Autore: Francesco Turano
Nel mare dello stretto
Lo Ionio e il Tirreno mescolano le loro acque in corrispondenza di un braccio di mare molto particolare, con caratteristiche uniche in tutto il Mediterraneo: siamo nelle acque dello Stretto di Messina, tra Scilla e Cariddi. Incorniciata da spiagge sabbiose, ciottolose, scogliere e rupi a picco, l’area geografica del canale si estende dalla trasversale Punta Paci – Capo Peloro a quella di Capo D’Armi – Capo S.Andrea.
L’incontro tra due mari così diversi genera delle correnti di marea di una turbolenza particolare, moti vorticosi che sono diventati famosi e immaginati addirittura come delle mostruosità, stimolando la fantasia di poeti d’altri tempi. La corrente fluisce in due sensi di marcia opposti e alternati (montante e scendente), lasciando degli spazi intermedi ad ogni inversione del flusso: la cosiddetta ora di stanca. Durante questo intervallo, dalla durata variabile in base alle fasi lunari, ci si può immergere alla scoperta del fantastico paradiso sommerso che lo stretto nasconde, ma rispettando regole scrupolose che solo una guida locale potrà indicarci, onde evitare spiacevoli avventure.
Nella foto un panorama crepuscolare dello Stretto di Messina, con la Sicilia vista dal versante calabro in prossimità di Punta Pezzo (Villa San Giovanni). Le correnti di marea di questo braccio di mare sono un elemento che il subacqueo deve sempre tenere in grande considerazione.
Le due sponde che si affacciano sul mare dello stretto sono morfologicamente diverse tra loro. La Sicilia presenta quasi esclusivamente vasti arenili sabbiosi; la Calabria, viceversa, ha un profilo costiero più vario e di conseguenza i suoi fondali sono più diversificati. Concentrando la nostra attenzione sul versante calabro dello stretto, andiamo a vedere quali sono le caratteristiche tipiche dei fondali che segnano l’ingresso di questo canale rispettivamente a nord e a sud.
A settentrione l’Aspromonte inoltra le sue propaggini in mare con un promontorio alto e scosceso: la rupe di Scilla. Qui una rocca alta, sormontata da un antico maniero (il castello dei Ruffo), precipita in mare ripida e si ferma con una franata di grandi massi a pochi metri di profondità; poi riprende subito la sua corsa verso l’abisso.
Questa è una caratteristica costante dei fondali dello stretto, quasi sempre profondi in prossimità della riva. Molte immersioni sono così possibili partendo comodamente da terra e senza l’ausilio di natanti. Tornando alla nostra franata di roccia, noteremo che questa termina la sua corsa intorno ai trenta metri di profondità, dove lascia il posto alla sabbia e al detrito. Da qui in poi, su un fondale fatto di valloni scoscesi e pendenti verso il mare aperto, si innalzano all’improvviso grandi montagne sommerse. Il colore dominante di queste grandi rocce (le secche di Scilla) è giallo-rosso, per via di un celenterato coloniale particolarmente bello e abbondante in questi luoghi: la gorgonia Paramuricea clavata. Un fondale mediterraneo così colorato non lo si trova con facilità.
Nelle foto: in alto a sx un cerianto tipico dei fondali all’imboccatura nord dello stretto (Scilla e Bagnara); questi individui raggiungono dimensioni insolitamente grandi e si ritiene siano secolari. In alto a dx: le gorgonie gialle e rosse simbolo dei fondali di Scilla. In basso a dx: un favoloso pesce San Pietro, mentre a sx un primo piano di una rana pescatrice. Questi due pesci si incontrano sui fondali di Scilla e Reggio Calabria solo durante i mesi più freddi dell’anno.
La foresta di gorgonie lascia poi spazio a molti altri celenterati, tra cui risaltano secolari esemplari di Cerianthus, con splendide corone di tentacoli bianchi. In questa esaltante scenografia è possibile incontrare creature molto strane oltre che rare. Come nel caso del pesce San Pietro, mimetizzato a regola d’arte tra le gorgonie, elegante nel nuoto e invisibile ad un occhio poco allenato. Ancora più difficile da individuare, sempre per via del suo mimetismo, è la rana pescatrice, un pesce abituato a starsene acquattato sul fondo in attesa di una preda. Grossi scorfani rossi, cernie molto scaltre, saraghi fiduciosi e dentici timidissimi completano un quadro molto allettante.
Nella foto: una rara stella gorgonie abbracciata al ramo di una gorgonia con le sue appendici digitate. Solitamente non la si rinviene a profondità inferiori ai 45 metri. |
Tra gli invertebrati, oltre ai già citati celenterati, molto ben rappresentati, abbiamo numerose specie di echinodermi, tunicati e briozoi. Un echinoderma molto raro è la stella gorgone (Astrospartus mediterraneus), una stella dalle mille braccia aggrovigliate che vive aderendo al ramo di una gorgonia in posizione praticamente stabile. Procedendo verso sud, dopo la spiaggia di Marina Grande di Scilla, inizia un tratto di costa con fondali rocciosi e lambiti da correnti sempre più forti man mano che ci si addentra verso lo stretto. Località prossime a Villa San Giovanni sono, per esempio, da non tenere in considerazione per l’immersione sportiva, poiché qui le correnti sono praticamente una costante e raggiungono velocità e turbolenze notevoli e poco raccomandabili.
Tutto il litorale, fino a Capo d’Armi (confine meridionale dello Stretto), offre comunque infinite possibilità agli appassionati subacquei, siano essi biologi, fotografi o semplici esploratori. E’ possibile incontrare tra l’altro i continui cambiamenti di flora e fauna spostandosi da un sito all’altro.
Reggio Calabria è il luogo ideale per delle interessanti immersioni notturne, dove su fondi mobili (sabbia, fango o detrito misto a ciottoli) si vedono da vicino molti tipi di celenterati rari (Alicia mirabilis, Aracnanthus oligopodus, Pennatula rubra e altri), grandi spirografi tra i quali vivono molti piccoli pesci e persino qualche cavalluccio marino.
Nelle foto in alto: un esemplare di Alicia mirabilis a sx e una coppia di Pennatula rubra a dx.
Sono incontri tipici delle immersioni notturne in queste acque lambite da forti correnti e ricche di vita particolarmente interessante per gli appassionati di Mediterraneo.
Poco più a sud, nelle acque di Pellaro, non esistono i colori delle gorgonie rosse e gialle che abbiamo visto a Scilla, ma si trovano branchi di pesci trombetta a profondità esigue, visto che di solito questi pesci amano starsene al di sotto dei cento metri. Unico posto nel Mediterraneo per un subacqueo che voglia osservare i trombetta in branco volteggiare davanti alla propria maschera, Pellaro è lambita da correnti particolari, che creano l’ambiente ideale per molti tipi di invertebrati e pesci diversi da quelli che solitamente incontriamo nel Tirreno.
In alto a sx un branco di pesci trombetta. A dx un simpatico cavalluccio marino.
Uno Ionio molto ricco di cose strane, popolato da incredibili creature dei fondali molli di sabbia o fango che, specie di notte, esplodono anche qui di vitalità a tal punto da sbalordire chiunque non si sia mai immerso prima in queste acque. Strano ma vero. E tutto questo grazie a un gioco di correnti e di situazioni che favorisce il permanere di un ambiente rigoglioso ma non per questo esente da rischi ambientali. I nuovi sistemi di pesca, l’inquinamento eccessivo e l’indifferenza dei più sono elementi che, alla lunga, potrebbero danneggiare questo angolo di mare dalle caratteristiche uniche; un mare in parte sofferente, che è riuscito a sopravvivere meglio di tanti altri alle varie pressioni subite ma che, sinceramente, necessita di essere meglio conosciuto e tutelato.
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Buonasera, ho letto con interesse le vostre note, in merito al pesce trombetta, volevo segnalare una cosa strana che sto riscontrando ogni volta che mi immergo lungo le spiagge di Gallico Marina.
tantissimi, direi centinai di pesci trombetta giacciono morti sul fondale a pochi metri dalla riva, ed anche spiaggiati. Non mi era mai capitato prima. E’ un grande dispiacere vederli ogni volta che mi immergo.
Forse tale moria potrebbe essere riconducibile a qualche pesca poco ortodossa che si sta svolgendo nelle antistanti o vicine acque, ma questa è solo una supposizione