Autore: Leda Masi
Phylum: MOLLUSCA
Classe: CEPHALOPODA…
La classe dei cefalopodi comprende alcuni fra gli invertebrati più diffusi in Mediterraneo e in tutti i mari.
Sicuramente uno dei più conosciuti è il POLPO (Octopus vulagaris) appartenente all’ordine degli ottopodi. La sua struttura è semplice: una grossa testa globosa, con occhi sporgenti ed espressivi, e otto tentacoli che si dipartono dalla testa in forma raggiata, uniti fra loro, nella parte alta, da una sottile membrana; dietro la testa troviamo la “cavità palleale”, una piccola sacca originata dal mantello, che contiene i visceri e gli organi vitali; in prossimità di questa, dietro agli occhi si apre l’imbuto, che serve al polpo per spostarsi in acqua libera, con un movimento a reazione: l’imbuto è molto mobile e può spingere l’acqua in tutte le direzioni, permettendo al polpo di spostarsi con grande rapidità; oltre alla funzione motoria, questo organo assolve anche a una funzione “difensiva”, potendo schizzare acqua contro visitatori inopportuni o inchiostro per celarsi alla vista prima di fuggire velocissimo quando attaccato. Al centro delle braccia si apre la bocca, armata di un becco corneo, al quale è connessa una ghiandola che secerne una sostanza neurotossica ad effetto paralizzante, di cui il polpo si serve per immobilizzare le sue vittime prima di divorarle. Ai lati della testa, vicino agli occhi, si aprono due fessure, che aprendosi aritmicamente portano acqua sempre nuova alle branchie, racchiuse nel mantello.
I tentacoli sono molto muscolosi e caratterizzati da due file di ventose. Queste braccia servono al polpo per afferrare le prede, per spostarsi sul fondo, per “manipolare” talvolta oggetti quali pietre e alghe che utilizza per mimetizzare la tana e anche per la riproduzione. Infatti nel maschio del polpo il terzo tentacolo si è modificato per svolgere la funzione riproduttiva: questo braccio viene chiamato “ectocotile”, è privo di ventose ed è percorso da un canale che termina nella parte finale a forma di cucchiaino. Gli spermatozoi sono racchiusi in piccoli pacchettini detti “spermatofore”, che scorrono lungo questo solco; introdotto l’”ectocotile” nella cavità palleale della femmina, il polpo può così fecondare la femmina. Il periodo riproduttivo più importante si ha nel periodo da aprile a maggio, seguito da uno in ottobre. La riproduzione avviene per lo più in acque costiere, la femmina depone dalle 150.000 alle 400.000 uova, racchiuse in cordoni gelatinosi che poi fissa alle pareti della tana. La dedizione di mamma polpo alle uova è esemplare: per un periodo di quasi due mesi veglia sulle uova, sorvegliandole e ventilandole, senza mai uscire dalla tana, nemmeno per cibarsi, tanto che alla schiusa spesso arriva talmente debilitata da non riuscire a sopravvivere.
All’infuori del periodo riproduttivo il polpo conduce vita solitaria e ha abitudini abbastanza territoriali.
Vive in acque costiere preferibilmente su fondali rocciosi o ciottolosi, ma si adatta anche ai fondali sabbiosi, da pochi metri fino ad oltre 100. Se il fondale è roccioso “mette casa” nelle fessure della roccia, nelle cavità delle pareti, in piccole grotte o fra grossi massi; se il fondale è sabbioso il polpo scava la tana nel substrato, ingegnandosi a mimetizzarla con piccoli sassi e alghe disposti tutt’intorno. Alla bisogna non disdegna di utilizzare come tana anche oggetti gettati dall’uomo: barattoli, mattoni o copertoni possono degnamente sostituire una spaccatura nella roccia.
Ha abitudini prevalentemente notturne: durante la notte si trasforma in un predatore astuto e vorace, anche grazie alle sue eccezionali capacità mimetiche: assume istantaneamente il colore e l’aspetto del fondale, rendendosi pressoché invisibile, per ghermire poi le sue ignare prede, crostacei, gasteropodi, bivalvi e pesci. Questo straordinario mimetismo è possibile grazie a particolari cellule contenute nel tegumento, i cromatofori: queste cellule, disposte a strati nell’epidermide, contengono dei pigmenti colorati e sono “azionate” da piccoli fasci muscolari che le fanno allargare o contrarre a seconda delle esigenze.. Il primo strato di cromatofori contiene cromatofori grigi e neri, il secondo rossi, il terzo gialli e arancioni. Quando una cellula viene fatta allargare il colore in essa contenuto sarà più visibile, mentre con la contrazione traspariranno i colori degli altri strati. Sotto gli strati di cromatofori si trovano poi altri “fogli” di cellule, gli idrociti che filtrano e riflettono la luce, come minuscoli specchi, e fanno emergere il blu, il verde e il bianco. Grazie a una serie di microscopiche contrazioni cellulari che filtrano la luce a seconda degli stimoli visivi e dello stato emotivo dell’animale, la pelle del polpo può assumere infinite tonalità e combinazioni di colore. Questa vasta gamma di colori viene utilizzata dal polpo anche per comunicare i propri stati d’animo: se è spaventato diventa quasi bianco, mentre quando è aggressivo o in vena di corteggiamenti assume una colorazione rossastra.
Il polpo è un animale molto intelligente, dotato com’è di un cervello estremamente sviluppato e di un altrettanto sviluppato sistema nervoso. Di lui si dice che possieda l’intelligenza di un cucciolo di cane. Per quanto però il suo cervello sia sviluppato, si è scoperto che è composto da relativamente pochi neuroni localizzati, rispetto al totale dei neuroni presenti nel corpo dell’animale. Il suo corpo infatti è cosparso da cellule nervose, recettori sensibili in grado di esplorare il mondo anche al di fuori del campo visivo. Moltissimi di questi sensori sono sulle ventose: per questo motivo il polpo saggia il terreno con i tentacoli, esplorandolo con le sue ventose, oppure, se incuriosito, allunga un tentacolo per esplorare e cercare di conoscere l’oggetto della sua curiosità.
Gli occhi del polpo sono assai complessi e simili ai nostri: estremamente mobili, dotati di pupilla, di iridi sensibili alle variazioni di luminosità, di cornea, cristallino e di una retina in grado di percepire alcuni colori. Dotato di una vista molto acuta, specie di notte, osserva con attenzione tutto ciò che lo circonda, pronto all’attacco, alla fuga o al mutamento di colore.
Un’altra specie di polpo, presente in mediterraneo, è la POLPESSA (Octopus macropus), che non è la femmina del polpo. Di dimensioni leggermente inferiori al polpo, ha tentacoli più lunghi e sottili e testa appuntita. Il colore va dal rosso-arancione al marroncino, con macchie chiare. Se spaventato, può modificare l’aspetto dell’epidermide facendo comparire delle escrescenze che gli danno un aspetto verrucoso. Di abitudini esclusivamente notturne, si incontra su fondali rocciosi, detritici o di posidonia.
Altra specie frequente è il MOSCARDINO (Ozaena moschata), di colore marroncino con riflessi brunastri, i suoi tentacoli hanno una sola fila di ventose. Appena pescato emana un odore muschiato, da cui il nome. Vive su fondali sabbiosi e fangosi, fra 15 e 90 metri di profondità, tranne durante il periodo riproduttivo, in primavera, quando si avvicina alla costa. Si nutre di bivalvi e crostacei.
Nei mari tropicali troviamo poi altri splendidi rappresentanti degli ottopodi:
il bellissimo polpo blucerchiato tropicale (Hapalochlaena lunulata), minuscolo eppure letale anche per un uomo adulto, comunica la sua pericolosità con una vistosissima colorazione;
il piccolo polpo marginato (Octopus marginatus), noto anche come polpo dei cocchi, per la sua abitudine di trasformare i gusci di noce di cocco gettati in mare in comode tane;
il cosiddetto wonderpus, ancora privo di nome scientifico, con il polpo mimo, probabilmente suo affine, entrambi dotati della capacità di modificare a piacimento la struttura corporea, oltre al colore, in modo da “travestirsi”, diventando ora serpente, ora sogliola.
Una citazione merita anche l’ARGONAUTA, che vive in superficie in una conchiglia che non ha però scopo protettivo, ma serve a contenere le uova. La conchiglia viene prodotta dai due tentacoli dorsali della femmina, che si espandono in membrane e secernono una sostanza calcarea. Questa falsa conchiglia, compressa lateralmente, contiene quasi tutto l’animale, è di colore bianco per l’unica specie che vive in Mediterraneo (Argonauta argo), mentre Argonauta hians, che vive nei mari caldi, ha la conchiglia giallo bruno e più tondeggiante ed è di taglia più piccola.La femmina di argonauta può arrivare fino a 20 cm di lunghezza, mentre il maschio non supera i 2 e vive probabilmente con la femmina dentro la conchiglia.
Figura 1- la conchiglia dell’argonauta
Figura 2 – l’argonauta
Sempre cefalopodi, ma appartenenti all’ordine dei decapodi, le SEPPIE: dieci tentacoli, due dei quali molto lunghi e retrattili, dotati di ventose nella parte terminale, disposti a ciuffo dietro al corpo. Quest’ultimo è sostenuto da conchiglia interna al mantello, l’osso di seppia; il corpo, ovale, è circondato da una membrana che funge da natatoia. La colorazione è molto varia e può differire tra maschi e femmine; come il polp, anche la seppia ha grandissime doti di mimetismo e può modificare il proprio colore in pochi istanti. Vive sui fondali sabbiosi e sulle praterie d’alga, mentre in primavera si avvicina alla costa per riprodursi: dopo la fecondazione la femmina depone le uova in grappoli neri, detti uva di mare, attaccati alle rocce. In Mediterraneo sono presenti Sepia officinalis, S. elegans e S. orbignyana.
Nei mari caldi invece la seppia è presente con varie e spettacolari specie: la piccola seppia orchidea (Metasepia pfeferi), con i brevi tentacoli frontali che si agitano ritmicamente per attirare l’attenzione delle prede e distrarle, è un piccolo capolavoro che assomiglia realmente a un’orchidea, per i colori sgargianti e la curiosa forma dei tentacoli frontali, simili a sepali; gli altri tentacoli, molto lunghi, sono pronti a scattare velocissimi per catturare la preda;
la Sepia latimanus, maestra di mimetismo, nella fase giovanile si nasconde fra le foglie accumulate agli estuari dei fiumi o nei mangrovieti, fino a quando sarà adulta, raggiungendo le ragguardevoli dimensioni di 50 cm.;
fra i polipi espansi di una Xenia può capitare, raramente in realtà, di scorgere con qualche difficoltà la piccolissima Sepia papuanensis, in grado di adattare la sua colorazione al ritmo dell’aprirsi e richiudersi dei polipi fra i quali si nasconde.
Sempre decapode è il CALAMARO (Loligo vulgaris): ha il corpo allungato a forma di cono, con due grandi pinne poste in posizione laterale. La testa sporge dal mantello, gli occhi sono laterali, attorno alla bocca ha quattro paia di braccia e due lunghi tentacoli che all’estremità si allargano a formare la cosiddetta clava, una sorta di paletta ricca di ventose, utile per portare il cibo alla bocca. È dotato di una conchiglia interna, il gladio, di forma allungata e semitrasparente. Di colore rosato, raggiunge i 30-40 centimetri di lunghezza; è una specie pelagica, ma durante il periodo riproduttivo si avvicina alla costa, dove depone le uova in ammassi gelatinosi a forma di nastro, che fissa al substrato. Durante il giorno vive generalmente tra i 20 e i 100 metri, durante la notte risale in superficie.
Molto simile al calamaro, il CALAMARETTO (Alloteuthis media), ha il corpo di forma più aguzza e le pinne laterali sono più strette. Di colore bianco traslucido raggiunge una taglia media dai tre ai 10 centimetri. Anch’esso ha conchiglia interna semitrasparente.
Parlando di calamari non si può non menzionare il calamaro gigante, che la scienza ha battezzato Architeuthis dux. È controverso se questo mostro degli abissi sia il famigerato Kraken, alcuni sostengono di si, mentre per altri studiosi il Kraken sarebbe in realtà una gigantesca piova, quindi un ottopode. In ogni caso, alcuni esemplari di questo gigantesco calamaro sono stati ritrovati spiaggiati in diverse parti del mondo: mostri di dimensioni dai 10 ai 20 metri, ma nelle profondità dell’oceano ne potrebbero vivere esemplari di ben quaranta metri! Pare accertato che il suo habitat naturale siano le buie profondità oceaniche, si parla di 1500 fino a 3000 metri, anche se alcuni studiosi rimangono scettici, dal momento che ci sono state catture di esemplari vivi a profondità relativamente basse; le prove indirette della sua esistenza si avevano già prima dei ritrovamenti: sul corpo di molti capodogli venivano infatti ritrovati i segni di enormi ventose e qualche volta anche enormi tentacoli nei loro stomaci. Le ventose di questo calamaro un po’ troppo cresciuto sono dotate di acuti uncini, in grado di infliggere profonde ferite al suo principale nemico, il capodoglio.
E per finire, il TOTANO (Illex coindetii), decapode dal corpo allungato, le pinne non sono laterali ma si dipartono dalla sommità del corpo; di colore marrone-arancio, ha otto braccia e due lunghi tentacoli muniti di ventose e uncini, disposti attorno alla testa. Specie principalmente pelagica, vive fino a 600 metri di profondità, si sposta però verso la superficie durante la notte; vive in banchi composti da numerosi individui. Depone uova in ammassi gelatinosi galleggianti che vanno alla deriva nei pressi della superficie.
Nei mari tropicali si trovano moltissime specie di cefalopodi decapodi, spesso dalle forme strane, iridescenti o squamosi, a volte quasi trasparenti; alcuni possono emettere luminescenze colorate.
E infine il più strano, il più intrigante dei decapodi: l’antichissimo NAUTILO (Nautilus pompilius), un fossile vivente, appartente all’ordine dei nautilidi, comprendente numerose famiglie ormai estinte. Vive negli oceani pacifico ed Indiano.
Questo cefalopode si differenzia dagli altri per il fatto di vivere all’interno di una conchiglia di raffinata eleganza, che utilizza anche come galleggiante. Durante le ore diurne vive in profondità, fino a 600 metri, durante la notte risale alla superficie risalendo verticalmente; fluttua a mezz’acqua grazie al gas contenuto nella sua conchiglia e può regolare il suo assetto immettendo o espellendo acqua nelle cellette della conchiglia stessa, attraverso un piccolo canale che le mette in comunicazione una con l’altra. La bellissima conchiglia spiralata alla nascita consta di sette camere, con un diametro totale di circa 2-3 centimetri, si sviluppa man mano che l’animale cresce, chiudendo con setti le spire divenute troppo piccole e intrappolando all’interno delle piccole camere così create l’aria che garantirà il galleggiamento. Quando l’animale raggiunge la maturità la conchiglia ha raggiunto un diametro di 25-30 centimetri. Questa preziosa casa è un capolavoro di ingegnerie: la sua curvatura le conferisce una forza enorme, può sopportare infatti pressioni equivalenti alla profondità di 650 metri! Il nautilo cambia celletta ogni mese lunare circa, e questo si rivela osservando la struttura dei setti: questi sono infatti costituiti da circa 30 sottili lamelle prodotte giornalmente dall’animale.
Per spostarsi utilizza il sistema a reazione comune a tutti i cefalopodi, espellendo acqua attraverso il sifone. I suoi tentacoli, circa novanta, non hanno ventose, ma presentano dei corrugamenti sulla superficie, grazie ai quali il cibo, per lo più piccoli crostacei, viene trattenuto e portato alla bocca. Un’altra curiosità riguardo al nautilus: possiede ben quattro reni e quattro branchie. Come gli altri cefalopodi ha occhi ben sviluppati, ma è privo della sacca dell’inchiostro.
Figura 3- il nautilus
Figura 4-il canale che consente al nautilus di allagare e svuotare le cellette
Figura 5-la delicata conchiglia
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