Autori: G.Casati e G. Andreoni
Sistematica
Sottoregno: Parazoi
Tipo: Poriferi
Classe: Demospongie, Ialospongie, Calcispongie
Parazoi
Costituiscono un gruppo di Metazoi con caratteri di grande primitività che si sono scarsamente evoluti che vivono nell’habitat marino, fissi al substrato, con il corpo costituito da 3 strati di cellule e senza organi definiti. Le attività fisiologiche di tali organismi avvengono ancora a livello cellulare, poiché la divisione del lavoro tra strutture specializzate non è stata da essi mai raggiunta. Al sottoregno dei parazoi appartiene l’unico tipo dei Poriferi o spugne.
Ecologia
I primi poriferi comparvero certamente prima dell’era paleozoica, ma è soltanto con il Cambiano che si cominciano a trovare ricche tracce di fossili. Il Devoniano e il Mesozoico sono stati particolarmente ricchi di spugne. Questi animali hanno lasciato depositi calcarei e silicei che, a seconda della specie, hanno finito per formare imponenti masse rocciose. Attualmente, la diffusione delle Spugne è molto ampia, infatti occupano i fondi marini della zona di marea fino alle grandi profondità e sono pure rappresentate nelle acque dolci. La maggior parte di esse vive nelle acque poco profonde. Nelle acque profonde troviamole le Esattinelle, alcune Demosponge; le spugne provviste di fibre di spongina abbondano nelle zone tropicali, mentre quelle con scheletro calcareo o siliceo prevalgono nelle acque più fredde. Le Spugne sono in stretta associazione con altri organismi animali e vegetali.
Le Spongilie ospitano, ad esempio, nelle cellule della parete del corpo le zoociorelle, alghe verdi monocellulari, che conferiscono a queste spugne d’acqua dolce un aspetto verdastro. Queste alghe, pare, abbiano un ruolo positivo in tale rapporto fornendo alla spugna ossigeno e sostanze organiche, mentre il vegetale gode di un vantaggio in termini di protezione. Certo è che non si tratta di un’associazione obbligata: il vegetale può vivere liberamente in acqua e la Spongilia può prosperare anche senza le sue alghe. Ciò è appunto quanto succede se si tiene la spugna per alcune settimane al buio: le alghe muoiono e vengono digerite, ma l’ospite non ne risente. Alcune ospitano la larva acquatica di un insetto neurottero, il quale trova riparo entro la loro cavità della spugna prescelta. Sempre all’interno di alcuni spongillidi è possibile trovare dei piccoli anellidi dei generi Aelosoma e Nais; questo, però, succede, di regola, quando le spugne sono poco vitali e prossime a morire. Altre specie albergano all’interno delle Spugne: crostacei e molluschi. Alcuni ospiti penetrano nella Spugna accidentalmente mentre altri attivamente. Le spugne del genere Suberites stabiliscono un rapporto simbiotico con i paguri, mediante i quali possono procacciarsi il cibo.
Infatti, stabilendosi sulla conchiglia rifugio del paguro, la spugna ospitata ha più probabilità di alimentarsi visto che il paguro si sposta con regolarità; quest’ultimo invece beneficia della protezione a base di spicole, tipica di Suberites. Il granchio Dromia beneficia dell’”aiuto” di Suberites in modo alquanto originale: il crostaceo spezza la spugna con le zampe e riesce ad aggiustarsi sul dorso i frammenti che si accumulano sulla parte posteriore dell’animale di fatto proteggendolo. Infatti è risaputo che le spugne, a eccezione di alcuni crostacei, non sono oggetto di caccia da parte di altri animali. Questo sottolinea la grande importanza che le Spugne hanno per i crostacei stessi. Anche una specie ittica cilena gode dei vantaggi relativi alla permanenza nell’habitat spugnoso: le uova vengono deposte nella cavità interna del Porifero, caratterizzata dalla “ventilazione” provocata da milioni di cellule flagellate, un luogo sicuro per le cure parentali. Ad ogni modo, il padre provvede a vigilare sulla spugna fino a che i piccoli non saranno in grado di uscire dalla loro singolare incubatrice. E’ noto, in alcune specie, un curioso caso di commensalismo: 2 giovani gamberetti di sesso opposto si installano in una spugna silicea, attraversando la “grata” che ricopre l’osculo, e vivono del plancton portato dalle correnti d’acqua della spugna stessa. Trascorrono così, prigionieri, tutto il resto della vita senza più uscire dato che, crescendo, non possono attraversare la piastra forellata che chiude l’osculo. A tal riguardo, in Giappone si usava, come dono di nozze, regalare una spugna silicea coi suoi gamberetti imprigionati quale segno di fedeltà e indissolubilità.
Comunque, anche alcune spugne possono “alloggiare” presso altri animali: è il caso di Clionidae che vive all’interno di Madreporari, nel guscio dei molluschi e anche all’interno dei ciottoli calcarei; tale Spugna penetra in tali rifugi ricorrendo a una sostanza acida, riuscendo a scavare dei canali che occupa man mano che si accresce (tale operazione è svolta dalle larve). Un altro di rapporto che vede coinvolte le Spugne è quello riguardante l’uomo. Vi sono esemplari che sono molto pericolosi per la nostra pelle, come una specie che vive nelle acque basse del Mar Caraibico; la sua superficie provoca delle forti infiammazioni e proprio per questo è stata chiamata Fibula nolitangere. Altre spugne, diffuse nel Rio delle Amazzoni, rimangono talvolta all’asciutto e seccano completamente sbriciolandosi; in tal caso la loro polvere può essere sollevata dal vento e finire nelle mucose nasali e degli occhi causando infiammazioni. Le proprietà irritanti della polvere di spugna sono state sfruttate addirittura come cosmetico; nel passato le ragazze russe di provincia per arrossare le guance usavano spalmarle con una polvere originata da milioni di spicole silicee di spongillidi.
Le Spugne possono rivelarsi di grande aiuto per l’uomo. Gli indios dell’America Meridionale, per esempio, aggiungono alla creta, usata per modellare, dei pezzetti di spugna allo scopo di rendere il materiale più compatto e resistente. Più note di tutte, però, sono le spugne da bagno il cui uso risale all’epoca del bronzo. Il loro aspetto è ben diverso da quello che siamo abituati a vedere: sono infatti strutture pesanti dal colore marrone scuro o nero. Soltanto dopo il lavaggio e la sbiancatura emerge la chiara e leggera trama scheletrica che tutti conoscono. Tuttavia, esistono specie contraddistinte da colorazioni più vivaci grazie ai pigmenti contenuti negli amebociti.
Storia
Nell’antichità le spugne venivano usate, più che per lavare, per arrestare le emorragie, come pessario e addirittura come maschere per la difesa durante le epidemie. Inoltre, venivano incenerite e bruciate per suffumigi; ciò doveva essere senza dubbio di qualche utilità se si pensa che la cenere e il fumo delle spugne contengono il 14% di iodio. Durante gli interventi chirurgici le spugne venivano imbevute di narcotici vegetali e date da succhiare al paziente per alleviarne il dolore. Nel Medioevo esse erano gli unici oggetti coi quali fosse lecito raccogliere i pezzetti di ostie consacrate: perciò venivano chiamate “spugne liturgiche”. La storia della raccolta delle spugne è sempre stata contrassegnata una triste e faticosa successione di eventi. All’inizio questi animali venivano raccolti dalla barca mediante arpioni, ma ben presto si è dovuto procedere al prelievo a mano degli esemplari situati a maggiore profondità. I tuffatori si calavano anche a 20 o più metri facilitando la discesa per mezzo di grosse pietre. Rimanevano in apnea per oltre 2 minuti e risalivano velocemente. Questo lavoro, già sfibrante di per sé, era pericolosissimo per le frequenti embolie. Oggi le spugne vengono raccolte con le moderne attrezzature da immersione, ma anche in tal senso non sono rari gli incidenti. Vi sono stati tentativi di coltivazione, ma non hanno sortito gli effetti sperati. Attualmente, comunque, le Spugne sono state sostituite in gran parte da quelle artificiali che, benché di qualità inferiore rispetto a quelle naturali, servono egregiamente là dove non sia necessario un potere di assorbimento elevato.
Proprietà
A prima vista si penserebbe che le spugne appartengano al regno vegetale. La loro forma irregolare, diversa da un individuo all’altro, e soprattutto la loro immobilità indurrebbe a propendere per tale tesi; in realtà appartengono al regno animale. La scienza occidentale fece tale scoperta nel 1765. In virtù di ciò sappiamo che le spugne sono animali molto particolari, assai diversi da qualsiasi gruppo. Non soltanto non presentano una parte anteriore e posteriore, ma non hanno bocca né ano e, soprattutto sono privi di tessuti. Ciò significa che le spugne sono essenzialmente degli ammassi di cellule non unite a formare muscoli, nervi, epidermide o altri tessuti. Quindi, non possono muoversi, reagire o sentire se non impercettibilmente. Ma cosa intendiamo per spugna? E’ importante sottolineare che le spugne da bagno, quelle che usiamo quotidianamente, sono, in realtà, ciò che resta dell’animale dopo l’asportazione di tutte le sue cellule in seguito a particolari processi di lavaggio e sbiancatura. Resta la delicata trama scheletrica costituita da una fitta e finissima rete di proteine di sostegno. Questo scheletro, morbido e spugnoso, ha la proprietà di essere 15 volte più assorbente della tela grazie al fatto che la sua superficie interna è di ben 10 metri quadrati per grammo di materiale. Tale proprietà fa delle spugne un prodotto pregiato, usato soprattutto a scopi industriali. Le spugne commerciali comprendono pochissime specie molto comuni. Nei mari di tutto il mondo vivono però oltre 5000 specie di varie forme e dimensioni.
Fisionomia e morfologia esterna
I Poriferi sono Metazoi a simmetria radiale, fissi al substrato, caratterizzati dall’assenza di organi definiti. La cavità interna, tappezzata da particolari cellule flagellate, dette coanociti, è in comunicazione con l’esterno mediante una serie di perforazioni (pori) che permettono il passaggio di una corrente d’acqua dall’esterno all’interno che rifluisce poi attraverso un’unica apertura: l’osculo. La massa corporea è sorretta da uno scheletro interno composto da spicole calcaree o silicee, oppure da fibre di spongina. Esse non presentano dei veri organi, ma appaiono costituite sostanzialmente da epiteli e mesenchima. Sono carenti di cellule nervose e fibre muscolari differenziate e inoltre l’accesso alla cavità alimentare non si verifica attraverso la bocca, ma mediante pori inalanti. Per tale motivo vengono classificate come un sottoregno a sé stante, quello dei Parazoi, in contrapposizione a quello dei Metazoi e Protozoi. La maggior parte delle spugne è asimmetrica e costituita da masse di forma irregolare, di dimensioni variabili (rotonde, allungate o imbutiformi). La forma è spesso subordinata all’habitat di appartenenza, in modo particolare dal movimento delle acque. La superficie esterna di molte Spugne calcaree e silicee appare spinosa a causa delle spicole che sporgono verso l’esterno, mentre nelle Demosponge può essere viscida, liscia o rugosa. La colorazione è in genere bruno-giallastra ma può differire in altri individui in tonalità di altro colore (rosso, violetto…). Le specie di profondità hanno cromatismi molto vivaci, mentre quelle di acqua dolce denotano una tinta verdastra dovuta alla presenza di zooclorelle, Protofiti simbionti.
Struttura
Nei Poriferi si differenziano 3 principali tipi di organizzazioni: ascon, sycon e leucon. Il tipo ascon è contrassegnato da un corpo sacciforme, consistente in una sottile parete (composta da 2 strati epiteliali) che delimita la cavità centrale, detta cavità gastrale (tappezzata da uno strato di coanociti provviste di un flagello contornato, alla base, da un esile colletto trasparente) che si apre nella parte superiore con uno stretto osculo. Il tipo sycon non è molto differente rispetto al primo (una delle poche differenze è data dalla mancanza di coanociti nella cavità gastrale, localizzati, invece, in diverticoli della cavità stessa), mentre il tipo leucon denota una maggiore complessità.
Le caratteristiche principali sono date dalla presenza dei coanociti nelle sole camere flagellate (comprese nello spessore della parete del corpo e comunicanti a mezzo di canali, da un lato con i pori inalanti e dall’altro con la cavità gastrale), dal grande sviluppo della mesenchima e dalla complessità dei canali. La maggior parte delle spugne va ascritto a quest’ultimo tipo.
Istologia
L’epidermide è costituita da cellule epiteliali dette pinacociti. Queste cellule tappezzano anche i canali e la cavità gastrale delle spugne di tipo sycon e leucon. Il mesenchima consiste di una sostanza gelatinosa trasparente, la mesoglea, nella quale si trovano elementi cellulari (ma anche cellule nervose isolate) preposti a varie funzioni: gli amebociti esplicano una funzione fagocitica, ovvero hanno il compito di digerire il cibo e di portare le sostanze nutrienti a tutte le cellule bisognose e all’occorrenza possono cessare di muoversi trasformandosi in una qualsiasi delle altre cellule (dette archeociti; queste giocano un ruolo importante nei processi rigenerativi); gli scleroblasti hanno una funzione scheletogena, infatti secernono le spicole calcaree, determinanti per la formazione dello scheletro;. Le cellule germinali si differenziano da altre denominate gonociti. Esistono anche cellule ghiandolari (attaccate alle pareti mediante filamenti) che sembra abbiano la funzione di secernere sostanze mucose. L’osculo è circondato di norma da cellule fusiformi, dette miociti, che ne regolano la larghezza. I coanociti sono cellule situate in posizione basale o apicale; tale posizione viene usata come carattere tassonomico nelle Calcisponge. Grazie al movimento a spirale ondulatorio esercitato dai flagelli di tali cellule, la corrente d’acqua entra nei pori e penetrano nella cavità interna (successivamente tale corrente esce attraverso l’osculo che perciò è detto “poro esaltante”). In tal modo entrano nella spugna, milioni di microscopiche cellule del plancton che finiscono per aderire al colletto dei coanociti e essere inglobati dagli stessi, e l’ossigeno necessario alla respirazione. Benché le Spugne siano prive di sistema nervoso esse reagiscono irritabilmente a stimoli esterni.
Scheletro
Solo poche Spugne marine sono completamente prive di scheletro; tutte le altre denotano una struttura consistente di spicole calcaree silicee, oppure di fibra di spongina (secrete da cellule dette spongioblasti). Le spicole possono assumere varie formi e ciò risulta di grande importanza ai fini della classificazione. Le spicole possono essere aghiformi con un numero variabile di assi (da 1 a 4) che in base alla numerazione prendono nome in monoassoni, triassoni e tetrassoni; esse formano una trama abbastanza fitta da sostenere tutte le cellule che costituiscono il corpo dell’animale, e conferiscono la consistenza dura e granulosa tipica della maggior parte delle Spugne. Le specie caratterizzate dalla mancanza delle spicole calcaree (quindi, quelle provviste da filamenti anastomizzati di spongina) vengono impiegate come spugne da bagno.
Nutrizione
Le particelle alimentare, che attraverso i pori entrano nell’interno delle Spugne trasportate dalla corrente d’acqua, vengono inglobate dai coanociti. Da qui passano negli adiacenti amebociti dove avvengono i processi digestivi. Le particelle digerite vengono rigettate dagli amebociti e vengono trasportate via dalla corrente d’acqua. La digestione è quindi intracellulare, analogamente a quanto si verifica nei Protozoi.
Riproduzione asessuale e rigenerazione
La riproduzione asessuata avviene per gemmazione: sulla superficie della spugna si formano delle gemme la cui cavità interna comunica con quella dell’organismo materno. Le gemme successivamente si staccano,dando origine ciascuna a un individuo completo. In questo modo, le spugne concorrono alla formazione di colonie in cui le pareti somatiche si fondono, i canali si intersecano in ogni senso, e l’individualità degli elementi diviene irriconoscibile, se non per il numero degli osculi. In condizioni non idonee le Spugne degenerano e, disintegrandosi, lasciano delle gemmale (corpi rotondi). Al ritorno delle condizioni favorevoli, le gemmale si trasformano in Spugna completa. Le spugne possiedono un elevato potere rigenerativo: un esemplare spappolato può ricostruirsi gradualmente grazie all’aggregazione di amebociti mediante movimenti ameboidi. Se viene diviso un sycon in 3 parti mediante tagli trasversali, la parte superiore ricostruisce la base, la parte inferiore l’osculo e la parte intermedia sia la base sia l’osculo. Esperimenti di miscelazione di cellule di spugne appartenenti a specie diverse hanno dimostrato che la riaggregazione si verifica soltanto fra cellule della stessa specie.
Riproduzione sessuale
Le uova e gli spermi sono contenuti nel parenchima e sono originati dai gonociti. Le Spugne sono generalmente ermafrodite; ogni individuo produce sia uova sia spermatozoi (di regola in tempi diversi). Le cellule riproduttive derivano dalla trasformazione di coanociti o archeociti. Gli spermatozoi, in particolare, abbandonano la spugna genitrice seguendo le correnti d’acqua e finiscono nel mare aperto. Lo spermatozoo può penetrare nei pori di un’altra spugna seguendo la corrente d’entrata. Non viene digerito, come accadrebbe se fosse un organismo qualsiasi, ma viene “riconosciuto” per quello che è e quindi accompagnato dall’amebocita fino a una cellula-uovo della spugna. A questo punto la cellula accompagnatrice si fonde con l’uovo cedendogli così lo spermatozoo. L’uovo, una volta fecondato, si divide in tante cellule. Alcune, più grandi, finiscono per essere circondate da altre più piccole e munite di flagello. La larva così formata risulta microscopica, ma è già in grado di nuotare liberamente nell’acqua. Abbandona quindi il genitore lasciandosi trasportare all’esterno dalle correnti. Dopo un breve periodo natante, la larva si fissa sul fondo e si sviluppa in modo da circondare le cellule flagellate e quelle non flagellate. Queste ultime daranno origine al rivestimento esterno, mentre le minute cellule flagellate interne origineranno i coanociti. Questa descrizione è valida per le spugne di tipo ascon, mentre nel tipo sycon si assiste a un processo di ripiegamento della parete corporea fino alla creazione di tanti canali flagellati alternati a canali non flagellati. In tal modo la cavità interna della spugna si riduce a vantaggio di un maggior spessore e di una maggiore complicazione delle pareti. Un terzo stadio evolutivo (leucon) si ha quando le camere flagellate si portano ancor più all’interno del corpo della spugna, collegandosi tra loro come gli acini di un grappolo. La cavità interna dell’animale praticamente scompare essendo ormai ridotta ai canali di uscita dell’uscita che terminano nell’osculo.
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