Autore: PierLuigi Da Rolt
Vi sono tre tipi di lancette che un subacqueo, nella sua carriera, adopera o ha adoperato, quelle dei manometri, dei profondimetri e delle bussole. Anche se oggi giorno l’elettronica la fa da padrona nel mondo degli strumenti subacquei, resta innegabile l’ancor attuale validità di questi strumenti nella loro configurazione analogica.
Ma quanto respiriamo.
Un tempo nell’attività subacquea non veniva impiegato il manometro, un subacqueo non era in grado di sapere, in tempo reale, quanto gas contenevano le sue bombole, l’unico dispositivo di sicurezza era una valvola cosiddetta “di riserva”, essa era posta sulla rubinetteria e, alla pressione di 50 BAR, chiudeva il flusso dell’aria. Per respirare ancora bisognava agire su un’asta posta a fianco delle bombole, la quale aveva lo scopo, appunto, di comandare la riapertura della valvola. In quel momento il subacqueo sapeva di avere a disposizione ancora 50 BAR per effettuare la risalita.
Con l’avvento e l’utilizzo del manometro le cose sono radicalmente cambiate ed ogni subacqueo sa perfettamente, in qualsiasi momento dell’immersione, quanta pressione e di conseguenza quanto gas e quanta autonomia gli rimane.
Ma come sono fatti questi preziosi strumenti?
Esternamente lo sappiamo tutti, un quadrante sul quale è riportata l’apposita scala di misura ed una lancetta che, comandata da un meccanismo interno, indica la pressione presente nelle bombole. Solitamente sul quadrante è indicata, con colore rosso, la zona dei 50 BAR, la famosa riserva che il subacqueo, se ha ben pianificato la propria immersione, dovrebbe ancora avere in bombola al momento dell’uscita dall’acqua. Il fondo scala può essere a 200, 300 o anche 400 BAR a seconda della pressione sopportabile dallo strumento. Ma perché pressioni così alte se la maggior parte delle bombole non può essere caricata a pressioni superiori ai 200 BAR? Al giorno d’oggi molte case mettono in commercio bombole con pressioni di esercizio molto superiori ai 200 BAR ed oltretutto, i manometri con fondo scala più ampio si sono dimostrati più precisi ed affidabili. Questa prerogativa è molto apprezzata in particolare modo dai Tek Divers.
Il meccanismo interno che imprime il movimento alla lancetta, può essere di due tipi, a molla o a tubo di Bourdon. Il principio di funzionamento è quasi identico ed è basato su un tubicino che viene deformato deformato dalla pressione del gas proveniente dalla frusta di collegamento al primo stadio. Si possono facilmente riconoscere i manometri a molla da quelli provvisti di tubo di Bourdon, basta prendere lo strumento con una mano e batterlo leggermente e lateralmente sul palmo dell’altra mano, se la lancetta accuserà una leggera vibrazione sicuramente il dispositivo interno sarà a molla.
Alcuni manometri analogici presenti in commercio, hanno al loro interno del liquido, solitamente dell’olio di glecirena. Questo accorgimento, data l’incomprimibilità del liquido, rende lo strumento immune da eventuali implosioni causate da profondità e pressioni elevate. In immersioni particolarmente profonde, la pressione è talmente forte che causa lo schiacciamento del vetro, che a sua volta causa il blocco della lancetta, la quale rimane bloccata ad un valore pressorio assolutamente falsato.
Anche in questa categoria di strumenti, al giorno d’oggi, l’elettronica è arrivata e sono molti i manometri digitali presenti in commercio. Questi strumenti di ultima generazione si possono dividere in due grandi famiglie, quelli collegati al primo stadio dalla tradizionale frusta di alta pressione e quelli provvisti di trasmettitore, una speciale sonda che viene applicata all’uscita HP del primo stadio e che, attraverso delle onde trasmette i dati pressori allo strumento.
I manometri digitali hanno la capacità, attraverso appropriati algoritmi, oltre che di segnalare la quantità di gas presente nelle bombole, di calcolare il tempo residuo di autonomia, le situazioni di affanno respiratorio e quindi di eventuali consumi anomali.
Come sopra menzionato i manometri digitali possono essere provvisti di frusta HP o di trasmettitore dei dati, quasi tutti i modelli sono integrati ad un computer subacqueo, fatto questo che può essere abbastanza determinante nella scelta di un prodotto rispetto ad un altro. Nel caso che lo strumento sia del tipo a frusta, il subacqueo sarà costretto ad avere il computer in console, mentre, nel secondo caso, il manometro sarà integrato in un computer da polso.
La profondità.
Sapere sempre a che quota ci si trova, per un subacqueo, è di primaria importanza. Ecco quindi la necessità di avere uno strumento che sia in grado di indicarla in ogni momento, il profondimetro. Anche se al giorno d’oggi i moderni computer con le loro indicazioni di profondità attuale e profondità massima, la fanno da padroni, i semplici profondimetri non hanno sicuramente perso la loro utilità. Molti subacquei né hanno sempre uno o nella tasca del GAV o al polso, è un’ottima soluzione di ridondanza nel malaugurato caso di guasto del computer.
I profondimetri analogici sono formati da un quadrante recante la scala delle profondità da 0 a tot metri. Su tale quadrante la profondità attuale e massima vengono segnalate da due lancette, la prima usualmente di colore nero indica la profondità attuale, mentre la seconda, solitamente rossa, indica la massima profondità raggiunta. La scala delle profondità è opportuno che sia ben leggibile e opportunamente distanziata, questa prerogativa è d’obbligo nelle quote decompressive, i 12, i 9, i 6 ed i 3 metri, maggiormente sarà distanziata la scala e più facile sarà il mantenimento preciso della quota. Alcuni modelli prevedono che il vetro abbia la possibilità di ruotare e con esso la lancetta della profondità. Questo sistema consente di posizionare la lancetta esattamente sullo zero qualora lo strumento non sia autocompensate e quindi risenta delle piccole variazioni atmosferiche. Un accorgimento importante è quello di azzerare, prima dell’immersione, anche la lancetta di massima profondità che sicuramente indicherà ancora la quota massima raggiunta nell’immersione precedente.
I profondimetri analogici sono essenzialmente di due tipi, quelli a bagno d’olio e quelli a membrana. I primi modelli, come già fa intendere il nome, hanno tutta la cassa, compreso quindi il meccanismo interno ed il quadrante, allagata d’olio, la pressione ambiente viene quindi trasmessa al meccanismo sensibile, proprio dal liquido. Nel secondo tipo invece, le differenze pressorie sono trasmesse da una membrana posta sulla cassa dello strumento.
Esiste poi un tipo di strumento non molto conosciuto e sprovvisto di lancette, il profondimetro a colonna d’acqua. Il suo funzionamento è molto semplice, è provvisto di quadrante con indicati i metri, (solitamente il fondo scala non arriva oltre i 15 metri per motivi di precisione) all’esterno del quadrante è posizionato un tubicino con un foro in corrispondenza dello zero.
L’acqua, durante la discesa, entrerà nel tubo formando una colonna d’acqua che avanzerà proporzionalmente alla pressione ambiente. Il livello dell’acqua all’interno del tubo, indicherà, sul quadrante, la profondità alla quale si trova il subacqueo. Con la risalita si avrà il procedimento inverso. Caratteristica di questo tipo di strumento è la perdita di precisione a quote rilevanti, ma per batimetrie irrisorie, diciamo entro i 12 metri e soprattutto quindi alle classiche tappe di decompressione, la sua precisione è più che accettabile. Un vantaggio di questo tipo di strumenti è la loro particolare sensibilità non solo alla pressione dell’acqua ma anche alla pressione atmosferica. Non si dimentichi che la convenzionale pressione atmosferica di 1 ATM è relativa al livello del mare, ma che se ci si sposta ad una quota superiore questo valore sarà proporzionalmente inferiore. Questa caratteristica può rivelarsi utile nelle immersioni in quota, dove i classici profondimetri analogici perdono, in parte, la loro precisione. I profondimetri a colonna d’acqua, al giorno d’oggi, non sono molto indicati per le immersioni, il loro eventuale uso è subordinato all’accoppiamento ad un altro strumento più completo. Basti ricordare, ad esempio, che il profondimetro a colonna a d’acqua non memorizza e quindi non segna al suo utilizzatore, la profondità massima raggiunta nel corso dell’immersione.
Esistono anche i profondimetri digitali o elettronici. Solitamente questa tipologia di strumenti integra anche un timer che memorizza i tempi di immersione. Molti sono inoltre i dati indicati al subacqueo, oltre come già visto alla profondità ed al tempo, vengono evidenziati, la massima profondità raggiunta, la velocità di risalita con relativo allarme del superamento della stessa e la temperatura dell’acqua, inoltre conservano un certo numero di immersioni in memoria. Un piccolo difetto, riferito ai fratelli analogici è la minor prontezza, ovvero il tempo che intercorre fra la variazione di quota e la reazione dello strumento. Un profondimetro a lancette indicherà ogni variazione di quota in tempo reale, mentre un digitale, ha un tempo di risposta senza dubbio più lungo.
La bussola questa sconosciuta.
Nelle immersioni non sempre è possibile avere dei riferimenti naturali, come pareti, franate e quant’altro, ai quali far fede per un tranquillo ritorno al punto di partenza. Ecco quindi la necessità di avere un orientamento strumentale. Ancora troppi subacquei non conoscono approfonditamente l’uso della bussola, o perché nelle loro immersioni si fanno accompagnare, o perché le hanno svolte sempre in luoghi conosciuti, con buona visibilità e, comunque, con dei validi riferimenti naturali l’utilità di questo strumento, invece, non è assolutamente da sottovalutare ed il suo uso, se ben imparato, è tutt’altro che difficile. Certo con una bussola subacquea non si possono seguire navigazioni molto complicate, diciamo che la precisione in una andata ed un ritorno sullo stesso percorso o un tragitto svolto a quadrato o a rastrelliera ha una precisione accettabile.
Le bussole subacquee hanno lo stesso funzionamento di quelle terrestri, sono provviste di un quadrante rotondo del tutto simile ad un goniometro e quindi diviso per gradi da 0 a 360. All’interno, su un perno centrale, è fissato un ago magnetico che si orienterà sempre verso il nord magnetico. Perché si dice nord magnetico, perché nella quasi totalità dei casi il nord magnetico non corrisponde al nord geografico. Queste inesattezze sono dettate da inquinamenti del magnetismo terrestre, come la presenza di considerevoli masse ferrose o fonti di elettromagnetismo. Ma al subacqueo questo poco importa, infatti l’ago magnetico è solamente un punto fisso sul quale far riferimento per rendersi conto della direzione che si sta seguendo rispetto al punto di partenza. Ma non è detto che la bussola subacquea sia esente da complicanze date dall’attrazione dei metalli, non bisogna scordare che molta parte dell’attrezzatura subacquea è di metallo e che, per esempio le bombole, hanno una massa considerevole. Per evitare quindi errori nella navigazione è buona norma che il subacqueo orienti e prenda i rilevamenti bussola dopo aver indossato tutta l’attrezzatura, ancor meglio se questa operazione viene svolta nei momenti subito precedenti all’immersione.
In commercio esistono vari tipi di bussole, dalle più piccole che possono essere applicate al cinturino dell’orologio, a quelle più voluminose che prendono lo spazio di un qualsiasi altro strumento subacqueo sia che vengano portate in console che al polso. Molti modelli presentano, sopra il quadrante una ghiera girevole, provvista anch’essa solitamente della gradazione, ma soprattutto munita di due tacche diametralmente opposte e di una linea centrale detta “linea di fede”. Le tacche servono essenzialmente per ricordare la posizione e mantenere l’ago in un certo punto del quadrante in modo tale da riuscire a seguire una certa rotta, mentre la linea di fede altro non è che l’ideale linea perpendicolare del corpo del subacqueo. Altri modelli sono provvisti di una finestrella laterale nella quale si possono vedere i gradi presenti sul quadrante, questo sistema di lettura consente di posizionare la bussola esattamente davanti agli occhi e, tenendo le braccia in un certo modo, di riuscire a mantenere una rotta forse migliore che non quella che si avrebbe seguendo la linea di fede cioè leggendo la bussola da sopra. Altra caratteristica della maggior parte delle bussole è che, nel momento della loro consultazione, devono essere mantenute in una posizione il più possibile orizzontale, lo scopo è quello di non far toccare l’ago, che evidentemente è basculante perché montato su un perno, in nessuna parte interna della cassa. Se l’ago andasse a toccare verrebbe bloccato e quindi si avrebbe sicuramente una non corretta lettura della rotta.
Come per manometri e profondimetri, anche in questo tipo di strumenti, da qualche anno a questa parte, ha fatto la sua comparsa l’elettronica. Ormai parecchie case hanno nel loro catalogo delle bussole digitali. I pregi di questi strumenti sono molti e facilitano parecchio la navigazione. Alcune hanno la possibilità di memorizzare le rotte precedentemente seguite nella stessa immersione, nel caso il sub abbia pensato di cambiare direzione per qualche momento, altre ancora sono in grado di calcolare automaticamente ed indicare, la rotta di ritorno, o seguendo lo stesso identico percorso dell’andata, o seguendo addirittura la strada più breve.
Un piccolo consiglio, non si dimentichi che le bussole sono degli strumenti magnetici, quindi è bene tenerle separate da fonti autorevoli di elettromagnetismo come i telefonini, questi ultimi dovrebbero tassativamente essere tenuti lontano anche dai computer subacquei.
Strumenti magnifici quindi, utili al fine di aumentare la sicurezza di qualsiasi immersione e di renderne possibili altre. Strumenti che tutti i subacquei dovrebbero conoscere e dei quali vale assolutamente la pena di apprenderne l’uso corretto frequentando un corso di navigazione subacquea.
PierLuigi Da Rolt (OLDSHARK)
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