Autori: Pierluigi da Rolt e Raffaele Ferroni
Avete mai provato a guardare sott’acqua senza maschera? Sicuramente si, a meno che siate profani del settore subacqueo, e stiate leggendo questi articoli semplicemente perché questo magnifico mondo vi sta incuriosendo, in tal caso vi do già il benvenuto e so, che se proverete ad immergervi, probabilmente non potrete più farne a meno da quel momento in avanti. Sapete che i delfini, più simili a noi di quanto molti possano immaginare, fuori dall’acqua vedono le cose distorte e più vicine di quanto in realtà esse siano? Questo perché i loro occhi sono fatti per funzionare sott’acqua, e non in ambiente aereo; stessa cosa succede a noi quando ci immergiamo senza maschera. La luce sott’acqua si comporta diversamente rispetto all’ambiente aereo, l’occhio viene sollecitato dalla luce riflessa, trasforma le sollecitazioni in impulsi elettrici e li invia al cervello che li decodifica, se le proprietà di diffusione e rifrazione della luce cambiano da quelle per cui è “progettato”, allora non riconoscerà più abbastanza dettagliatamente le sollecitazioni che gli verranno impresse.
La maschera, che di primo acchito può sembrare un attrezzo molto rudimentale e semplice, ci permette di vedere perché interpone uno strato di aria fra l’occhio e l’acqua, in pratica voglio azzardare a paragonare il suo vetro ad uno schermo, dove viene riprodotto il “film dell’ambiente esterno in 3D”, per questo ha bisogno di accorgimenti e tecniche non indifferenti per essere efficiente e funzionare come si deve.
Lo spazio aereo all’interno può essere costituito da un volume più o meno grande, e questo è proprio uno dei primi fattori che vanno ad incidere sul funzionamento della nostra maschera:
Una maschera con volume interno molto ridotto ha bisogno di meno gas espirato per essere compensata, quindi sarà particolarmente adatta ad un apneista, costui infatti può rinunciare ad avere un ampio campo visivo (prezzo da pagare per avere un ridotto volume interno), poiché ha la possibilità di girare rapidamente e tranquillamente la testa per guardarsi attorno, non avendo il boccaglio di un erogatore in bocca collegato ad una frusta ed una, spesso ingombrante, attrezzatura che rallenta non di poco i suoi movimenti, un subacqueo che si immerge con l’A.R.A. invece gradisce molto avere un ampio campo visivo dato da una maschera con forme studiate appositamente, che gli permette di guardare ai lati, sopra e sotto di lui sfruttando più il movimento degli occhi che quello della testa, questa caratteristica però va a penalizzare le possibilità, da parte del costruttore, di adoperarsi per la riduzione del volume interno; c’è però da dire che un subacqueo che usa l’A.R.A. ha a disposizione una scorta di gas ben superiore a quella di un apneista, e quindi si può permettere di “sprecarne” qualche centilitro per la compensazione di quest’ultima.
Altra caratteristica che di solito non viene notata in una maschera, perché ormai consideriamo “normale che ci sia” è la
forma del naso, questa parte è invece molto importante, poiché ci permette di ostruire facilmente le narici con le dita quando andiamo a compensare i seni nasali e le cavità del nostro condotto uditivo, con la stessa difficoltà che avremmo a compiere questa operazione a viso scoperto, pensiamo invece che le prime maschere non avevano questa caratteristica, avevano una sezione frontale elittica ed un grande volume interno, rendevano la compensazione una manovra veramente complicata e il più delle volte di scarso successo.
Una maschera acquistata da chi si immerge in acque molto fredde deve essere fatta in modo da rendere facile la manovra di ostruzione delle narici anche quando si indossano guanti da 5 millimetri o addirittura guanti stagni imbottiti, quindi la parte di silicone che va a coprire gli zigomi dovrà essere meno prominente possibile in modo da permettere ad un dito molto grosso di passare fra essa ed il naso senza difficoltà e senza il rischio, data anche la scarsa sensibilità delle mani nella condizione che stiamo esaminando, di provocare un accidentale micro-spostamento, o deformazione, della parte in silicone o dell’intera maschera che causerebbe fastidiosi allagamenti.
Bene, ora che abbiamo esaminato le caratteristiche principali della maschera, dobbiamo usarla per la prima volta in acqua, inutile dire che già in negozio abbiamo fatto la “prova ventosa“, e cioè abbiamo provato ad appoggiarla sul viso senza passare dietro la testa il lacciolo, trattenendo il respiro con il naso abbiamo visto che questa non permette infiltrazioni di aria fra il silicone e la nostra pelle, quindi è adatta alla forma del nostro viso ed avrà una buona tenuta stagna.
La cosa da fare per prima è lavare il vetro con della pasta dentifricia (non di quella con granuli abrasivi) per togliere lo strato di particelle di siliconi che si saranno depositate sullo stesso durante la costruzione, le quali farebbero condensare il vapore acqueo emanato dalla nostra cute e dalla lacrimazione degli occhi contro il vetro facendolo così appannare. Una volta in acqua il vetro della maschera tende ad appannarsi comunque poiché la temperatura all’esterno della stessa è sicuramente inferiore a quella interna, tale inconveniente si risolve facendo si che (a vetro asciutto) questo venga sciacquato con una sostanza liquida ricca di tensioattivi, come potrebbe essere uno spray antiappannante o la nostra saliva; quindi, subito prima di entrare nell’acqua, cospargiamo di saliva il vetro all’interno, poi sciacquiamolo con l’acqua del Lago o del Mare dove ci immergeremo e indossiamola, se per qualche motivo dopo questa operazione dovessimo aspettare a mettere la maschera sarà bene non svuotare l’acqua che abbiamo usato per il risciacquo, ma tenerla all’interno della maschera che appoggeremo su di un piano (un sasso, per terra, sulla barca etc…) con il silicone rivolto verso l’alto, in modo da fare come se fosse una piccola bacinella, e svuotarla solo al momento in cui stiamo per calzarla. Qualcuno si chiederà dove vanno a finire l’umidità prodotta dalle nostre espirazioni fatte ogni tanto col naso ed il vapore prodotto dalla nostra sudorazione se non si va condensare sul vetro sotto forma di “nebbia”, ebbene si attacca al silicone, che attira l’umidità più facilmente del vetro trattato con i tensioattivi. Altro piccolo accorgimento, nelle giornate particolarmente calde magari prima di immergersi per una profonda, con la stagna, il sottomuta pesante e 40 °C all’ombra, è quello di
bagnarsi la parte di viso che verrà coperto dalla maschera prima di indossarla, in modo da abbassare di qualche grado la temperatura di quel lembo di cute; qualcuno sconsiglia però questa manovra attribuendovi un rischio di vasocostrizione improvvisa della zona facciale, con conseguente shock, ma rimanendo la scelta pur sempre “soggettiva” è, secondo chi scrive, sufficiente eseguire la suddetta manovra senza usare modi troppo irruenti o gettare litri di acqua gelata sulla faccia.
Ultima cosa da considerare è la tensione del lacciolo, questo non deve essere troppo stretto da dare fastidio ma nemmeno troppo lento da permettere ad una manata del compagno, o ad un suo colpo di pinna di portarla via, se troppo stretto in alcuni casi il lacciolo può causare una deformazione del silicone tale da provocare l’allagamento.
Insomma, una volta considerati questi parametri non resta che scegliere il colore e il modello della nostra maschera, sempre per quest’ultimo in base al fatto che calzi bene sul nostro viso, che non abbia la perpetua tendenza all’allagamento, e che risponda alle esigenze date dal nostro orientamento subacqueo, poi monoculari, bioculari, con lenti inclinate o ad angolo, con telaio a prisma per creare le finestrelle dai lati, ne esiste veramente una miriade di tipi e modelli, sono tutte caratteristiche che ne migliorano le prestazioni e la risposta ai nostri gusti personali.
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