi che il subacqueo ha a disposizione per controllare il galleggiamento e l’assetto sono fondamentalmente due.
La zavorra
Con troppa zavorra affondiamo e con troppa poca rischiamo di risalire troppo presto. Fin qui è facile. Ma la zavorra influenza anche il nostro equilibrio! Che noi usiamo un sistema integrato nel jacket o una cintura di piombi o entrambi, per mantenere l’assetto ed evitare fastidiose manovre di rollio è fondamentale che la zavorra sia disposta in modo perfettamente simmetrico attorno a noi. Evitiamo di zavorrarci maggiormente da un lato, basta poco per essere sbilanciati.
Il Gav, giubbotto ad assetto variabile
Il secondo è il GAV (BCD in inglese). In base al principio di Archimede, aggiungendo aria aumentiamo il nostro galleggiamento, togliendola affondiamo. Come fanno i pesci gonfiando e sgonfiando la vescica natatoria. E anche questo è abbastanza semplice da comprendere e da applicare. Per quanto riguarda l’assetto la faccenda si fa un poco più complicata.
I diversi tipi di Gav
Esistono innanzitutto più tipi di GAV. Ci sono quelli a collare, i jacket, gli anteriori, posteriori o misti, quelli per sidemount e chi più ne ha più ne metta.
Dalla forma del sacco del GAV dipende la posizione dell’aria al suo interno, che a sua volta influisce moltissimo sulla gestione dell’assetto.
Nel jacket per esempio l’aria è concentrata principalmente sui fianchi mentre nei GAV posteriori l’aria si posiziona nelle ali, quindi ai lati delle bombole.
Se il GAV posteriore non è del tutto gonfio può capitare che l’aria rimanga intrappolata da una parte e che ci sbilanci. Per questo motivo i GAV posteriori a ferro di cavallo sono solitamente avvolti da elastici, mentre nel GAV posteriore a ciambella l’aria può muoversi liberamente da un’ala all’altra.
Dalla forma del sacco quindi, ripetiamo, dipende la gestione dell’assetto.
Gav Ray di Rofos
Roberto Scerbo ha recentemente progettato e realizzato il GAV Ray della Rofos. Ci ha spiegato così il processo che ha portato alla sua realizzazione:
“Questo GAV posteriore a ciambella è stato realizzato in collaborazione con alcuni subacquei tecnici, dopo anni di studi volti a individuare le caratteristiche che lo potessero rendere il miglior strumento a cui affidarsi per mantenere un perfetto assetto orizzontale.
Cercavamo un modo per realizzare un GAV che garantisse un’ottima capacità di sostentamento in superficie anche con equipaggiamenti pesanti e la massima stabilità ed idrodinamicità durante l’immersione.
La forma del sacco è stata studiata al millimetro in modo tale da non interferire nella parte superiore con il routing delle fruste e per adattarsi perfettamente alla dimensione delle bombole. Allo stesso tempo la massima libertà di movimento dell’aria all’interno del sacco era la priorità per raggiungere il nostro scopo.
Dopo anni di studi e tentativi siamo riusciti a trovare una forma che soddisfacesse le nostre aspettative.
I volumi d’aria in questo GAV sono così ben distribuiti che qualsiasi posizione si assuma sott’acqua, si riesce sempre a gestire l’aria con facilità e precisione.”
Sentiamo il parere di un altro professionista: Marco Alberti è UTD Technical Instructor, Advanced Trimix Instructor TDI e proprietario e gestore del diving center Style Diving di San Michele di Pagana (Ge).
Parola all’esperto: cosa cerchi in un buon Gav e cosa lo rende adatto ad un allievo
Marco, come esperto subacqueo tecnico che lavora anche nel campo ricreativo, cosa chiedi a un buon jacket, quali sono le caratteristiche che cerchi, tu per primo, e i motivi per cui lo consiglieresti a un allievo?
“Le caratteristiche principali che deve avere un jacket a mio avviso sono le seguenti: libertà di movimento, per cui è necessario avere un sacco posteriore e un’imbracatura molto minimale. Nessun tipo di tasca porta piombi integrati così da evitare ingombri inutili sulla parte anteriore. Piastra così da rimuovere del peso in cintura oppure delle taschine porta piombi da posizionare sui fascioni posteriori.
Sacco anulare per permettere il movimento dell’aria nel sacco formando delle sacche attorno alla bombola così da favorire la posizione orizzontale del subacqueo (trim). La giusta quantità di D-ring evitando così la possibilità di clippare di tutto creando l’albero di natale ed evitando problemi di idro dinamicità e possibili incastri sul fondo. Queste sono le cose fondamentali per un GAV adatto a qualsiasi livello, il GAV “tradizionale” credo sia ormai un prodotto sorpassato”.
Sappiamo che hai scelto il GAV Ray della Rofos per il tuo diving. Per quale motivo hai scelto questo GAV?
“Il jacket Rofos è un prodotto studiato per minimizzare l’ingombro e dare la miglior resa possibile a livello di galleggiabilità e assetto lasciando libero il diver di muoversi. Piastra in acciaio da 3kg con imbracatura completa e un sacco a ciambella studiato in modo tale da far muovere il gas nel suo interno in maniera libera facendolo posizionare nelle parti laterali (ali) così da sostenere il diver facilitando la posizione orizzontale.
La parte superiore del sacco è leggermente più assottigliata in modo tale da permettere il montaggio dei primi stadi con relative fruste in modo agevole facilitando così il routing anche sul bibombola e per chi utilizza la configurazione hogartiana. Il jacket si presta molto sia per il diver tecnico che per il neofita dato che può soddisfare le esigenze di entrambi”.
Come utilizzatore del GAV Ray della Rofos, commentaci la tua scelta. Avresti qualche suggerimento per migliorare il prodotto?
“Utilizzo il prodotto ormai da diverso tempo su ogni tipo di configurazione e devo dire che mi trovo molto bene… il sacco scarica rapidamente e l’aria si distribuisce in modo equilibrata nelle zone laterali. Il corrugato è dimensionato correttamente e anche il vis è leggero. Piastra fatta con ottima lavorazione e con inclinazione dei passaggi del cinghiaggio in modo tale da ridurre le pieghe.
La Tasca porta pallone è aderente e morbida con cerniera di tenuta molto semplice da aprire ma allo stesso tempo molto robusta. Cinghiaggio con tacche di riferimento per la regolazione così da semplificare la regolazione per i diversi allievi. Sacco con diversi litraggi per ogni gusto, dal 30 libbre per il bibombola 7+7 al 60 libbre per il 20+20. Devo dire che Rofos ha prodotto un jacket ottimo studiato nei minimi particolari e con grande attenzione sia al diver ricreativo che al diver tecnico. Una buona gamma di colori completano l’offerta. Direi che abbiamo fatto centro”.
A cosa serve il Gav subacqueo
In conclusione quindi un buon GAV è uno strumento fondamentale per controllare l’assetto, che non è solo galleggiabilità (più aria vado su, meno aria vado giù), è anche stare in una buona posizione sott’acqua, essere sempre idrodinamici senza sforzo, evitare rollii e beccheggi inutili.
Parlo da fotografo subacqueo, io che scendo con una pesante custodia per reflex, con flash non esattamente idrodinamici, che cambio continuamente velocità e direzione per seguire i soggetti che via via vedo, sono consapevole di non essere sempre un modello di bell’assetto. Ma apprezzo grandemente un GAV, che mi permette di rilassarmi nei pochi momenti di pausa tra una frenesia fotografica e la successiva, che scivola con me nell’acqua aiutandomi ad approcciare il prossimo soggetto nella corretta posizione.
Articolo pubblicato su Scubazone n.30
Testi di Massimo Boyer, Rofos, Style diving