Autore: Giulia de’Capitani d’Arzago
Foto: Marco Daturi
UN CARDO BLU NEL MAR ROSSO.
Storia ed impressioni di una giovane subacquea.
23 Settembre, Sharm el Sheik. È un giorno importante per me e la mia compagna d’immersione, Valeria: oggi ci immergeremo per la prima volta sul relitto del S.S. Thistlegorm.
Il Thistlegorm, che in gaelico vuol dire “cardo blu”, era un cargo inglese varato nel 1940 che stava rifornendo le truppe stanziate in Africa Settentrionale durante la Seconda Guerra Mondiale. Mentre era alla fonda fu attaccato da alcuni Heinkel tedeschi che colpirono facilmente, grazie alla luna piena, e le loro bombe raggiunsero la stiva n° 1 della nave spezzandola in due: era l’una e trenta del mattino del 6 ottobre 1941. Il Thistlegorm affonda con il suo carico di munizioni, di mezzi corazzati e porta con sé anche nove membri dell’equipaggio per rimanere dimenticato fino al 1956, quando il Capitano Cousteau, a bordo della sua nave di ricerca Calypso, non ritrova il relitto nel grande reef di Sha’ab Ali.
Noi partiamo dal porto verso le cinque del mattino. Ci vorranno almeno tre ore di navigazione per raggiungere il punto d’immersione. Perciò molti si accomodano sui vari divani della barca e cercano di dormire. È l’alba quando doppiamo la punta di Ras Mohammed e il vento è molto freddo, per fortuna mi sono premunita di golf e pantaloni della tuta. Quando arriviamo a Sha’ab Ali vi troviamo almeno altre dieci barche diving. Dopo un veloce briefing iniziamo a vestirci mentre la nostra guida, Adel, si immerge per ormeggiare la barca a due punti della poppa del relitto. L’ormeggio, senza ancora, viene chiamato shamandura e si fa a punti più o meno segnalati dal regolamento del parco. In barca siamo tre gruppi e noi siamo l’ultimo ad immergerci.
Una volta in acqua, ci attacchiamo alla cima per evitare che la corrente abbastanza forte ci disperda. Sono la prima del gruppo a scendere: lentamente si staglia sul fondo la sagoma del relitto ed io per l’emozione mi dimentico quasi di respirare. Toccato il fondo ci riuniamo e incominciamo a perlustrare l’esterno del relitto partendo dalla poppa. Siamo 30 mt circa di profondità e subito incontriamo un grande pesce napoleone che annoiato ci guarda e poi si allontana: ci avviciniamo in gruppo all’enorme elica che spunta dal fondale sabbioso e risaliamo sulla fiancata di dritta. Ci mettiamo ad osservare lo squarcio ed i vari carriarmati sparpagliati in disordine in quella che una volta era la stiva n°4.
Guardandoci intorno notiamo tra i resti corrosi della stiva alcune scatole contenenti munizioni e alcune ogive integre tra anemoni e pesci pagliaccio. Lungo uno dei camminamenti di coperta, Adel ci mostra alcune stelle marine che prontamente fotografo. Ci dirigiamo poi verso prua e, dopo aver guardato l’argano dell’ancora, la Vale ed io ci mettiamo a prua in posizione da “ Re del mondo ” alla Titanic sporgendoci allargando le braccia.
Adesso incomincia il giro di ritorno passando dal lato sinistro. Sotto un vagone cisterna mezzo schiacciato incontriamo una murena con un amo incastrato in bocca. Salutiamo il bell’esemplare e torniamo alla cima per la lenta risalita. Ci fermiamo a 5 metri per la sosta di sicurezza e ci ritroviamo aggrappati alla cima, sbatacchiati dalla forte corrente come banderuole al vento. Dopo 3 minuti ricominciamo la risalita e non senza fatica ci arrampichiamo sulla scaletta scivolosa.
La prima immersione è terminata e felici sistemiamo l’attrezzatura per la seconda. La sosta in superficie dura un’ora e quaranta minuti e, per passare il tempo facciamo il secondo briefing: questa volta gireremo nelle stive e Adel ci spiega a parole quello che tra poco vedremo con i nostri occhi.
Questa volta siamo il primo gruppo a tuffarsi. Arrivati a circa 20 metri ci stacchiamo dalla cima e ci dirigiamo all’entrata della stiva n°3. Il buio sembra ingoiarci e accendiamo le torce. Appena entrati, sulla sinistra, vediamo il carico di uno dei camion: stivali di gomma. Per la prima volta nella giornata penso che questa nave non trasportava solo oggetti ma aveva anche un equipaggio e nove membri di questo sono morti quel giorno; così pensando seguo Adel, sentendomi un po’ un’intrusa.
Giriamo tra camion e motociclette, tra ali di aerei e glass fish, accecati a volte dal faro dell’onnipresente video operatore. Durante un’immersione in un relitto bisogna tener bene sotto controllo il proprio assetto per evitare sia di farsi male sia di sollevare il deposito sul fondo, per non intorpidire l’acqua.
Passiamo un totale di 40 minuti nelle stive, prima di uscire e di ritornare verso poppa e verso la cima. Ad un certo momento Adel si blocca e noi vediamo quello che ci mostra: un nudibranco coloratissimo! È il primo che vedo da quando sono arrivata e la gioia traspare dal mio comportamento. Purtroppo il tempo a noi concesso sta per finire e anche l’aria! Dopo la solita sosta di sicurezza di tre minuti a cinque metri, torniamo alla barca. Neanche il tempo di togliermi l’attrezzatura e mi metto a parlare entusiasticamente con la Vale di tutto quello che abbiamo visto e, una volta liberatami di bombola e muta vado da Adel a ringraziarlo delle emozioni che ci ha fatto provare e per congratularmi con lui della sua vista; io non sarei riuscita a notare il nudibranco da sola.
Intanto che ci asciughiamo il capitano ricomincia il viaggio di ritorno e i cuochi servono il pranzo. Per tutta la barca si sentono voci allegre, ognuno racconta quello che ha visto e le sue impressioni: tutti contenti ci mettiamo a mangiare! Dopo, ognuno si ritaglia un posto al sole e si prende il suo meritato riposo, almeno fino a quando arriviamo a Ras Mohammed. Li, quando ormai avevo chiuso gli occhi, la voce d’Adel mi sveglia, mi avvisa di andare a prua con la macchina fotografica. Due delfini, mamma e piccolo, sono davanti alla barca.
Ritorniamo al porto e mentre scendo dalla barca con la mia borsa penso che quello che ho provato e quello che ho visto oggi rimarrà sempre nel mio cuore.
Il viaggio è finito, ormai sono nella grigia Milano ma non passa giorno che io non pensi al Thistlegorm e ad organizzare al più presto un’altra sortita in quel paradiso dei subacquei che è Sharm.
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