Lo scuttling: un’opportunità per l’ambiente e il turismo subacqueo
Se ne fa un gran parlare, in ambito internazionale, come di un’attività “virtuosa”, a basso impatto ambientale, volta ad incentivare il ripopolamento ittico o il turismo subacqueo di un determinato sito: parliamo dello scuttling, l’affondamento volontario di navi o simili strutture industriali (dall’inglese “to scuttle”). Ad oggi, in America, si contano circa 700 scafi già affondati per realizzare barriere artificiali. Senza andare lontano dalle nostre coste, Malta – attualmente la terza meta turistica per subacquei più frequentata dopo Egitto e Maldive – ha aperto senza tentennamenti allo scuttling, e più in generale ha scelto di investire nell’industria turistica legata alle attività marittime e alla subacquea: una politica che frutta all’arcipelago maltese circa il 25% del PIL, ed una crescita costante del settore turistico. Ancora, nelle acque del comune croato di Medulin, nei pressi di Pola, entro l’estate verrà fatta affondare la “Vis”, la nave ammiraglia della flotta di Tito, che si appoggerà su un fondale di 32 metri per divenire meta di escursioni subacquee: anche la Croazia punta alla promozione massiccia del turismo subacqueo come nuova opportunità di sviluppo per il paese.
Un confronto serrato tra gli operatori del settore subacqueo
Questi dati, che pure segnano un trend ben preciso a livello mondiale, in Italia sono invece al centro di un confronto serrato tra gli operatori del settore: se ne è parlato di recente all’annuale salone europeo delle attività subacquee tenutosi a Bologna dal 4 al 6 marzo – l’Eudi Show – nel corso di un incontro organizzato dall’Accademia Internazionale di Scienze e Tecniche Subacquee. Invitati ad intervenire sul punto, Sebastiano Tusa – Soprintendente del mare Regione Siciliana; Luisa Cavallo – ex Direttrice del Centro nautico e sommozzatori della Polizia di Stato; Francesco Chionna – ex Comandante del Comsubin; Franco Andaloro – dirigente ISPRA; Fabio Ricciardelli – Fondazione Michelagnoli, e Massimo Ponti docente dell’Università di Bologna.
Le diverse posizioni nei confronti dello scuttling tra gli esperti di subacquea
Esiste infatti un fronte del no piuttosto composito, all’interno del quale si trovano allineati esperti del calibro di Sebastiano Tusa, archeologo, che sostiene la necessità di impiegare piuttosto eventuali risorse disponibili ai fini di una migliore valorizzazione del patrimonio sommerso esistente, e dell’attivazione di nuove campagne di ricerca. Dello stesso avviso Franco Andaloro dell’Ispra, il quale ha posto l’accento sulle possibili alterazioni della biodiversità determinate dalla presenza di un reef artificiale; difficile, secondo Andaloro, determinarsi con esattezza, nel lungo periodo, quali possano essere gli effetti collaterali scaturenti da questa pratica, come l’aumento dei tassi di inquinamento connessi a bonifiche non perfezionate o l’uso improprio ed illegale di questi relitti (come nel caso delle “navi del veleni”).
Le opinioni all’interno della comunità scientifica
Nel mondo scientifico, però, i pareri sul tema non sono unanimi: di fronte alla bocciatura dell’ISPRA, il quale comunque non nega che questi habitat artificiali siano dotati di caratteristiche uniche che li rendono idonei allo sviluppo di nuova biomassa, taluni studi condotti dal CNR di Mazara del Vallo in collaborazione con altri partner scientifici, promuovono a pieni voti lo scuttling come “opportunità di sviluppo e valida risorsa per la vita marina”. Recuperare le navi abbandonate trasformandole, dopo opportuna bonifica, in reef artificiale, secondo alcuni scienziati “fornirebbe benefici all’ambiente ed alla vita marina – specie se poggiate su un fondale profondo tra i 10 ed i 50 metri – fornendo inoltre nuove opportunità di lavoro (ad esempio per i cantieri in crisi), e promuovendo il turismo subacqueo locale”. Fra le varie tipologie di substrati artificiali che hanno superato il vaglio delle sperimentazioni scientifiche esistono anche le piattaforme off-shore, che stanno guadagnando il favore degli studiosi, dell’opinione pubblica e delle amministrazioni per molteplici ragioni, quali ad esempio la differenza fra i costi di bonifica di una nave e quelli di rottamazione/recupero/dismissione di una piattaforma, di molto inferiori, o i costi di allocazione sul fondo, praticamente nulli.
Le implicazioni legali dell scuttling e le proposte in Italia
Ma cosa dice la legge a riguardo? A spiegarlo, sempre all’Eudi, Luisa Cavallo, dirigente della Polizia di Stato, che ha in primis fatto gli opportuni distinguo tra relitti affondati per cause accidentali e il volontario affondamento. Quest’ultimo porta con sé oneri inerenti la bonifica, al fine di prevenire ipotesi di inquinamento ambientale, nonché l’obbligo di non costituire ostacolo alla pesca ed alla navigazione: affondato ad adeguate profondità, un relitto va sempre reso “safe”, sicuro per l’ambiente e per i suoi probabili visitatori, pena la commissione di uno o più reati.
A tal proposito va ricordato che in Italia attualmente giace una proposta di legge favorevole allo scuttling: si tratta della proposta Chiappori del 14 luglio 2010, recante “Disposizioni in materia di affondamento di navi radiate dai ruoli del naviglio militare per il ripopolamento della fauna ittica e la promozione del turismo subacqueo”, elaborata in collaborazione con la Commissione Difesa anche in vista delle prossima dismissione di circa 40 unità navali della Marina Militare, che opportunamente bonificate, potrebbero confluire “in un piano per l’affondamento […] con la finalità di farne zone di ripopolamento ittico e di richiamo turistico”. Lo scuttling, come pure confermato da Francesco Chionna, Contrammiraglio ex Comandante del Comsubin, consentirebbe di far risparmiare all’Erario i costi di manutenzione all’ormeggio delle navi radiate, e quelli per le eventuali demolizioni, comprensivi degli eventuali trasferimenti dalle basi ai cantieri. L’opportuno posizionamento di un relitto su un fondale idoneo, secondo Chionna, potrebbe assolvere la funzione di moltiplicatore del turismo subacqueo, specie nelle acque più “povere” dal punto di vista ittico e con scarsa presenza di siti idonei alle immersioni, come del resto già praticato con successo a livello internazionale. Un dato, quello relativo ai vantaggi della bonifica, confermato anche dall’ammiraglio Fabio Ricciardelli, presidente del Comitato Scientifico Fondazione Michelagnoli, che indica una media di costi di bonifica pari a circa 520-550 $ per tonnellata di stazza lorda per un programma di scuttling a scopo subacqueo ricreativo, nettamente inferiori a quelli di dismissione.
In mezzo a questo mare magnum di posizioni eterogenee, la sola cosa che appare chiara è che il nostro paese sta, ancora una volta, sprecando un’opportunità: di risparmio economico, per finanze statali asfittiche; di crescita del settore turistico, che orientandosi verso la sostenibilità potrebbe garantire posti di lavoro e vantaggi diffusi; di tutela dell’ambiente, attraverso il ripopolamento di fondali fin troppo sfruttati ed un monitoraggio costante della biodiversità vicino le coste.