4 dicembre 1915/2015 – Centenario affondamento piroscafo trasporto truppe Re Umberto e cacciatorpediniere Intrepido a Valona.
Autore testo: Cesare Balzi – Autore foto: Massimiliano Rancan
La storia
Nel novembre 1915 il Ministro della Guerra Zuppelli dispose l’invio di un “Corpo speciale di spedizione” in Albania con il compito di rinforzare la piazzaforte di Valona, già controllata da forze italiane, in vista di un’azione di salvataggio dei resti dell’esercito serbo in rotta verso la costa adriatica. Con decreto del primo dicembre 1915, il comando del “Corpo speciale di spedizione italiano” fu affidato al Tenente Generale Emilio Bertotti, che giunse a Valona il 2 dicembre assumendo il controllo delle operazioni, mentre da Taranto, lo stesso giorno, partiva il primo convoglio con truppe e rifornimenti. Il secondo scaglione di circa milleottocento uomini e centocinquanta quadrupedi, la maggior parte appartenente all’86° Fanteria della Brigata Verona, salpò da Taranto nel pomeriggio del giorno 3 dicembre, a bordo dei piroscafi Re Umberto e Valparaiso, scortati da quattro cacciatorpediniere della squadriglia Indomito.
Dopo una notte di navigazione, ormai in vista di Valona, alle 9.45 del 4 dicembre 1915, il piroscafo Re Umberto, appena entrato nel canale tra Saseno e la penisola del Kalaburun, venne colpito sulla fiancata sinistra e spezzato in due, affondò in un quarto d’ora. Fra i militari due ufficiali e cinquantotto uomini di truppa perirono a bordo per l’esplosione o in mare per annegamento.
Il cacciatorpediniere di scorta Intrepido, al comando del Capitano di Corvetta Leva, dopo aver raccolto e sbarcato a Valona più di cento naufraghi del Re Umberto, fu mandato lungo la costa a sud di Capo Linguetta in crociera antisommergibile. Alle ore 14, mentre seguiva la rotta per rientrare all’ancoraggio, rimase anch’esso vittima di un’esplosione. La prua ed il palco di comando furono distrutti completamente e ridotti ad un ammasso di rottami.
Spinto dalla brezza verso gli scogli di Punta Linguetta, lo scafo dell’Intrepido vi si appoggiò con la parte prodiera e rimase incagliato sugli scogli. Perirono nell’esplosione un guardiamarina di complemento, un sottocapo cannoniere e due marinai. Dato la non estrema gravità delle avarie, il cacciatorpediniere avrebbe potuto essere riparato, ma non si ritenne di poter farlo rimorchiare al sicuro e così, dopo aver recuperato cannoni, lanciasiluri e materiale di maggior valore, lo scafo fu abbandonato e pochi giorni dopo affondò.
Nessuna scia di siluro da bordo delle unità vicine venne avvistata e pertanto, tanto nel caso del Re Umberto che dell’Intrepido, non restò dubbio che l’esplosione fosse stata provocata da un urto contro mine. Da documenti tedeschi risultò che il sottomarino posamine tedesco UC-14 della flottiglia di Pola, al comando del oberleutnant zur see Caesar Bauer, posò uno sbarramento di dodici mine davanti a Valona, probabilmente dopo il dragaggio avvenuto nella notte tra il 3 e il 4 dicembre.
I ritrovamenti dei relitti
Localizzai i resti del relitto dell’Intrepido nell’aprile 2007, grazie ad una fotografia storica che mi inviò Fabio Ruberti. L’immagine ritraeva il cacciatorpediniere incagliato sulle rocce in qualche punto di Capo Linguetta e sullo sfondo era ben visibile il profilo dell’isola di Saseno. Il 1° di aprile, partito da Valona con un gommone, raggiunsi quella zona seguendo la rotta Baia di San Giovanni (Gjiri i Shen Janit), Capo Gallovecit (Kepi i Gallovecit), grotta di Haxhi Aliut e, infine, Punta Linguetta (Kepi i Gjuhezes). In questo punto, a circa trenta metri dalla costa mi immersi in un mare dal blu intenso, con una visibilità eccezionale, ma, come al solito, con una fastidiosa corrente. L’immersione iniziò su un fondale di circa venti metri e proseguii infruttuosa per oltre mezz’ora. Infine, a una profondità di ventidue metri, intravidi tra le rocce una moltitudine di lamiere sparse qua e la, tubazioni ed alcuni proiettili di cannone.
L’emozione fu grande quando mi apparve una sagoma scura più in giù, alla profondità di trentadue metri. Mi avvicinai sino a che le linee ed i contorni si definirono: era il fasciame di una caldaia. Notai però che lo scafo intorno ad essa era distrutto e collassato. Riconobbi i circuiti di raffreddamento, tubazioni di ferro e rame, una grande quantità di valvole, saracinesche, griglie e coperchi. Terminata la scorta di aria, dovetti purtroppo riemergere. Presi le mire verso terra in corrispondenza di alcuni bunker posti sulle rocce per definire il punto esatto in cui mi trovavo. Mi voltai ed alle mie spalle riconobbi il profilo dell’isola di Saseno così come si presentava nella fotografia storica inviatami da Fabio.
Provai un senso di grande soddisfazione consapevole di essere sulla strada giusta, ma anche una sorta di delusione per non aver trovato al primo colpo lo scafo dell’Intrepido. Tornai nella città di Scutari dove risiedevo e trascorsero due settimane prima di ritornare in quel luogo. Mi immersi nuovamente ma questa volta intorno ai trenta metri mi apparve subito l’immagine di uno scafo rovesciato: era la parte poppiera di una nave con due eliche a tre pale ancora fissate nella loro sede, con i rispettivi assi e sostegni.
Il timone, invece, era riverso sul fondo, ma inserito ancora nel suo alloggiamento. La parte di poppa con eliche, assi e timone erano inconfondibilmente quelli di un “tre pipe”, come erano stati affettuosamente soprannominati i cacciatorpediniere della classe Indomito a cui apparteneva l’Intrepido. Ormai ogni dubbio si stava dissipando. Ritrovai, inoltre, altri bossoli e colpi da centoventi millimetri, oltre a pacchetti di munizioni di piccolo calibro per fucili 91 in uso all’epoca alla Regia Marina. Feci visionare le fotografie che scattai all’Ammiraglio Giuseppe Celeste, che mi aveva dato fin dall’inizio delle ricerche un valido supporto, ed a Alberto Minichetti e Ilario Ratti, due esperti dell’Associazione Amici della Storia e del Museo della Spezia.
Dall’Intrepido al Re Umberto
Il 4 maggio 2007, nella sede del Circolo Ufficiali della Marina Militare della Spezia, si diede la notizia ufficiale del ritrovamento e identificazione del Regio cacciatorpediniere. Il capitolo Intrepido era quasi chiuso, mancava solo la documentazione video fotografica per un trailer ed un articolo che ci eravamo ripromessi di effettuare durante una spedizione ufficiale Iantd una volta ritrovata anche il relitto del piroscafo Re Umberto, che stavamo cercando nella stessa area.
All’epoca del ritrovamento della Regina Margherita, determinanti furono le informazioni dei pescatori. Infatti, il relitto della corazzata della Regia Marina fu trovato seguendo la pista di una afferratura che i pescatori locali chiamavano “maune del re”, ovvero nave del re. Curioso, allora, fu il fatto che quando utilizzando l’ecoscandaglio, individuai dalla superficie il relitto, i pescatori iniziarono a discutere, asserendo che quello non era il punto che essi conoscevano, in quanto era poco distante da lì, circa duecento metri verso Punta Linguetta. Il ritrovamento della Regina Margherita chiuse la questione, anche se i vecchi pescatori rimasero sulle loro posizioni: il relitto di cui parlavano era più in là. Nel tentativo di rintracciare il Re Umberto, riaffiorò la vecchia storia dei pescatori. Tutto sommato, anche il nome di fantasia che questi davano al relitto aveva un certo significato, soprattutto quello che lo indicava come nave del re. Che ci fosse una relazione con il piroscafo Re Umberto?
L’indizio interessante fu che la parola “maune” in albanese indicava una nave da carico. A questo punto le affermazioni dei pescatori sembravano prendere sempre più consistenza: la Regina Margherita era una nave da guerra, non poteva essere indicata come un cargo, perciò l’afferratura che loro indicavano era sicuramente di un’altra nave, chiamata appunto cargo del re. Finalmente, il 15 agosto 2007 mi recai sul punto in cui i pescatori indicavano il cargo del re. L’ecoscandaglio dava uno sbalzo di oltre dieci metri su un fondale di circa settanta. Alle 6 del mattino uscii con il gommone dal porticciolo di Orikum senza essere disturbati dal vento e dalla corrente. Ci portammo sulle coordinate geografiche del relitto della Regina Margherita per stabilirne la distanza dal nuovo punto. Infatti, i due pescatori Micio e Amet, che due anni prima avevano collaborato alle ricerche di quella nave, non erano mai stati convinti che quel segnale sull’ecoscandaglio fosse il “maune” del Re, che loro conoscevano e volevano farmi esplorare. Per via della mia cocciutaggine, andai contro i loro consigli e trovai i resti della Regina Margherita, che nessuno conosceva. Ricordo che Micio cercava verso Saseno un allineamento, lasciatogli dal padre, che non trovava.
Allora si accese un’animata e colorita discussione, mezza in albanese e mezza in italiano. Alla fine li convinsi che l’ecoscandaglio non mentiva e che pertanto un tuffo in quel punto lo avrei fatto, con o senza allineamento. Così andò la storia della Regina Margherita; adesso, però, non potevo fare a meno di seguire le loro indicazioni. Arrivato sulla verticale del relitto della Regina Margherita, accesi la strumentazione e mi spostai sulle nuove coordinate. In corrispondenza di uno sbalzo di una decina di metri dell’ecoscandaglio e proprio in coincidenza con l’allineamento del padre di Micio, buttai un pedagno e mi preparai per scendere. Ad una profondità di poco più di cinquanta metri individuai un relitto! Il pedagno era caduto sull’estrema prora, in bilico appena sopra la coperta.
La prua era diritta, esattamente come quella dei piroscafi costruiti tra la fine ‘800 ed inizi ‘900. Vicino al pedagno scorsi una gru da carico, come quella del Re Umberto, e, dietro, il boccaporto quadrato della stiva, così buia da non vederne il fondo. Guardai la bussola, per prendere l’orientamento, e il computer, per stimarne la profondità del ponte di prora: cinquantasette metri. Decisi di percorrere lo scafo da prora a poppa sulla fiancata di sinistra. Grazie alla buona visibilità, mi accorsi che sulla destra, quindi sul lato sinistro della prora, c’era un’altra parte dello scafo. Mi avvicinai, l’ombra si definì e apparve la poppa.
La nave era quindi spezzata in due e le due parti sembravano esattamente parallele, rivolte entrambe verso il porto di Valona. Lasciai il ponte di prora e mi spostai su quello di poppa, scendendo per vedere se riuscivo a leggerne il nome, ma le incrostazioni ricoprivano tutto. Il tempo di fondo si stava esaurendo, perciò ritornai al pedagno ed inizia a risalire, convinto che si trattasse proprio del piroscafo Re Umberto: spezzato in due come descriveva il rapporto di affondamento e da come si evinceva da una fotografia scattata dall’ufficiale di marina Giuseppe Sirianni, imbarcato su uno dei cacciatorpediniere di scorta, nelle quali si vedeva chiaramente la nave spezzata in due nel mezzo del canale di sicurezza del campo minato.
La spedizione
Dal ritrovamento del cacciatorpediniere Intrepido incominciai a ipotizzare con Fabio Ruberti, titolare di Iantd Srl, l’idea di una spedizione. Fabio incominciò ad allertare alcuni membri delle Iantd Expeditions che avevano partecipato a passate spedizioni, in particolare i video operatori e fotografi di Nautica Mare di Verona, che formavano un gruppo omogeneo ed affiatato. Nel frattempo, in un incontro con il direttore dell’Istituto di Archeologia di Tirana ed il dottor Anastasi del Dipartimento di Archeologia Subacquea, su delega di Fabio Ruberti, mi accordai per stipulare un protocollo di collaborazione all’interno del quale i due condirettori sarebbero stati il dottor Anastasi per l’Istituto di Archeologia ed il sottoscritto per la Iantd. Ottenni così tutte le debite autorizzazioni dal Ministero della Cultura della Repubblica d’Albania per la successiva Iantd Expedition che si svolse dal 26 settembre al 3 ottobre 2007. Nel corso delle immersioni sulla Re Umberto, partendo sempre dalla prua, dove avevamo lasciato la cima di discesa, seguimmo la linea della prua perfettamente diritta, la gru era esattamente la stessa, così come la linea della falchetta, la disposizione dei bracci delle scialuppe, il castello, la sede del fumaiolo, così fino in fondo. Si ricominciava poi con lo spezzone di poppa, sul lato sinistro della prora, esattamente ruotato di centottanta gradi, e anche qui tutti i dettagli coincidevano con quelli del Re Umberto in una bella immagine d’epoca fornitami dalla Fondazione Ansaldo. Nelle immersioni successive, furono fatte ulteriore riprese e fotografie di alcuni dettagli e fu effettuata una discreta penetrazione nelle stive, che conservavano ancora parte del carico, del quale potemmo individuare bottiglie, stivali e resti di vestiario. Tornati alla base, visionammo tutto il materiale prodotto e ne rimanemmo soddisfatti. Potevamo considerare la nostra attività sul Re Umberto terminata.
Epilogo
In occasione del Centenario della Grande Guerra e nell’ambito del Convegno storico-militare “1915: il primo anno della guerra infinita” organizzato dal Comitato scientifico “Maggiore Sebastiano Nino Bedendo”, presieduto dal maggiore Giuseppe Bonfiglio, le Iantd Expeditions hanno presentato nell’auditorium del liceo scientifico statale “P. Paleocapa” di Rovigo, sabato 14 novembre scorso, la relazione dal titolo “4 dicembre 1915. L’affondamento del piroscafo trasporto truppe Re Umberto e del cacciatorpediniere Intrepido. Il ritrovamento e l’identificazione dei loro relitti attraverso le Iantd Expeditions”.
Scheda tecnica trasporto truppe Re Umberto
- Tipo: nave passeggeri/carico
- Propulsione: piroscafo
- Costruzione: 1892
- Stazza: 3164 tsl
- Lunghezza: 101,00 mt
- Larghezza: 12,30 mt
- Pescaggio: 5,60 mt
- Motore: un motore espansione
- Potenza: 250 n.h.p.
- Velocità massima: 12 nodi
Scheda tecnica cacciatorpediniere Intrepido
- Cantiere: Pattison Napoli
- Impostazione: 1° giugno 1910
- Varo: 7 agosto 1912
- Consegna: 6 febbraio 1913
- Dislocamento: 672 ton
- Apparato motore: turbina costituito da quattro caldaie Thornycroft e due turbine
- Potenza complessiva: 16.000 Hp
- Velocità massima: 30 nodi
- Lunghezza: 73,00 mt
- Larghezza: 7,30 mt
- Immersione: 2,66 mt
- Equipaggio: 4 ufficiali e 65 uomini fra sottufficiali, sottocapi e comuni.