Luogo che vai, immersione (e procedure) che trovi. In famosissime destinazioni subacquee, come per esempio le Maldive ed il Mar Rosso ma non solo, le immersioni in corrente sono un MUST, per godere il meglio, oppure perchè alcune zone o il diving non offrono altre possibilità: mancanza di ormeggi, correnti troppo forti per un ritorno al punto d’entrata.
La corrente, per il mare, è fonte di ricchezza. Nei punti dove la corrente è forte vengono trasportati, nell’unità di tempo, più nutrienti per piccoli pesci e coralli. C’è quindi più passaggio di pesce, più colore, più vita. Le immersioni che restano nella mente come un film sono spesso immersioni effettuate in presenza di forte corrente.
La corrente, però, può creare dei problemi a chi non è abituato ad affrontarla e difficoltà di pianificazione per chi sta organizzando l’immersione. Per poterla affrontare adeguatamente bisogna conoscerla, possibilmente sapere già cosa questa corrente farà dietro l’angolo.
Prevedere l’andamento delle correnti è complesso ma possibile: comporta la conoscenza delle tabelle della marea, dell’effetto dei venti sulla superficie e delle correnti costanti. In Mar Rosso, per esempio, a novembre le correnti costanti si invertono per lo svuotamento del bacino a seguito dell’evaporazione: il vento ha un effetto minimo, entra l’onda dell’Indiano. Nel Nord Atlantico le correnti costanti si muovono in senso orario rispetto alle coste. La cosa si complica in presenza di onde, baie, stretti, sistemi di reef. Qui la corrente crea dei vortici, dei riflussi. Potrebbe invertirsi all’improvviso, spingere lontano dalla costa, spingere in basso (correnti discensionali) o in alto. Nelle baie generalmente la corrente è più forte vicino alle ‘punte’.
Considerate che in tutti i mari c’è sempre almeno un filo di corrente. Vi sembrerà di essere fermi in superficie, ma mentre state sputacchiando nella maschera state viaggiando.
L’entrata in acqua coordinata è il primo passo per iniziare questo tipo di immersione, ed un errore, quale la classica perdita di tempo, può pregiudicare il raggiungimento dell’obiettivo d’immersione. In gruppo o in coppia, l’entrata deve essere veloce, senza esitazioni. Si scende, senza esitazioni, verso un riferimento, che può essere la guida, il compagno, o un punto sul fondo o sulla parete: si pinneggiando verso il riferimento, senza distogliere lo sguardo. Pulire la maschera, mantenere la testa sopra la superficie o distrarsi può comportare la perdita del gruppo o del compagno. Come minimo comporterà una certa fatica per raggiungere il gruppo. Se si hanno difficoltà a compensare, si segue il gruppo dall’alto.
Le procedure sono diverse, da zona a zona secondo la logistica, su cosa fare nel caso si perda il gruppo. Diciamo che ogni zona ha sperimentato le sue procedure efficaci per questi casi. Munirsi di un pedagno individuale è ESSENZIALE per le immersioni in corrente.
Una volta discesi e raggruppati il segreto è lasciarsi andare, l’ideale è seguire la corrente, senza fatica, solo aggiustando l’assetto, senza neanche pinneggiare. In questo caso, se ci si vuole fermare ad osservare qualcosa, ci si gira e si pinneggia controcorrrente a punto fermo, ma solo se la corrente ci consente di farlo senza sforzo. Lo stesso se si vuole rallentare per aspettare un compagno o il resto del gruppo. ATTENZIONE agli ostacoli. In acqua come in aria, non abbiamo i freni. Per rallentare dobbiamo pinneggiare in direzione opposta, per evitare un ostacolo dobbiamo aggirarlo. Da sopra o di lato. Se non siete abituati alla corrente, rischiate di danneggiare il fondale, quindi tenetevi alti, o lontani dal reef, un metro e mezzo almeno.
E’ possibile pinneggiare contro una corrente debole, guardando un oggetto senza finirci contro, mettendosi in posizione seduta e muovendo solo le pinne, non le gambe, a rana. E’ chiaro che per muoversi in quel modo senza danneggiare i coralli bisogna saperlo già fare in orizzontale.
Pinneggiare con forza controcorrente, non è mai una buona idea, ma a volte, proprio per la natura disomogenea delle correnti o per esigenze di tragitto, può accadere che si vada, per un breve tratto, contro. In questo caso si avanza lentamente e con calma, pinneggiando preferibilmente a rana, con colpi di pinna ampi, ma robusti. La respirazione deve mantenersi regolare. Aspettare di essere esausti per fermarsi è sciocco: meglio segnalare il problema ed aggrapparsi a qualcosa, riprendere fiato, facendo bene attenzione a dove si mettono le mani. L’affanno può generare panico ed il panico può generare un incidente. Occhio ai crampi. Un crampo può pregiudicare la buona riuscita di un’immersione, come lo sganciamento dal gruppo o l’emersione del gruppo in un punto non preventivato… ed in corrente è facile avere dei crampi. Idratatevi bene prima dell’immersione. Il potassio lo trovate nelle banane.
Proprio per la natura disomogenea e turbolenta delle correnti intorno a degli ostacoli, possiamo individuare però dei punti dove la corrente è meno intensa, o quasi nulla. Questo lo si può ottenere osservando gli eventuali ripari, la sospensione, la vegetazione, i coralli morbidi, il muso dei pesci. Spesso solo un metro più in là si fatica di meno.
A volte l’immersione può richiedere di fermarci in un punto preciso, battuto da ‘venti’ fortissimi, aspettando il passaggio di pelagici. In questo caso è bene portarsi vicino al fondo o alla parete, ed aggrapparsi, dove è consentito, facendo sempre bene attenzione a dove si mettono le mani. I coralli grigiastri sono inevitabilmente morti. Quelli vanno bene. In alcune zone consegnano ai sub degli uncini per limitare i danni alla barriera e consentire l’uso delle mani ai fotografi. In altre zone è vietato toccare qualsiasi cosa.
A volte l’immersione può essere spesa quasi tutta in un cosiddetto split. Lo split è il punto dove la corrente, impattando un torrione circolare, si spacca in due direzioni opposte. In quel punto la corrente diminuisce, paradossalmente (ma neanche troppo per la fisica), di intensità e ci consente di pinneggiare nel blu senza sforzo, a punto fermo, cercando branchi di pesce o aspettando il passaggio di pelagici. E’ fondamentale, in questo tipo d’immersione, che il gruppo sia disciplinato. A volte basta un metro di distanza e si è trascinati da due fiumi che viaggiano in direzioni opposte.
Se è sempre vero che vicino al fondale la corrente rallenta, non è sempre vero che la corrente faccia altrettanto vicino ad una parete, o ad un plateau abbastanza ripido. Immaginate delle masse d’acqua che spostandosi lentamente trovino una strozzatura tra gigantesche secche o torrioni madreporici. Dov’è che accelera la corrente? nel punto dove si ‘schiaccia’: vicino al reef.
Sopratutto in presenza di onde, o nel punto d’incontro di correnti opposte, possono verificarsi discensionali. A volte in certi punti sono così forti che se riuscita a mantenere un assetto neutrale vedrete le vostre bolle precipitare in basso. Se non riuscite a mantenere un assetto neutrale c’è poco da scherzare: sopratutto se siete nel blu. Questo è uno dei casi in cui l’entrata in acqua in assetto negativo (gav sgonfio) può essere addirittura fatale. Considerate però, che se nessuno ha tolto il ‘tappo’ alla vasca da bagno, tutta quella massa d’acqua che scende, da qualche parte dovrà risalire. Può essere utile trovare un’ascensionale per cavarsi d’impaccio, ma non è mai una corrente fortunata: mentre si possono contrastare ‘quasi’ tutte le discensionali al mondo gonfiando il gav, (a volte occorre gonfiare anche un SMB ) una volta sgonfiato il gav in presenza di una ascensionale c’è da sperare che smetta, o rallenti, alla sosta dei cinque metri.
L’ottima conoscenza dei punti d’immersione e delle loro correnti non è mai un elemento trascurabile, nel preparare un piano d’immersione.
Mantenere un assetto impeccabile in presenza di forti correnti o di risacca può essere difficile anche per chi ha centinaia di immersioni in corrente sulle spalle. Non dimentichiamoci mai che negli ultimi dieci metri dell’immersione c’è la nostra salute. Per questo motivo il punto di uscita deve essere scelto preventivamente. Trovarsi a fare uno stop di sicurezza o peggio una sosta di deco in un punto dove c’è onda che frange o turbolenza, può suggerire al vostro azoto in eccesso di uscire facendosi una corsetta per i tessuti. In alcuni casi, per mantenere l’assetto, può bastare spedire un pallone in superficie (con i metri desiderati di sagola) e scaricare il gav: ma se c’è onda, rimanere appesi ad una salsiccia che ballonzola non è esattamente quello che cercavamo. Va sempre utilizzata la lunghezza del braccio per ‘ammortizzare’ le oscillazioni del pedagno. In caso di sosta ridossati ad un reef con forti correnti di superficie (per esempio onde che attraversano un reef semiaffiornate) l’uso del pedagno può essere addirittura nocivo. Potrebbe prendere la corrente che voi in quel punto non avvertite, e trascinarvi in alto, o lontano. O, dopo aver finito 60 metri di sagola… salutarlo.
Questo vale ancora di più per SMB lanciati da quote più profonde. In alcune aree le correnti si invertono brutalmente secondo la quota. Potreste trovarvi a viaggiare in una direzione e vedere il vostro pallone che ‘scappa’ in direzione opposta, trascinandovi in alto.
Per le immersioni con decompressione in corrente è meglio scegliere punti di immersione dove si ha ‘la certezza’ che certi eventi (onde e turbolenza) non si verifichino, almeno nel punto d’uscita/risalita. La scelta dell’orario è importante: la maggior parte delle correnti forti sono generata dalle maree. In linea di massima è meglio scegliere il momento in cui c’è meno corrente (poco prima del minimo o del massimo di marea) pianificando accuratamente la durata della vostra immersione.
Trovarsi invece a ‘dover’ effettuare una sosta di deco in corrente quando non si era pianificata, può risultare in una serie di complicazioni che vanno dalla impossibilità di mantenere un buon assetto, all’uscita in un punto non preventivato: la corrente potrebbe portarvi in un luogo non igienico. Ma se volete semplicemente ‘volare’ tra le alcionarie aperte come i bronchi di un atleta in gara… se volete cogliere il momento in cui gli ‘squali si avvicinano’… in genere quel momento magico è a metà dell’escursione della marea: massimo della corrente.
Il BLUE DIVE è un’immersione molto particolare, per un pubblico particolare che a sua volta cerca qualcosa di particolare. Può essere un’immersione dove la forma di vita più interessante (dopo le subacquee ed il sottoscritto) è il plankton, come ci si può imbattere in una galleria di decine e decine di MOSTRI. Non ci sono riferimenti, solo blu, e per quanto ci si sforzi a prevederla, prevenirla, calcolarla… la corrente ci porterà chissà dove. Il sistema ideale è lanciare ad inizio immersione, da dieci metri circa, il pallone di segnalazione (meglio un SMB di circa un paio di metri, alto e visibile sulla superficie) e scendere rimanendo appesi, alla quota desiderata. Uno è sufficiente per un intero gruppo. Per gruppi numerosi può essere utile lanciarne due, ma mai di più per evitare aggrovigliamenti, e piazzarli in mano a chi apre e a chi chiude il gruppo.
Se l’entrata in acqua comporta essenzialmente velocità e coordinamento, nelle immersioni in corrente l’uscita deve tener conto di molti altri fattori.
VISIBILITA’. La priorità va sempre data alla possibilità dell’imbarcazione di vedervi nel momento in cui uscite. Per questo molte guide, in alcuni casi, utilizzano il sistema della boa in superficie che segnala costantemente la posizione del gruppo. Questo sistema, tra l’altro scomodissimo per la guida, è il più sicuro, però si adatta a solo a pochissimi tipi di immersione, per esempio: con fondali piatti, senza forti correnti, o ai blue dive. In presenza di onde la barca, sopratutto se grande, non può seguire la boa, nè le bolle per tutto il vostro tragitto: la barca deve spostarsi in un’area ridossata.
Se, coordinandovi con l’equipaggio avete deciso di uscire in un determinato punto, aspettatevi che l’equipaggio guardi in ‘quel’ punto con molta più insistenza anziché altrove. Quindi considerate anche quanto la corrente vi stia spostando dal punto dove siete attesi.
Il SOLE BASSO sull’orizzonte ha determinato i più gravi problemi, sopratutto al tramonto. Uscire lontani, controsole o piazzare la barca in questa posizione rispetto al vostro punto d’uscita, può impedire all’equipaggio di vedervi malgrado i vostri immensi e fosforescenti palloni, anche in condizioni di calma piatta.
Per la visibilità considerate anche l’altezza dell’imbarcazione: da un gommone il punto di osservazione è più basso, da una barca grande invece, con la plancia sul ponte prendisole, l’orizzonte è più ampio, così come migliori sono le prospettive visuali.
Le ONDE sono un altro fattore da considerare sia in materia di visibilità in superficie che per la comodità dell’uscita. La presenza di onde diminuisce la possibilità di essere visti a grande distanza. Il profilo dell’onda potrebbe coprirvi. Più è alta l’onda e meno siete visibili.
Ma se una barca daily può vedervi da molto lontano, salire le scalette di una piattaforma che rolla o beccheggia brutalmente, può essere molto pericoloso, se non impossibile. In questi casi la cosa migliore da fare è farsi lanciare una cima in acqua finché la barca non vi avrà trascinato in un punto ridossato dalle onde.
Quindi solo un gommone o una piccola imbarcazione può seguirvi e recuperarvi su un itinerario qualsiasi, con mare grosso.
Il tempo d’immersione è, anche, importante. Un equipaggio attento deve essere in grado di raccogliervi ovunque in qualsiasi momento, ma se ritardate la vostra uscita potrebbe presumere che siate già usciti, ed iniziare a cercarvi, magari nella zona ondosa, o dietro degli ostacoli visivi (isolotti, scogli) stimare, insomma, il vostro punto di uscita in un luogo diverso da dove siete voi.
In queste situazioni i fischietti non servono a molto. Immaginate di essere in barca coi motori accesi mentre state cercando un gruppo di sub, e la radio anche accesa (come dovrebbe sempre essere): per radio parlano in continuazione. I rumori vicini, di qualsiasi natura, tendono a coprire come minimo la direzione dei suoni lontani. Uno specchietto è molto più utile, ma non ci fate nulla col sole alle spalle. Ancora meno se il sole non c’è.
Lo strumento migliore, specialmente in zone vaste e remote, è sicuramente avere un’imbarcazione che segue da vicino le bolle, o che non perda mai di vista il pedagno, quando è possibile. Diffidate, sopratutto in certe zone, dei gommoni privi di radio.
Ma il sistema migliore resta sempre quello di un ottimo coordinamento, di una buona pianificazione e la successiva esecuzione a puntino.
Usi e costumi. Eh, sì, è proprio così: alla fine, paese che vai, procedure d’immersione che trovi. Se a Sharm el Sheikh non vi sarà richiesto di portare con voi un pedagno per la maggior parte delle immersioni in corrente, è perchè c’è parete lungo quasi tutta la costa, e la barca vi aspetterà (insieme a moltissime altre), sulla linea del fringing reef. Se in Messico vi ‘scoppieranno’ e vi manderanno in superficie con un compagno che non è il vostro, ma siete fratelli nel ciucciare dalla bombola, è perchè la barca vi sta seguendo sul solito tragitto, e quella clientela vuole così. Potrebbero chiedervi di uscire in coppia, oppure in gruppo, perchè lì si usa così, quella logistica impone così, o così vuole quella clientela.
A volte certi usi locali possono sembrare in contraddizione coi manuali, ma in certi contesti funzionano.
Certi contesti comprendono diversità morfologiche del fondale, diverse condizioni del mare rispetto ad altri luoghi, ma anche diversità logistiche, che vanno dal tipo d’imbarcazione e gli strumenti di bordo, alla presenza o meno di un Search And Rescue, alla cultura. Sì, perchè la cultura e la preparazione degli equipaggi è da tenere sempre presente sia quando si viaggia che quando si pianifica una immersione.
Potete trovare uomini di mare impeccabili, come i maldiviani o gli ex pescatori beduini, ma che non hanno mai messo il naso sott’acqua e fondamentalmente non capiscono cosa state facendo. Solo noi occidentali tendiamo all’approccio scientifico nel considerare il mondo, la maggior parte delle altre popolazioni ha un approccio fatalistico: segue metodi di lavoro basati sull’esperienza e sulle tradizioni, non sulle procedure scritte. In certi contesti culturali spesso ciò che si è abituati a fare garantisce una maggiore efficienza rispetto alla ‘novità’ che viene proposta. Solo riconoscendo certe differenze, umane e logistiche con i loro limiti e vantaggi, si può mettere giù un piano di che funzioni, e che garantisca sia la sicurezza che il divertimento nell’immersione, ovvero: stabilendo i limiti del piano.
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