Si ritiene di solito che l’aumento dell’acidità degli oceani, che deriva dall’aumento dell’anidride carbonica (CO2) atmosferica in soluzione nelle acque, porterà a una incapacità da parte dei coralli, dei molluschi, e in generale di tutti gli organismi che hanno scheletri fatti di carbonato di calcio di produrre nuovi scheletri. Questo si basa sull’equilibrio chimico: se aggiungo CO2 questa si trasforma in acido carbonico e sposta l’equilibrio della reazione di precipitazione del carbonato di calcio verso la produzione di bicarbonato, solubile. E le conchiglie si sciolgono.
Questo almeno è quello che si credeva, fino alla scoperta recente che esistono dei foraminiferi, organismi unicellulari provvisti di scheletro calcareo, che in ambiente acido aumentano addirittura la produzione di materiale calcareo. Il tutto è documentato in un lavoro pubblicato su Nature Communcations.
Il meccanismo? Il foraminifero pompa attivamente ioni idrogeno verso l’esterno, e così facendo aumenta ancora l’acidità del microambiente in cui vive. Questo sposta l’equilibrio della reazione di trasformazione da acido carbonico a CO2 che viene assorbita dal foraminifero e convertita in carbonato all’interno delle cellule, il cui ambiente interno adesso è meno acido (ha appena espulso ioni idrogeno, acidificanti).
Il ciclo è stato dimostrato per la prima volta. Se esistesse anche in altri organismi, come i coralli, allora le nostre previsioni sull’effetto nefasto dell’acidificazione degli oceani potrebbero rivelarsi sbagliate. Ma con una controindicazione: l’aumentata produzione di CO2 in mare porterebbe alla saturazione degli oceani e quindi a un aumento più veloce del previsto della CO2 atmosferica, responsabile del cambiamento climatico.
La foto di apertura è tratta dal sito http://www.actaplantarum.org/