Autore: Francesco Turano
Alcionari mediterranei
In Mediterraneo gli alcionari sono ridotti a poche specie, poco frequenti e di piccole dimensioni se confrontate con i parenti della fascia tropicale. Tuttavia la bellezza di questi animali non è trascurabile e l’incontro con un alcionario mediterraneo è, per un subacqueo appassionato di biologia marina o acquari, degno di nota, rappresentando un’esperienza sicuramente non comune.
La specie più diffusa è Alcyonium palmatum. Noto con l’appellativo di “mano di morto”, riferito all’aspetto dell’animale e ai movimenti che questo può compiere una volta pescato (capita di strapparlo al fondale con reti da pesca), questo incantevole celenterato è un invertebrato coloniale privo di scheletro, che si sostiene in posizione eretta gonfiandosi d’acqua. L’appellativo alquanto lugubre è stato coniato alla fine del 1500 dal naturalista italiano Ulisse Aldrovandi. La struttura del suo corpo è composta essenzialmente da spicole calcaree, unità che gli conferiscono una consistenza discreta nonostante la mancanza di un asse scheletrico. La funzione di sostegno è comunque svolta dall’acqua, utilizzata per gonfiarsi e sollevarsi dal fondale sul quale aderisce. Il corpo ha una parte basale, per la presa al substrato, priva di polipi e definita, pertanto, zona sterile o caule (di colore bianco), e una parte apicale digitata, con un numero di appendici variabili (di solito da cinque a sette). Durante il giorno si alternano periodi in cui l’animale mantiene chiusi i suoi polipi e il corpo sgonfio a periodi in cui, viceversa, il corpo è ben eretto e con i polipi aperti in bella mostra. Di notte è più stabile la posizione eretta a polipi aperti. La colorazione di fondo varia dal rosa salmone, con varianti giallo-crema o arancioni, al più raro rosso carminio. I polipi sono biancastri e semitrasparenti, piuttosto alti e allungati. Amante dei fondali sabbiosi e fangosi con poca luce, non disdegna quelli rocciosi, anche se, in ogni caso, necessita di un ambiente con acqua quasi sempre fredda (14-15° C) e con correnti abbastanza sostenute. Lo si può trovare tanto a 20 metri quanto a 200 metri di profondità: tutto dipende dalle caratteristiche del luogo. Le dimensioni medie dell’animale oscillano tra i 20 e i 50 cm di altezza. Come nel caso di altri celenterati, anche questa specie viene utilizzata da altri piccoli organismi; questa volta si tratta di minuscoli crostacei copepodi, che vivono a spese dei tessuti della colonia. Anticamente si credeva che questo animale, una volta cotto ai ferri, poteva essere utilizzato efficacemente contro il gozzo. Spesso i subacquei sono portati a confondere le due specie di alcionari esistenti in Mediterraneo ma, per non generare confusione, ci aiutiamo con alcune immagini, dove è possibile distinguere con una certa precisione le differenze morfologiche e cromatiche.
Simile e facilmente confondibile con l’Alcyonium palmatum è Alcyonium acaule, diverso sia per la forma del corpo che dei polipi. Manca del tutto la parte basale sterile tipica della specie affine, il cosiddetto caule, poiché le colonie partono dal fondale su cui aderiscono direttamente digitate. Le dimensioni dell’animale sono sempre inferiori a quelle del suo parente prossimo, non superando quasi mai i 15 cm di altezza (salvo casi eccezionali). Tra le altre cose non bisogna dimenticare che l’ambiente prediletto da questa specie è la roccia, quindi tutti quei fondali con scogliere sommerse costituite da grandi massi e con atmosfere cupe, dove è possibile trovare un angolino tranquillo tra i rami delle gorgonie: si tratta infatti di una specie che necessita di scarsa illuminazione per sopravvivere, motivo per cui nei luoghi con acque più limpide, e quindi con maggior penetrazione della luce, la si trova a profondità notevoli. I valori di illuminazione si devono in pratica mantenere tra l’1 e il 6 % rispetto ai valori della superficie. La sua colorazione varia, anche in questo caso, dal rosso all’arancio giallastro, con esemplari rosa salmone davvero spettacolari. I polipi sono bianchi, rossi o gialli, secondo l’esemplare e non in base al colore di fondo dell’animale. Per quel che riguarda la riproduzione si possono riferire solo pochi dati, ottenuti da poche osservazioni in natura. Le uova compaiono intorno al mese di agosto mentre le larve si osservano nel mese di luglio, motivo per cui si deduce che occorre poco meno di un anno perché si compia un intero ciclo riproduttivo.
Diffusa in tutto il Mediterraneo, è poco frequente e reperibile a profondità comprese tra i 15-20 metri e non oltre i 100. L’osservazione in natura è entusiasmante, sia per la forma che per i colori dell’animale. Peccato per la difficoltà di reperimento per il subacqueo, legata sia alla profondità che al mimetismo della specie.
Meno bella è poi la specie Paralcyonium spinulosum, dalla struttura ad alberello e dal colore trasparente tendente al verde oliva o grigio. Poco comune ma abbondantemente diffuso in alcuni ambienti rocciosi mediterranei, divide il substrato disponibile con madrepore, gorgonie e corallo rosso, prediligendo acque fredde e/o profonde.
Parerythropodium coralloides, di color rosso cardinale con polipi bianchi dal colletto trasparente bordato di giallo, è un rappresentante della famiglia che invece non si contenta di gonfiarsi d’acqua per sostenersi e utilizza come scheletro quello di gorgonie morte in parte, colonie danneggiate preferibilmente della specie Eunicella cavolinii e singularis o di Paramuricea clavata. Anche quest’ultima specie ha colori differenti, con bellissime varianti rosa o bianche, ma il colore più frequente è il rosso vinaccio.
Ho osservato molte volte sott’acqua gli alcionari mediterranei e in diversi luoghi. I fondali migliori sono quelli di Calabria meridionale (Stretto di Messina in particolare) e Sicilia (Canale di Sicilia, preferibilmente banchi al largo delle Egadi, e Isole minori della Sicilia in genere). Per osservarli occorre innanzitutto un occhio esperto per l’individuazione; a volte non è facile vedere sul fondo un alcionario per il suo mimetismo, e spesso anche per le sue piccole dimensioni. Una volta individuato l’animale, l’osservazione necessita di luce artificiale e nient’altro; per fotografarlo è solo necessario non toccarlo, pena la chiusura dei polipi.
Parte del testo di questo articolo è ricavato dal volume “Enciclopedia degli Invertebrati marini” – Arbitrio Editore, di cui sono autore insieme a Francesco Costa e sul quale sono mie tutte le fotografie subacquee e parte del testo (ci sono alcune specie che non possono essere osservate in laboratorio e per le quali è possibile lo studio solo direttamente in natura).
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