Autore: Massimo Spadotto
ARADO AR196-A
E’ la mattina di ferragosto, Capraia è avvolta da un manto nuvoloso che lascia degli sprazzi al sole caldo di Agosto.
Ci rechiamo al diving e chiediamo se è possibile fare un immersione al famoso “Aereo”, l’obbiettivo di questa vacanza. L’interesse per questo velivolo parte dalla lettura di un libro “Relitti del Mediterraneo” della casa editrice White Star dove sono rimasto affascinato dal capitolo redatto dall’inestimabile Andrea Ghisotti che assieme alla competenza di Fabio Bourbon ha identificato il velivolo e ne ha ricostruito la storia.
Parliamo dell’idrovolante ARADO AR196-A che giace a poche centinaia di metri dal porto di Capraia, su un fondale di circa 43mt addossato alla parete di una secca piuttosto lunga che oltre al nostro aereo ospita la targa commemorativa del “babbo” (Umberto Pepoli) e la casa del cerniotto Filippo.
L’immersione della mattina è dedicata alla secca del Turco, un tripudio di Barracuda, Cernie e Murenone ma nel pomeriggio la nostra guida ci promette l’immersione sull’Arado.
Cerco di raccogliere qualche informazione da parte del Diving per cercare di capire se c’è qualche informazione che non conosco, solo che mi rendo conto che c’è poco interesse nei confronti di “4 ferri in fondo al mare” rispetto alle meraviglie subacquee che offre dai fondali dell’isola, ma la mia passione per i relitti è + forte e mi preparo all’immersione con un misto di eccitazione e curiosità.
L’ idrovolante Tedesco Arado AR 196-A, è affondato al largo dell’Isola di Capraia nel corso del 1943. L’ AR 196 era il più diffuso ed efficiente idrovolante da ricognizione Tedesco durante la II Guerra Mondiale.
Era equipaggiato con un motore radiale BMW da 900hp; due cannoni da 20mm e due mitragliatrici da 12.7mm; velocità massima 310km/h, autonomia 1050km.
Il relitto è molto danneggiato, ed è coperto da reti da pesca. Giace su un fondale roccioso a una profondità che va da -37m a -44m.
Questo relitto è uno degli ultimi AR 196 esistenti (solo altri tre sono stati trovati ancora nell’hangar della corazzata Bismark nell’Atlantico Settentrionale, ma si trovano a una profondità di circa -6000m): questa è un’ottima ragione per un’immersione spettacolare, ma una ragione ancora migliore per rispettare questo nobile relitto!
L’immersione
Iniziamo la vestizione al porto, il punto di immersione è proprio vicino, ancoriamo e la guida ci avverte che probabilmente ci sarà corrente. Io e la mia compagna scendiamo per primi accompagnati dal “Grillo”, in discesa si stacca il mirino della mia Nikonos, e mi getto a capofitto per ritrovarlo nel pianoro. La visibilità è eccellente, dai 25 metri del pianoro riesco a vedere la chiglia della barca e i miei compagni di immersione. Segno di OK e procediamo verso una formazione rocciosa composta da due specie di torrioni che ci indicano il punto dove ai piedi della parete troveremo l’obbiettivo della nostra immersione.
Mi allontano dalla parete per godere della visione d’insieme dell’aereo e grazie all’incredibile visibilità ne scorgo presto i rottami.
L’aereo giace addossato alla parete, in una posizione che mostra evidentemente il fatto di esser stato agganciato da una rete e trascinato li a forza. Il tronco centrale con la fusoliera giace con i due abitacoli rivolti a est, e la parte del motore che punta verso il fondale Ë accartocciato all’interno delle reti assieme alle ali.
Inizio a scattare foto, poi arrivati sul relitto a circa 40mt la mia Compagna si mette in posa e iniziamo a scattare le foto obbiettivo della nostra immersione.
Il tempo a nostra disposizione è breve, la profondità è impegnativa e per non saturarci troppo ed evitare lunghe decompressioni operiamo molto rapidamente secondo pianificazione. Nel breve tempo riesco ad individuare nell’abitacolo alcune leve di pilotaggio, scorgo un cannoncino all’interno del groviglio di rete contenente le ali e il gancio della catapulta che serviva per essere lanciato dalle Navi. Troviamo anche un messaggio lasciato dai subacquei di un club di Ravenna…
Il relitto fotograficamente parlando è molto interessante, sia per il colore delle concrezioni che per l’andamento verticale dei tubi, il tutto condito da una visibilità eccezionale.
Risaliamo e ne approfitto per fare altre foto d’insieme, fino all’ultimo sguardo e salutiamo definitivamente l’Arado. Proseguiamo la nostra immersione sulle tracce del cernione Filippo, dopo una bella pinneggiata riusciamo ad intravederlo mentre si allontana nel blu.
Nel ritorno alla catena per la risalita incontriamo una corrente insistente, mi concentro sulla pinneggiata per contrastarla, solo che stacco la mia compagna prendendomi poi una strigliata per non averla aspettata.
Raggiungiamo a fatica la cima di risalita e facciamo i nostri minuti di decompressione comodamente attaccati alla cima e al trapezio dove incontriamo gli altri nostri compagni di immersione che hanno seguito un itinerario diverso.
In barca la soddisfazione è molta, la felicità di ripagare le aspettative con un immersione meravigliosa come questa è veramente una rara e fortunata occasione.
Foto:
http://www.agemax.it/capraia3/
Informazioni:
“Relitti del Mediterraneo” Editore: White Star – Autore: AA.VV. – Pagine: 160, con foto a colori – Formato: 18×25
http://www.sportesport.it/wrecksTI015.htm
http://www.bismarck-class.dk/technicallayout/aircraft/aircraft_scale_plans.html
http://www.bismarck-class.dk/technicallayout/aircraft/aircraft_information.html
http://www.poulpevitrolles.com/epave/epaves_mediterranee_arado.htm
Con chi immergersi: http://www.capraiadiving.it/
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Signor Spadotto,
sono Fabio Bourbon, autore del riconoscimento dell’Arado in questione. Gradirei entrare in contatto con lei, in merito a un articolo che sto preparando sul medesimo argomento.
Resto in attesa di un suo gentile cenno di riscontro.
Fabio Bourbon