Conservazione marina, ricerca scientifica e attrezzature subacquee: il ruolo di Emilio Mancuso tra divulgazione e innovazione con Beuchat.
Pochi professionisti riescono a combinare scienza, divulgazione e passione per il mare come Emilio Mancuso. Biologo marino, istruttore subacqueo e fotografo premiato, da anni è un punto di riferimento nella tutela degli ecosistemi marini in Italia.
Laureato in Scienze Ambientali e dal 2005 è parte di Verdeacqua, di cui è diventato presidente nel 2017. Ha collaborato con istituzioni di ricerca come ENEA, la Stazione Zoologica Anton Dohrn e diverse Aree Marine Protette, portando avanti progetti di conservazione e divulgazione scientifica.
Attraverso la collaborazione a progetti come Nemo’s Garden, il primo esperimento di agricoltura subacquea al mondo, e il lavoro con l’Istituto per gli studi sul Mare (gruppo di lavoro di Verdeacqua fortemente specializzato sui temi della biologia ed ecologia marina), ha sviluppato un approccio che unisce ricerca scientifica e sensibilizzazione, collaborando con università, enti di conservazione e il settore della subacquea scientifica.
Oltre al supporto alla ricerca, Mancuso è un divulgatore molto attivo, partecipando a documentari, conferenze e progetti educativi per diffondere la conoscenza del mare e delle sue fragilità. Collabora anche con Il Pianeta Azzurro, con cui ha realizzato diverse iniziative sulla conservazione marina, tra cui il podcast Beuchat: 90 anni di storia subacquea.
Oggi è ambassador ufficiale di Beuchat, un marchio che ha avuto un ruolo nel suo percorso fin dall’inizio: il suo primo erogatore era un “Atmos” (attualmente usa Beuchat VX10 Iceberg). Oggi, oltre a utilizzare l’attrezzatura in prima persona, contribuisce a testarla e promuoverla in contesti scientifici e divulgativi, portando la sua esperienza sul campo al servizio del brand.

Intervista a Emilio Mancuso
Ciao Emilio, il tuo primo erogatore è stato un Beuchat. Guardando indietro, cosa ti aveva colpito allora di quell’attrezzatura? E cosa ritrovi oggi nel marchio che ti ha convinto a rappresentarlo?
Nel 1996, fresco di brevetto, mi trovo a respirare da quello che oggi potremmo definire un “Atmos VINTAGE“…regalatomi dal mio primo istruttore. Era il primo a non avevo termini di paragone, ma ricordo di averlo apprezzato e riapprezzato molto negli anni per la solidità e grande resistenza all’usura.
Dopo tanti anni e tante tante immersioni con grande piacere mi trovo a rappresentare un pezzo del mio passato, che però vedo ora proiettato in un futuro di costante ricerca e grande attenzione che coniuga affidabilità dei prodotti all’attenzione per l’ambiente.
I progetti attuali
SP: Parlaci dei tuoi progetti. Sappiamo che sei un uomo particolarmente impegnato: su cosa stai focalizzando le tue energie in questo periodo?
EM: La grande passione per il mare, e la fortuna di lavorare con una meravigliosa squadra di persone, mi porta a avere sempre tanti progetti sul mare. Giusto per citare le prime novità 2025, stiamo portando avanti le riprese di un documentario che è parte di un progetto sostenuto dalla Fondazione Compagnia di San Paolo sulle “foreste marine animali“; a breve inizieremo la documentazione di tutte le attività del progetto “SIRENS – Sistemi Integrati per il Restauro dell’Ecosistema Naturale Sottomarino” sostenuto dal Nation Biodiversity Future Center, che ci occupa di ricerca e sviluppo di soluzioni ad alta innovazione tecnologica per fare Habitat restoration.
E intanto con Nemo’s Garden stiamo lavorando per una gran bella novità che troverete operativa già da maggio. Vi invitiamo a venirci a trovare la prossima estate per scoprirla di persona!”
Conservazione marina e brand partnership
SP: Nel tuo lavoro di biologo e divulgatore, ti capita spesso di parlare dell’impatto dell’uomo sul mare. Ci sono iniziative o aspetti del brand che ritieni in linea con il tuo approccio alla conservazione marina?
EM: “To enjoy and protect the sea“…questo è scritto subito sotto il nome del brand, e mi piace vedere la coerenza tra le parole e l’impegno e la responsabilità che si respira in Beuchat, sia nella ricerca di materiali e processi che riducono l’impronta ecologica dell’azienda, sia nel suo sostegno e persone e realtà che si occupano di conservazione e disseminazione degli ecosistemi marini.
Innovazione e attrezzature subacquee
SP: Nel podcast “Beuchat: 90 anni di storia subacquea” hai parlato di innovazione. Quanto è importante l’innovazione nell’attrezzatura subacquea per la protezione degli ecosistemi marini?
EM: Molto più importante di quanto possa sembrarci. Siamo istintivamente portati a pensare che lo sviluppo debba puntare a prodotti sicuri ed affidabili, ma questo oggi va pensato solo come il requisito minimo. La vera sfida è puntare su ricerca, sviluppo e innovazione che tengano alti gli standard di qualità alzando sempre più gli standard di sostenibilità ambientale e sociale.
La protezione degli ecosistemi marini, delle popolazioni locali che insistono su quegli ecosistemi e dell’intera società umana passa anche attraverso la riduzione degli impatti legati alle filiere produttive di attrezzatura subacquea. Strumenti fondamentali per conoscere e vivere il mare devono essere pensati in ogni dettaglio e ogni fase del loro ciclo vitale affinché non vadano a danneggiare il mare e la fondamentale biodiversità che vi risiede.
Ascolta il Podcast di euchat con Emilio Mancuso
Fotografia subacquea come strumento di divulgazione
SP: Sei un biologo e divulgatore, ma nel 2020 hai vinto premi importanti per la fotografia subacquea e le tue immagini sono state riconosciute a livello internazionale. Come nasce il tuo approccio alla fotografia? È più un’espressione artistica o uno strumento di ricerca e documentazione?
EM: Ho sempre pensato che la fotografia possa essere uno strumento potente per raccontare il mare, per avvicinare quante più persone possibile raccontando la grande bellezza e la grande importanza che il mare ha per noi tutti attraverso le immagini. Ho la fortuna di collaborare e potermi confrontare con grandi fotografi di fama internazionale, e questo mi ha aiutato crescere, migliorare ed essere più efficace nell’uso della fotografia.
Fotografia tecnicamente vuol dire “scrivere con la luce“, mi piace tanto l’idea di poter scrivere, raccontare e documentare quanto il mare sia fondamentale attraverso la luce catturata dalla fotocamera. Gli amici di cui parlavo sopra, i miei maestri di fotografia, hanno la grande abilità di disegnare con la luce attraverso la loro sensibilità artistica, io spero sempre di metterci l’occhio attento del biologo marino per poter cogliere l’attimo giusto o la giusta angolazione.

La divulgazione e i media
SP: Con Il Pianeta Azzurro ti occupi di divulgazione ambientale legata al mare. Qual è, secondo te, la principale difficoltà nel far passare certi messaggi a un pubblico più ampio? E come i media possono supportare meglio voi divulgatori?
EM: Il rapporto con Il Pianeta Azzurro è un ottimo esempio di come si possa fare squadra e mettere a disposizione competenze trasversali per il fine comune di far capire alla società civile quanto siamo indissolubilmente legati al mare.
Nel mondo di oggi tempestato da informazione (non sempre accurata) e da disinformazione, credo gli strumenti chiave siano: attenta e scrupolosa selezione delle fonti – coerenza tra le parole e le azioni, capendo quale debba essere la soglia limite del compromesso sotto la quale tutto perde di significato – capacità di modulare comunicazione a misura di destinatario: educhiamo il pubblico alla complessità e al fatto che nella complessità della Natura sta la sua capacità di resistere, ma per fare questo dobbiamo ricordarci che parlare al mondo della scuola è diverso dal parlare al mondo dell’università, che è diverso dal parlare a chi crede che dopo una giornata estenuante di lavoro “questo non è un problema mio”.
Riconoscere e rispettare la grande diversità che c’è all’interno della Società Civile impone che lo sforzo sia fatto da chi si occupa di divulgazione e da chi attraverso i media diventa amplificatore di questa divulgazione.
Il futuro dell’attrezzatura subacquea
SP: Dal tuo punto di vista, quali aspetti dell’attrezzatura potrebbero evolvere per rispondere meglio alle esigenze dei sub e a una maggiore sostenibilità?
EM: Vedo nella documentazione video-fotografica e nella comunicazione subacquea due importanti elementi di evoluzione. Poter comunicare in tempo reale sia sott’acqua che con la superficie può solo che migliorare l’attenzione di tutti i subacquei all’ambiente in cui sono immersi, correggendo in tempo reale comportamenti distratti o sbagliati e gestendo il tutto con più alti standard di sicurezza.
Se questa comunicazione si può integrare in tempo reale con l’attività di documentazione video-fotografica potremmo avere il passaggio dal raccontare la natura sommersa a posteriori – bella ma ormai anche molto canonica – al raccontare tutta questa bellezza e importanza sommersa con il famoso “fascino della diretta” che magari è un po’ più sporco e ricco di imprevisti, ma che credo in certe occasioni possa aiutare far comprendere in maniera più diretta la complessità degli ecosistemi marini.
Grazie, Emilio, per il tempo che ci hai dedicato. È stato un piacere e seguiremo con interesse i tuoi prossimi progetti!

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